attualità, politica italiana

"Il sermone della decenza", di Barbara Spinelli

Dovrebbe esser ormai chiaro a tutti, anche a chi vorrebbe parlar d´altro e tapparsi le orecchie, anche a chi non vede l´enormità della vergogna che colpisce una delle massime cariche dello Stato, che una cosa è ormai del tutto improponibile: che il presidente del Consiglio resti dov´è senza neppure presentarsi al Tribunale, e che addirittura pretenda di candidarsi in future elezioni come premier. Molti lo pensano da tempo, da quando per evitare condanne il capo di Fininvest considerò la politica come un sotterfugio.
Non un piano nobile dove si sale ma uno scantinato in cui si «scende», si traffica, ci si acquatta meglio. La stessa ascesa al Colle resta, nei suoi sogni, una discesa in sotterranei sempre più inviolabili. Molti sono convinti che i suoi rapporti con la malavita, la stretta complicità con chi in due gradi di giudizio è stato condannato per concorso in associazione mafiosa (Dell´Utri), il contatto con un uomo – Mangano – che si faceva chiamare stalliere ed era il ricattatore distaccato da Cosa Nostra a Arcore – erano già motivi sufficienti per precludergli un luogo, il comando politico, che si suppone occupato da chi ha avuto una vita rispettosa della legge.
Ma adesso l´impegno a fermare quest´uomo infinitamente ricattabile perché incapace di controllare la sua sessualità deve esser esplicitamente preso dai responsabili politici tutti, dalla classe dirigente in senso lato, e non solo detto a mezza voce. È una specie di sermone che deve essere pronunciato, solenne come i giuramenti che costellano la vita dei popoli. Un sermone che non deleghi per l´ennesima volta il giudizio morale e civile alla magistratura. Che pur rispettando la presunzione d´innocenza, certifichi l´esistenza di un ceto politico determinato a considerare l´evidenza dello scandalo e a trarne le conseguenze prima ancora che i tribunali si pronuncino. Ci sono reati complessi da districare, per i giudici. Questo non vieta, anzi impone alla politica di delimitare in piena autonomia la dignità o non dignità dei potenti.
Non è più solo questione del conflitto di interessi, che grazie alla legge del 1957 avrebbe sin dall´inizio potuto vietare l´accesso a responsabilità politiche di un titolare di pubbliche concessioni (specie televisive). Chi è sospettato d´aver pagato prostitute o ragazze minorenni, d´aver indotto – sfruttando il proprio potere – un pubblico ufficiale a fare cose illecite, chi è talmente impaurito dall´arresto di Ruby dal presentarla in questura come nipote di Mubarak, chi ha avuto rapporti con mafiosi e corrotto testimoni o giudici, deve trovare chiuse le porte della politica, anche se i Tribunali ancora tacciono o se vi son state prescrizioni. Attorno a lui deve essere eretto una sorta di alto muro, che impersoni la legge, la riluttanza interiore d´un popolo a farsi rappresentare da un individuo dal losco passato e dal losco presente. Tra Berlusconi e la politica questo muro non è stato mai eretto, nemmeno dall´opposizione quando governava. Se non ora, quando?
È così da millenni, nella nostra civiltà: una società ha anticorpi che espellono le cellule malate, o non li ha e decade. L´ostracismo fu un prodotto della democrazia ateniese, nel VI secolo a.C. Eraclito scrive: «Combattere a difesa della legge è necessario, per il popolo, proprio come a difesa delle mura». Berlusconi non avrebbe dovuto divenire premier, e non perché si disprezzi il popolo che lo ha eletto: non avrebbe dovuto neanche potersi candidare. Comunque, oggi, non può restare o tornare in luoghi del comando che hanno una loro sacralità: non può, se la coerenza non è una quisquilia, nemmeno presentarsi come patrono del proprio successore. Non è un monarca che va in pensione.
Gli italiani più restii a vedere lo sanno, altrimenti non avrebbero acclamato in simultanea, da 16 anni, Berlusconi e tre capi dello Stato. È segno che in un angolo della coscienza, sognano quel decalogo che nelle parole di Thomas Mann «altro non è che la quintessenza dell´umana decenza»: il non rubare, il non pronunciare il nome di Dio invano, il non dire il falso, il non sbandierare valori senza rispettarli, il non adulterare ciò che è chiaro e puro confondendolo con il torbido e l´impuro. È come se i padri costituenti avessero presentito tutto questo, vietando plebisciti di capi di governo o di Stato: come se condividessero la diffidenza di Piero Calamandrei per l´inclinazione italiana alla «putrefazione morale, all´indifferenza, alla sistematica vigliaccheria».
La responsabilità del sermone è dunque per intero nelle mani dei parlamentari, liberi per legge da vincolo di mandato. Così come è in mano ai contro-poteri che costituzionalmente limitano il dominio d´uno solo (parlamento, magistratura, stampa). Contro-poteri su cui la sovranità popolare non ha il primato, se è vero che essa viene «esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione» (art 1).
Già una volta, nella «chiamata di correo» di Craxi, i politici caddero nel baratro, degradando se stessi. Fu il buco nero di Tangentopoli, e spiega come mai ancora abitiamo un girone dantesco fatto di menzogna e omertosi sortilegi. Il buco nero sono le parole di Craxi in Parlamento, il 3 luglio ´92: «Nessun partito è in grado di scagliare la prima pietra. (…) Ciò che bisogna dire, e che tutti del resto sanno, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale.(…) Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia (…) criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale. Non credo che ci sia nessuno in quest´aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi, i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro».
Difficile dimenticare il silenzio che seguì: nessun deputato si alzò, e ancor oggi la nostra storia stenta a non essere storia criminale. Ancor oggi si vorrebbe sapere perché i deputati che si ritenevano onesti rimasero appiccicati alla poltrona. Craxi pagò appropriatamente, perché le sentenze erano passate in giudicato e la legge è legge, ma pagò per molti: anche per Berlusconi, che con il suo aiuto costruì il proprio apparato di persuasione televisiva e profittò del crollo della Prima Repubblica sostituendola con un suo privato giro di corrotti e corruttori.
I deputati rischiano di restar seduti anche oggi, come allora: per schiavitù volontaria, o peggio. Il sermone oggi necessario deve essere un impegno a che simili ignominie non si ripetano. Proprio perché il conflitto d´interessi è sorpassato, e siamo di fronte a un conflitto fra decenza e oscenità, fra servizio dello Stato e servizio dei propri comodi, fra libertinaggio innocente e libertinaggio commisto a reati. Da molto tempo, c´è chi ha smesso di parlare di Palazzo Chigi: preferisce parlare di palazzo Grazioli come sede dell´esecutivo, e fa bene. Che si salvi, almeno, l´aura associata ai luoghi italiani del potere.
Domenica scorsa, Berlusconi ha fatto dichiarazioni singolari, oltre che ridicole. Definendo gravissima, inaccettabile, illegale, l´intromissione dei magistrati nella vita degli italiani ha detto: «Perché quello che i cittadini di una libera democrazia fanno nelle mura domestiche riguarda solo loro. Questo è un principio valido per tutti, e deve valere per tutti. Anche per me». L´uguaglianza fra cittadini equivale per lui alla libertà di fare quel che si vuole, in casa: anche un reato, magari. Non riguarda certo l´uguaglianza di fronte alla legge. L´antinomia stride, e offende. Siamo ben lontani dall´ingiunzione di Eraclito, se tutto diventa lecito nelle mura domestiche, e non appena succede qualcosa di criminoso l´uguaglianza cessa d´un colpo, e comincia l´età dei porci di Orwell, in cui tutti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.

La Repubblica 19.01.11

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“La tristezza della lussuria”, di ENZO BIANCHI

La sapienza dei padri della Chiesa fin dai primi secoli ha saputo distinguere tra alcuni peccati gravissimi – passibili di «scomunica» e di una lunga penitenza pubblica prima della riammissione nella comunità cristiana: apostasia, adulterio, omicidio, aborto… – ma legati a un singolo gesto e altri peccati o vizi «capitali» che sono invece espressione di una patologia spirituale molto più profonda.

Comportamenti generati da «pensieri malvagi» che in certo senso minano la personalità stessa di chi li commette, facendolo finire in una spirale di depravazione sempre più disumana: autentici «vizi dell’anima», che nascono dal cuore e che a partire dal cuore vanno contrastati. Tra questi la lussuria, il rapporto deformato con il sesso, una passione che porta a ricercare il piacere per se stesso, il godimento fisico avulso dallo scopo al quale è legato.

Il piacere sessuale è il più intenso piacere fisico, un piacere complesso che investe il corpo e la psiche, un piacere inerente all’atto sessuale, di cui tuttavia costituisce solo un aspetto. Ora, se il piacere è cercato nella «quantità», nella compulsione, nell’eccedenza, l’incontro sessuale viene ridotto alla sola genitalità, al piacere fisico e all’orgasmo, l’interesse si focalizza sull’organo specificamente implicato in esso e lì si rinchiude, senza aperture ad alcuna finalità. L’unico scopo diventa possedere l’altro per farlo strumento del proprio piacere: l’altro è ridotto al suo corpo, alle sue parti erotiche e desiderabili, diventa un oggetto, addirittura un elemento feticistico… Ma l’energia sessuale è unificante quando è rivolta all’amore, alla comunicazione, alla relazione, cioè a una «storia» d’amore; ridotta all’erotismo, invece, essa frammenta, divide, dissipa il soggetto.

Chi è preda della lussuria assolutizza la propria pulsione e nega la relazione con l’altro, compiendo così una scissione della propria personalità e riducendo l’altro a una «cosa», prima ancora che a una merce. Le pulsioni erotiche, non più ordinate e armonizzate nella totalità del sé, sfogano la propria natura caotica e selvaggia, fino a sommergere l’altro, indotto nella fantasia o nella realtà – quasi sempre con prepotenza – all’atto sessuale: la lussuria si manifesta là dove il piacere sessuale è incapace di sottostare alle elementari regole della dignità propria e altrui.

Eppure questa passione nasce nello spazio della sessualità, dimensione umana positiva tesa alla comunione tra uomo e donna: la complessità del piacere sessuale non riguarda solo la genitalità e l’orgasmo, ma coinvolge la persona intera, con tutti i suoi sensi. Linguaggio d’amore, manifestazione del dono di sé all’altro, il piacere sessuale è coronamento dell’unione e, come tale, resta inscritto nella storia di un uomo o di una donna: appare nella pubertà ed è accompagnato dalla fecondità, per poi conoscere una stagione di sterilità, fino alla sua estinzione. La lussuria, per contro, consiste nell’intendere il piacere come realtà scissa dai soggetti, dalla loro storia d’amore, ed è perciò una ferita inferta a se stessi e all’altro. Quando si separa il corpo dalla persona, allora l’esercizio della sessualità è sfigurato, degenera, sfocia in aridità, diventa ripetizione ossessiva, obbedisce all’aggressività e alla violenza. L’amore, che è dono di sé e accoglienza dell’altro, è smentito radicalmente dalla lussuria, che vuole il possesso dell’altro; e così il rapporto sessuale, che dovrebbe essere un linguaggio «altro», sempre accompagnato dalla parola ma anche eccedente la parola stessa, diventa la morte del linguaggio, della comunicazione, impedendo di fatto ogni comunione. Viviamo in un contesto culturale, costruito ad arte da molti mass media e sfruttato dalla pubblicità, in cui l’unica realtà non oscena è quella dell’erotismo: è ormai inevitabile imbattersi in immagini erotiche, che si imprimono nella mente per riemergere in seguito e stimolare fantasie perverse. Per reagire a tale clima ammorbante dovremmo acquisire la consapevolezza che la lussuria toglie la libertà: chi ne è schiavo finisce per asservirsi all’idolo del piacere sessuale, un idolo ossessionante che innesca una pericolosa dipendenza. Chi è preda della lussuria è come malato di bulimia dell’altro, lo cosifica in modo reale nella prestazione sessuale o in modo virtuale nell’immaginazione. La vera perversione in atto nella lussuria è infatti quella che induce a concepire l’altro come semplice possibilità di incontro sessuale, come mera occasione di piacere erotico. Come non notare oggi il fenomeno della senescenza precoce dell’esercizio sessuale nelle nuove generazioni? Come ignorare l’esercizio di un eros virtuale, la pornodipendenza da internet? Per questa strada ci si incammina verso il baratro di un libidogramma piatto, si uccide l’eros per sempre.

Una gestione sana del piacere sessuale comporta che la presa di coscienza di un corpo sessuato si accompagni alla volontà di incontrare l’altro nella differenza e nel rispetto dell’alterità: si tratta di integrare la sessualità nella persona, attraverso l’unità interiore della persona nel suo essere corpo e spirito. Certo, richiede una padronanza di sé, ma questa è pedagogia alla vera libertà umana: o l’essere umano domina le proprie passioni oppure si lascia da esse alienare e ne diventa schiavo. Il lussurioso riceve come salario del proprio vizio una tristezza e una solitudine più pesanti, alle quali pensa di riparare entrando nella spirale lussuriosa per nuove esperienze, nuovi incontri, nuovi piaceri: sì, una spirale «dia-bolica» che separa sempre di più piacere da relazione e fecondità. Per questo la disciplina interiore, anche nello spazio della sessualità, è sempre opera di libertà e, quindi, di ordine e di bellezza: è uno sforzo di umanizzazione capace di trasformare anche l’esercizio della sessualità in un’opera d’arte, in un capolavoro che corona una storia d’amore.

La Stampa 19.01.11

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“Ecco tutti i pagamenti alle ragazze”, di Marco Ludovico

Sono due gli assi della procura di Milano nella partita a poker con il premier Berlusconi, che irride le accuse di concussione e sfruttamento della prostituzione. Si tratta di due testimoni: Caterina Pasquino, che ospita Ruby all’inizio del maggio 2010; Floriano Carrozzo, un carabiniere che frequenta la stessa Ruby tra il 2009 e il 2010.
Tutto comincia da un furto
La Pasquino denuncia alla Polizia Ruby per un furto di 3mila euro e gioielli. Poi, il 7 luglio, viene interrogata. «Durante la sua conoscenza con la Ruby, la stessa le ha raccontato di alcune sue amicizie di gente famosa?» le chiedono. La risposta è semplice e diretta: «Ricordo che diceva di essere molto amica del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, con il quale, a suo dire, è stata spesso a casa del premier dove ha cenato, ballato e fatto sesso con lui, il quale le dava molto denaro».
Ruby vuol entrare nell’Arma
Sentito il 13 dicembre scorso, il carabiniere Carrozzo spiega di aver conosciuto Ruby in discoteca e dichiara che la ragazza gli dice che «era proprio la sua ambizione poter diventare un giorno carabiniere». Karima all’inizio del 2010 gli dice di essere minorenne e gli racconta di essere amica del premier. Lui non le crede fino a «quando sui giornali ho letto il coinvolgimento di Ruby rispetto alle serate ad Arcore». E si convince. Poi, il militare dell’Arma fornisce agli inquirenti una traccia fondamentale: «Ho saputo da Ruby che lei era minorenne a gennaio/febbraio 2010 ed è in questo frangente» sottolinea Carrozzo «che mi confidò anche del fatto che il Presidente del Consiglio aveva saputo da lei che era minorenne».
Spunta Pier Silvio e Barbara
Gli investigatori vanno a verificare le modalità di pagamento nel 2010 delle bollette per le forniture di elettricità e gas delle utenze di via Olgettina, 65 intestate a Nicole Minetti, Maria Esther Garcia Polanco, Iris Berardi, Barbara Guerra ed Elisa Toti, tutte donne che risultano alle «feste» con il premier. I versamenti sono effettuati dalla stessa Minetti e da Giuseppino Scabini, storico manager di Mediaset. Particolare curioso, emerge che nell’ufficio postale di Cologno Monzese confluiscono i soldi per le ragazze ma anche quelli per i versamenti Inps di Pier Silvio e Barbara BerlusconiI bonifici del Cavaliere
Ci sono anche le tracce di due bonifici, da 10mila euro ciascuno, effettuati direttamente da Silvio Berlusconi a una delle giovani partecipanti alle feste ad Arcore, tra le prove che i pm di Milano hanno indicato nell’invito a comparire a carico del presidente del Consiglio per prostituzione minorile e concussione.
I pm scrivono che due diversi bonifici sarebbero partiti da due filiali del Monte dei Paschi di Siena di Segrate (Milano), una delle quali si trova proprio «nelle immediate vicinanze degli uffici della Spa “Dolcedrago”, dove risulta operare Spinelli». Due bonifici da 10mila euro e entrambi a favore dell’ex “meteorina” Alessandra Sorcinelli. Sul conto corrente della ragazza, infatti, si legge nelle carte dei magistrati, «si rilevano due bonifici in entrata, il 16 luglio 2010 e il 17 settembre 2010».
I soldi chiesti a Spinelli
Quando Ruby, invece, nei mesi scorsi viene trovata a Genova con 5mila euro in contanti addosso, la ragazza marocchina spiega agli agenti che quei soldi glieli ha dati Lele Mora, altro indagato nell’inchiesta per il giro di prostituzione, «a mezzo del suo segretario di nome Augusto con il quale mi sono incontrato davanti al Palazzo dei Cigni a Milano». La marocchina, però, come risulta dalle intercettazioni, ha chiesto soldi anche direttamente a Spinelli. In una telefonata del 15 settembre scorso dice: «Guardi signor Spinelli, io sono veramente nella merda. Non so se posso passare comunque lì da lei?».
L’agenda con Frisullo
Spunta nell’agenda di Michel, una delle ragazze interrogate, il nome di Sandro Frisullo, assessore nella giunta di Nichi Vendola, coinvolto nell’inchiesta sulla sanità. Frisullo era legato a Gianpaolo Tarantini, che aveva introdotto Patrizia D’Addario a Berlusconi. E nell’agenda c’è anche Massimiliano Verdoscia, sodale di Tarantini.

Il Sole 24 Ore 19.01.11