Con il decreto di Calderoli c’è una sola certezza: più tasse per tutti
Dalla gigantesca cortina fumogena che avvolge il federalismo fiscale, nella versione municipale appena riscritta dal ministro Calderoli, emerge finalmente una luminosa certezza. Pagheremo più tasse.
Secondo la grancassa leghista – amplificata da un governo che dalla Legge di Stabilità del 28 maggio 2010 non ha più varato uno straccio di misura strutturale – la rivoluzione federale avrebbe dovuto cambiare la storia italiana.
Gli enti locali avrebbero lucrato un dividendo politico: rafforzare il rapporto con i cittadini con l’offerta di servizi più legati ai territori. I contribuenti avrebbero ottenuto un vantaggio economico: costi certi per le prestazioni, e meno imposte per tutti. La prima è e resta un’incognita assoluta. La seconda invece non lo è più. Il nuovo testo del decreto, che andrà all’esame della Commissione bicamerale della Camera giovedìi prossimo, prevede infatti una gragnuola di potenziali inasprimenti fiscali. Ai 4.781 comuni (ora sotto la soglia dello 0,4%) viene restituito il potere di aumentare le addizionali Irpef già a partire dal 2011. Non solo. I sindaci potranno introdurre tasse di scopo per finanziarela costruzione di specifiche opere pubbliche. I capoluoghi di provincia e le città d’arte potranno istituire una tassa di soggiorno fino a 5 euro per notte. Se a questo aggiungiamo la nuova cedolare secca sugli affitti (sostitutiva dell’Irpef) e la nuova Imu sulle seconde case (sostitutiva della vecchia Ici), il quadro è completo. Per poter chiudere i bilanci senza dover tagliare all’osso i servizi essenziali (asili per bambini, welfare per gli anziani, trasporti per tutti) i sindaci non avranno altra via che inasprire i tributi. Sono loro stessi a riconoscerlo, nel centrodestra e nel centrosinistra.
Un capolavoro per un Paese che è appena salito sul «podio» della classifica mondiale della pressione fiscale: secondo gli ultimi dati Ocse, tra il 2008 e il 2009 siamo passati dal 43,3 al 43,5%, ed ora siamo terzi dopo Danimarca e Belgio. Se Roma è Ladrona, la Lega è Predona.
da La Repubblica