Nessuno ci avrebbe scommesso un euro. Ma anche questa volta, a sorpresa, il popolo del centrosinistra si dimostra più maturo di quello che a volte pensano i suoi leader. Nonostante tutto. Nonostante le polemiche e le divisioni che serpeggiano nel Pd. Nonostante che il clima che si respira a Bologna come a Napoli non sia dei più sereni. E nonostante, soprattutto, il vento di sfiducia e di rassegnazione che le vicende del “premier-bunga bunga” con la sua corte di escort minorenni stanno facendo soffiare sul Paese.
Il primo fermo immagine di questa fredda domenica di gennaio è questo: quasi settantamila persone si mettono in fila per scegliere il loro candidato sindaco, accettano la sfida di non delegare a nessuno un loro diritto. E’ una bella immagine pulita. Quella che è sfilata ieri, sotto le Due Torri o in Piazza Plebiscito, è davvero un’altra Italia rispetto a quella che viene rappresentata nelle cene hard di Arcore o viene raccontata nei tg del padrone. E’ un’Italia diversa, che esercita liberamente un “potere democratico”.
Per Bologna il voto ha un di più che sta nel risultato finale. Il Pd riesce a evitare, grazie a un gruppo dirigente giovane e determinato, di fare il bis di Milano e di consegnare la vittoria al candidato vendoliano. Virginio Merola, scelto dal Pd, assessore con Cofferati e uomo dal solido curriculum di amministratore, riesce a farcela, secondo gli exit poll, con un vantaggio di quasi nove punti su Amelia Frascaroli. Ora dovrà avere il coraggio, come ha promesso di fare, di andare alle elezioni coinvolgendo gli altri due candidati che hanno dimostrato di avere delle buone idee per la città. A Napoli, invece, un voto frammentato tra tre candidati del Pd alla fine costringe a un testa a testa tra Umberto Ranieri e Andrea Cozzolino che però distanziano Libero Mancuso, il candidato sponsorizzato da Vendola. E’ un buon motivo, questo, per evitare in futuro divisioni così assurde dentro un partito e difficilmente comprensibili per l’elettore.
Siamo qui, in un’altra bella giornata di buona politica. E proprio per questo quei 70 mila che tra Bologna e Napoli sono andati a fare il loro dovere civico lanciano due messaggi chiari. Il primo dice che ormai le primarie fanno parte della costituzione materiale del centrosinistra, sono lo strumento con cui si esercita la democrazia e che regolano il rapporto tra leader e popolo. Non si può tornare indietro, non è consentito a nessuno. Certo, si devono correggere gli errori (e qualcuno ce n’è, come dimostrano le polemiche a Napoli sull’”inquinamento” del voto in alcuni quartieri), stabilire regole migliori e garanzie per tutti. Ma quel diritto di scegliere candidati e leader è ormai entrato nella vita del centrosinistra. Il secondo messaggio, non nuovo ma ripetuto ieri con vigore, dice che se i leader del Pd e del centrosinistra perdessero un po’ più di tempo a stare in mezzo alla loro gente, se si accorgessero di quanta energia c’è alla periferia e di quanta voglia di combattere per il cambiamento, se avessero il coraggio di dare voce a chi in mezzo a quella gente, con fatica e intelligenza, lavora ogni giorno (e tanti di loro sono giovani), forse le cose andrebbero in un altro modo e la credibilità di una alternativa a Berlusconi sarebbe sicuramente più convincente e più robusta. Ci vuole un po’ di umiltà, ci vuole il coraggio di mettere da parte carriere e destini personali. Ma non c’è dubbio che è l’unica strada per dare un futuro a quell’Italia diversa e quindi a tutta l’Italia.
L’Unità 24.01.11