Le sorti del governo e della legislatura restano appese al voto di domani sul federalismo. Mentre infatti Berlusconi sa di poter contare su una maggioranza esigua ma solida nella votazione sull’autorizzazione a procedere richiesta dei magistrati, nella «bicameralina» che dovrebbe dare il via alla riforma federale i numeri sono ancora bloccati a quindici contro quindici. L’apertura fatta ieri sera dal ministro leghista Calderoli, che sta gestendo la trattativa in commissione, alla richiesta dell’opposizione di un fondo perequativo tra regioni forti e deboli, va in direzione della ricerca di un accordo. Ma il merito del testo conta fino a un certo punto in un passaggio che potrebbe portare a un’accelerata verso le elezioni.
Se, come sembra ormai da qualche giorno, le opposizioni preferiscono andare alle urne, difficilmente daranno una mano al governo sulla materia federale. E se la riforma dovesse restare bloccata, come ha detto il ministro dell’Interno Maroni, lo scioglimento delle Camere diventerebbe inevitabile. Ma non sono solo Bersani, Casini e gli altri avversari del Cavaliere a dover valutare bene il proprio comportamento. E’ lo stesso Berlusconi che deve capire se una volta ottenuto il federalismo Bossi si adatterebbe a sostenere il governo per un altro anno o se invece cercherebbe egualmente di andare al voto. Una Lega che potesse presentarsi davanti alla sua gente dopo aver incassato il federalismo, elettoralmente al Nord sarebbe fortissima. Lo sarebbe meno se dovesse ammettere per l’ennesima volta di aver mancato l’obiettivo.
Ecco perché lo stallo in «bicameralina» alla fine conviene a Berlusconi. Che intanto continua ad avere diverse gatte da pelare. La sortita sul debito pubblico e la proposta di riforma dell’articolo 41 della Costituzione, storico cavallo di battaglia tremontiano, hanno irritato il ministro dell’Economia, poco coinvolto nella svolta di lunedì. La manifestazione nazionale contro i magistrati, dopo essere stata accantonata, ieri è rispuntata fuori, provocando una reazione durissima di Giuliano Ferrara, che aveva proposto al premier di concentrarsi sull’economia. Nell’imbarazzo generale, tra comunicati che andavano e venivano per cercare di mettere d’accordo le contrastanti anime del partito del presidente, il vertice a Palazzo Grazioli è durato sei ore. Oggi Berlusconi ricomincia da Tremonti. Se si trova la quadra il governo sfornerà venerdì i primi provvedimenti per l’annunciato rilancio dell’economia e la riduzione del debito pubblico. Altrimenti tutto si ridurrà a un tentativo di cambiare argomenti per sviare l’attenzione dal caso Ruby.
La Stampa 02.02.11