Atteso da anni come panacea di tutti i mali, il federalismo rischia ora di diventare il pasticciaccio brutto del Nord. E di mandare in crisi sia la destra, sia la sinistra sia soprattutto i cittadini padani. Vediamo di capire perché, procedendo con ordine visto che la questione è complessa e non sappiamo – tra gli arzigogoli della politica e le inevitabili semplificazioni giornalistiche – quanto sia arrivato davvero ai cittadini.
Dunque. L’altro ieri alla Commissione bicamerale è stato respinto un «pezzo» del federalismo; il governo ha cercato di farlo passare ugualmente con un decreto, che ieri il Presidente della Repubblica ha però dichiarato irricevibile, chiarendo che una cosa del genere deve passare dal Parlamento. E infatti si tornerà a discuterne alle Camere. Ulteriore chiarimento per i non addetti ai lavori: una riforma passata alla Bicamerale avrebbe avuto il marchio di un riforma condivisa; una che invece passa alle Camere con un voto di maggioranza ha quello della riforma di parte.
Che cosa significa tutto questo? Che il federalismo è stato bocciato, oppure che passerà solo con i voti di Pdl e Lega? E che il Presidente della Repubblica si è messo di traverso?
Questi sono i messaggi passati in questi giorni, ma la realtà è più complessa.
Innanzitutto quello che è stato respinto l’altro ieri alla commissione bicamerale non è «il federalismo», come sta passando di bocca in bocca, ma solo uno degli otto decreti attuativi del federalismo, e per la precisione la riforma del fisco municipale, che degli otto decreti non è certo il più importante (molti più effetti avrà quello sulla sanità).
Comunque. La bocciatura alla bicamerale e poi l’intervento del Presidente della Repubblica hanno scatenato l’ira del popolo leghista. Che è furibondo non solo con «la vecchia politica», ma anche con Berlusconi. Tra giovedì e ieri decine di ascoltatori di Radio Padania si sono sfogati dicendo di non poterne più di un’alleanza, quella con Berlusconi appunto, che non porta mai a risultati concreti. Anche i deputati leghisti erano lividi.
Ieri l’ordine di scuderia è stato quello di gettare acqua sul fuoco. Il ministro Calderoli è andato a Radio Padania a tranquillizzare la base, a dire che quella di Napolitano «è solo un’interpretazione» e che tutto si risolverà in Parlamento «in dieci o quindici giorni». Ma i vertici leghisti sanno bene che la base è in fermento e se i capi fanno i pompieri per non rompere con il Quirinale, i tiratori scelti si incaricano di far sapere che la Lega è combattiva come sempre: Borghezio ha detto che «Napolitano non è più ispirato dal pensiero di Carlo Cattaneo ma dagli eterni azzeccagarbugli della politica italiana», e Gentilini ha aggiunto che sono state «le grandi ideologie del passato a far decidere Napolitano per il diniego». Mostrandosi così in sintonia con il popolo duro e puro. Ieri sera, pur dopo l’intervento al valium di Calderoli, i microfoni di Radio Padania si sono riaperti al pubblico e il primo degli intervenuti è stato telegrafico: «Va bene rispettare il Capo dello Stato, ma non dimentichiamoci che è un comunista».
La Lega quindi è inquieta. Ma, dicevamo, anche la sinistra è preoccupata. In Parlamento è infatti scontato che il Pd voterà contro al decreto sul fisco municipale. Lo farà in modo convinto. Ma mettendo in difficoltà i suoi deputati del Nord, che si chiedono con quale faccia si presenteranno alla prossima campagna elettorale, nei loro collegi, dopo aver votato contro il federalismo. Ci confidava ieri un parlamentare Pd: «Per spiegare perché quel decreto è una boiata dovremmo parlare per ore, portare dati e documenti. E invece purtroppo ormai si ragiona per slogan, e lo slogan che passa è che il Pd vota contro il federalismo. E quindi contro il Nord».
Ma siccome la vicenda è tutta un susseguirsi di paradossi, anche per i cittadini del Nord il federalismo rischia, come dicevamo, di diventare motivo più di scontentezza che di liberazione. Adesso c’è sconcerto perché si ha la sensazione che i soliti «poteri forti» ostacolino le riforme. Ma poi, se e quando il decreto sul fisco municipale passerà, il primo impatto sul Nord sarà deludente per non dire devastante. «I Comuni – ci confessava ieri un importante sindaco leghista – dovranno tagliare i servizi. E i cittadini si vedranno aumentate le tasse». Sulle case, sul turismo, perfino sulla piccola e media impresa. Questo perché gli effetti benefici del federalismo, secondo le stesse previsioni della Lega, si vedranno tra alcuni anni, ammesso che si vedranno.
Insomma per adesso il federalismo, che nelle intenzioni di Calderoli doveva essere una riforma condivisa, ha accentuato lo scontro istituzionale. Tra un po’ dovrebbe mandare in crisi il Pd nel Nord, e tra un po’ ancora dovrebbe deludere chi l’aspettava come la manna dal cielo. Un circolo vizioso, dal quale si potrebbe uscire solo con un diverso clima politico.
La Stampa 05.02.11