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"Federalismo, pietra tombale Bersani: vadano via se non passa", di Andrea Carugati

Un pareggio che vuol dire bocciatura. Il fantasma agitato per settimane dalla Lega, e cioè il no della piccola Bicamerale al decreto sul federalismo municipale, è a un passo dall’avverarsi. Oggi si vota, poco prima dell’una. E l’infinita mediazione di Calderoli è fallita: settimane di limature, non hanno prodotto il risultato sperato dal ministro leghista, e cioè strappare almeno un’astensione alle opposizioni. Finirà, con tutta probabilità, 15 a 15. Di Pietro, corteggiatissimo, alla fine ha detto no, per non concedere aiutini al Cavaliere traballante.

IL NO DEL FINIANO BALDASSARRI
E non è servito neppure l’incontro di ieri a palazzo Grazioli con Calderoli, Berlusconi e il finiano Mario Baldassarri (l’unico di Fli in Bicamerale), per far spostare il voto del rigoroso professore, che fin dall’inizio ha fatto le pulci a un decreto definito «figlio del peggior centralismo». Ieri pomeriggio, dopo la visita dal Cavaliere, le certezze sul voto di Baldassarri scricchiolavano. Persino i “fratelli” del Terzo polo temevano un ripensamento sulla via di Arcore. E invece no. Calderoli le ha provate tutte: ha persino concesso di spostare dall’Irpef all’Iva la compartecipazione dei Comuni, come il professore finiano chiedeva da tempo. Ma lui è rimasto fermo: «Restano gli squilibri che avevamo denunciato». Con un’ultima goccia di veleno per il Carroccio: «Questo decreto non è pienamente federalista». Il Pd ha confermato il suo no annunciato da giorni, in una riunione dei gruppi parlamentari ieri sera con Bersani. Qualche dubbio tra i deputati del Nord, preoccupati che «così la Lega ci massacra». Ma il ragionamento del leader è stato chiaro: il decreto è debole, e «non è il momento di fare sconti a questa maggioranza». «Se sarà pareggio diremo a Pdl e Lega di fermarsi, non ci sono le condizioni politiche e neppure giuridiche per andare avanti», ha detto Bersani. Oggi si vota il fisco municipale anche nelle due commissioni Bilancio di Camera e Senato: mentre a palazzo Madama Pdl e Lega hanno i numeri, alla Camera dovrebbe finire in pareggio, 24 a 24. Seconda bocciatura, dunque. Martedì una deputata veneta del Pd, Simonetta Rubinato, che siede in commissione, aveva manifestato dubbi sul no. Ma, spiegano fonti Pd, «non ci saranno sorprese». IL REBUS DEI REGOLAMENTI Già, ma in caso di pareggio in Bicamerale che succede? Secondo il Pdl il governo può approvare il decreto, «possibilmente nella versione elaborata dalla Bicamerale», spiega Enrico La Loggia, presidente della commissione. Ma le opposizioni non ci stanno: «Possono approvarlo solo nella versione originale varata in agosto, senza le modifiche fatte per avere il via libera dell’Anci», dice Linda Lanzillotta dell’Api. «Altrimenti l’iter deve ricominciare daccapo». E i leghisti pensano a una exit strategy: portare il decreto nelle aule di Camera e Senato e chiedere un voto, che spiani la strada al via libera definitivo del governo. Il presidente La Loggia ha scritto a Fini e Schifani per avere una interpretazione autentica. Ma il dato politico è ormai chiaro: la Lega, che aveva minacciato sfracelli in caso di bocciatura, ha fatto retromarcia. E il D-Day che Bossi e soci avevano minacciato, oggi non ci sarà. Tutt’al più una battaglia a colpi di regolamenti e cavilli, che fanno molto “palude romana” e poco “Linea del Piave”.

L’Unità 03.02.11