Abbiamo provato a esaminare, una per una, tutte le leggi approvate dalle ultime elezioni a oggi. Non ce n’è una che citi la parola uguaglianza. In compenso abbondano i rincari, le sanzioni, le discriminazioni. E a volte le pure follie. Ma la legge è di destra o di sinistra? Che domanda, dipende dal cuoco che la sforna, è ovvio. Sicché, applicando le categorie di Norberto Bobbio, una legislazione cucinata dalla destra sarà orientata verso la libertà anche a costo di negare l’eguaglianza, una legislazione di sinistra ci servirà in tavola un menù perfettamente rovesciato. Proviamo allora a esaminare sotto questa lente i 32 mesi del governo Berlusconi, consultando per parole chiave la banca dati delle Leggi d’Italia. Risultato: zero.
Nessuna legge cita l’eguaglianza, né “uguale”, “ugualmente” e via uguagliando (dunque Bobbio ci aveva visto giusto); però in nessuna legge risuona la parola “libertà”, né altri termini con la medesima radice. Sarà perché la funzione legislativa si è ormai spostata altrove, perché il Parlamento è poco più di un soprammobile nella casa delle nostre istituzioni? Può darsi, dato che sempre in quei 32 mesi l’iniziativa governativa copre l’82% della legislazione. E allora immergiamoci nel gran mare dei decreti. La pesca? Una sola citazione per l'”eguale importo”, appena un paio per le libertà da parte del Popolo della libertà. Insomma, il vuoto. Lo stesso deserto di valori che dai partiti si comunica alle norme, e che per loro tramite governa la nostra esistenza collettiva. E almeno in questo, le parole della legge non ingannano.
Per esempio la riforma Gelmini dell’università usa per 14 volte l’espressione «senza nuovi o maggiori oneri »: così, a scanso d’equivoci. Mentre l’art. 2 del “milleproroghe”, in vigore dal 29 dicembre, s’esprime in questi termini: «Con provvedimenti predisposti dal Commissario di governo del comune di Roma, nominato ai sensi dell’art. 4, comma 8-bis del d.l. 25 gennaio 2010, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42, che deve essere in possesso di comprovati requisiti di elevata professionalità», (ma chi, lui o la legge?), «sono accertate le eventuali ulteriori partite creditorie e debitorie rispetto al documento predisposto ai sensi dell’art. 14, comma 13-bis, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, dal medesimo commissario» (ma perché, è il commissario che converte i decreti?). Èin questi laghi semantici che galleggia in ultimo l’assurdo, il paradosso, il controsenso.
Così, sempre la legge Gelmini (art. 14, comma 1) attribuisce crediti formativi ai campioni olimpici e paraolimpici. Insomma se hai vinto un torneo mondiale di ping pong t’abbuono l’esame di Filologia romanza. Che ci azzecca? Ma è ancora nulla rispetto alla contraddizione fra altri due articoli della stessa legge (6 e 29): il primo fa salvo un certo articolo d’una legge preesistente, il secondo lo abroga. Come a dire che tuo nonno è sia vivo che morto. Né più né meno dei detenuti che la “svuotacarceri” (entrata in vigore il 16 dicembre) farebbe uscire di galera. In teoria sono 9.600; ma siccome questa legge manda ai domiciliari chi abbia l’ultimo anno di pena da scontare, alla prova dei fatti ne vengono fuori meno di 3 mila. Gli altri 6.600 non hanno un domicilio, né un parente che li accolga: è il popolo degli stranieri, che in Italia ha perso pure il diritto alla clemenza. D’altronde lo abbiamo perso tutti, per esempio il diritto a ottenere una fiscalità clemente, quando la pressione fiscale viaggia al 43,2%, quasi 4 punti sopra la media europea. Quando babbo Natale ci ha portato in dono il rincaro delle multe (+3,5%) così come delle sanzioni tributarie (+1%). Quando lo Stato esattore tradisce tuttavia le sue stesse parole.
Dal 2000 lo Statuto del contribuente vieta la retroattività delle leggi tributarie, ne impone la trasparenza, inibisce l’uso della decretazione d’urgenza in materia di tributi: è stato violato oltre 300 volte nella legislazione dello scorso decennio. Niente di strano, se è vero che nel 2011 i comuni possono riscuotere la tassa sui rifiuti in tre modi diversi, tutti a rischio d’illegittimità, perché i ministeri litigano e chi ci capisce è bravo (“Sole 24 Ore”, 31 dicembre).C’è allora da sorprendersi se questo legislatore schizofrenico abbia segato il ramo delle nostre libertà? Il “Wall Street Journal” ci situa al 74º posto quanto alla libertà economica, peggio del Madagascar. Secondo Freedom House la nostra stampa è «parzialmente libera», e pure in questo campo ci surclassano 71 paesi. L’International Religious Freedom Report 2010 ci ha appena bacchettato perché i privilegi che dispensiamo al Vaticano offendono la libertà di religione. Mentre l'”Economist” ci colloca tra le «flaved democracies », tra le democrazie imperfette. Per forza, con questa macchina legislativa perennemente in moto. Il presidente del Consiglio – per dirne una – ha firmato 15 ordinanze di protezione civile in una settimana (dal 17 al 23 dicembre). Ma la libertà si guadagna con una legge in meno, non in più.
L’Espresso 31.01.11