Anche chi considera l´introduzione del federalismo fonte di gravissimi pericoli per un paese già profondamente diviso dalla frattura Nord-Sud, si trova a questo punto a dover accettare la dinamica che politiche di scarsa visione hanno finito per imprimere alle vicende nazionali. Se quindi ormai è inutile lamentarsi, tanto vale darsi da fare per evitare gli esiti più catastrofici. Da questo punto di vista quanto avviene nel settore sanitario costituisce già ora il tema centrale dell´attuazione del federalismo a partire dalla sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione. Data la complessità della materia sarebbe bene che politici, amministratori, operatori e commentatori affrontassero lo studio delle ormai numerose opere saggistiche apparse ultimamente sulle esperienze dell´ultimo decennio. In tal senso segnalo il recente volume, promosso dalla Fondazione Astrid, «La Sanità in Italia. Organizzazione, governo, regolazione, mercato», a cura di Claudio De Vincenti, Renato Finocchi Ghersi e Andrea Tardiola, con l´apporto di numerosi altri studiosi (ed. Il Mulino 2011) che analizza «le opportunità di sviluppo offerte da un sistema regionalizzato, ma anche le tensioni derivanti dalle emergenze economico finanziarie di alcune importanti Regioni che hanno prodotto, con i cosiddetti piani di rientro, i regimi commissariali e i poteri sostitutivi, nuovi modelli di relazione tra governo nazionale e regioni».
Comunque, la mancanza di studi previsionali fa sì che «permangano ampie aree di incertezza». Di qui l´esigenza assoluta di un governo federale dotato della massima trasparenza e diffusione delle informazioni circa costi e qualità dei servizi, il cui «affluire sistematicamente al centro è condizione essenziale per consentire lo scambio di informazioni tra Regioni al fine di garantire a tutti i cittadini italiani il diritto fondamentale alla salute».
Basta, per fare un caso tra i più sensibili, alle possibili differenze dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) tra una regione e l´altra per rendersi conto che è in gioco uno dei valori centrali del Servizio sanitario.
Non posso per ragioni di spazio neppure dar conto delle suddivisioni per materie del corposo volume. Cito un solo passaggio, dovuto ad Andrea Des Dorides, già direttore generale negli ospedali toscani: «La questione della insostenibilità della spesa sanitaria nazionale -posta con enfasi dal libro verde del governo- non trova riscontro in un´analisi oggettiva degli andamenti, soprattutto se confrontati con quelli dei paesi più sviluppati. Analogamente non ha alcun fondamento serio la pretesa di arrivare alla determinazione di un costo standard per prestazione che consentirebbe, in rapporto ai Lea, di determinare i fabbisogni standard di risorse. In realtà l´enfasi sulla insostenibilità mira a ridurre l´onere dello Stato e a spingere il sistema verso modalità di finanziamento assicurativo privato.
L´associazione di questa strategia al tema del federalismo mira a compattare il necessario consenso sociale..(nel senso di far passare il convincimento che, ndr) non adottiamo politiche di privatizzazione della sanità, ma è evidente che la spesa tende rapidamente alla insostenibilità e comporta un prelievo fiscale intollerabile e ingiusto perché punisce le regioni efficienti a favore di quelle inefficienti, i cittadini che producono dai cittadini assistiti. La sfida sull´efficienza, sull´equità nell´allocare le risorse, sull´adozione di fondi integrativi, sull´adozione di standard di costo e di fabbisogno deve essere accettata con proposte alternative coerenti con la visione sociale del centro sinistra. Non si deve, infatti, sottovalutare che proprio le regioni tradizionalmente governate dal centrosinistra sono tra le più virtuose sia per qualità dei servizi sia per sostenibilità economica». Il che è vero per Toscana, Emilia ed Umbria, non altrettanto per Campania, Puglie, Lazio e Calabria. Attenzione al federalismo, strumento delicato e a doppia faccia.
La Repubblica 07.02.11