Sbloccati i finanziamenti: i migliori atenei costretti a cederne parte ai peggiori. Le università con le performance migliori in termini di didattica e ricerca restano quelle del Nord, mentre il Sud arranca, con la Sicilia e la Campania che fanno da fanalino di coda. È quanto emerge spulciando le tabelle relative alla distribuzione dei fondi statali destinati agli atenei per il 2010. Il ministero ha sbloccato queste cifre con enorme ritardo: solo a fine dicembre i rettori hanno saputo di quanto potevano disporre per l’anno appena trascorso, che è andato avanti con i bilanci al buio. Anche la Crui, la conferenza dei capi di ateneo, ha denunciato l’accaduto con una lettera al ministro. Il decreto che ha stanziato il fondo per le università conferma i tagli previsti: la cassa segna un meno 3,7%, nonostante qualche soldo sia stato recuperato in corsa dal governo. In tutto sono in distribuzione 6,9 miliardi, contro i 7,264 del 2009. Tagli per tutti, dunque. Anche i migliori, gli atenei più performanti, come scrive lo stesso ministero nella nota diramata per annunciare lo sblocco dei soldi, andranno in pari rispetto al 2009. Nessuno avrà un euro di più. In molti, piuttosto, hanno avuto tagli secchi, tanto netti che il ministero, per evitare che qualche università finisse a gambe all’aria, si è dovuto inventare un sistema di ”riequilibrio” che funziona così: il Miur ha previsto che nessun ateneo poteva avere decurtazioni di fondi superiore al 5,5% rispetto al 2009. Così chi è andato oltre (gli atenei, una decina, che sono migliorati meno) ha avuto l’”aiutino”: è stata rosicchiata una parte (11,5 milioni) dei fondi per il merito destinati agli altri per riequilibrare il sistema.
Risultato, il Politecnico di Torino e l’università di Trento, che sono quelle che hanno migliorato di più i loro standard, tanto da meritare un aumento di fondi per merito, hanno dovuto ”cederli” agli atenei, dieci in tutto, meno performanti. In testa a questi ultimi c’è l’università di Messina. Seguono l’università Federico II di Napoli e Palermo. Quarta la Sapienza. Dopo vengono Perugia, Cagliari, l’Iuav di Venezia, la II università di Napoli, Napoli Orientale e Bari. Atenei che non hanno migliorato abbastanza i loro standard da poter colmare le distanze in termini di fondi con l’anno 2009. La geografia della ”qualità” vede ancora una volta premiati gli standard del Nord, ma, in particolare, delle università iper-specialistiche (Politecnico Torino) e piccole (Trento). Si annunciano, dunque, nuove polemiche sui criteri adottati dal ministero, che fanno pesare soprattutto la ricerca nella distribuzione del cosiddetto fondo premiale (720milioni) passato quest’anno dal 7 al 10% del fondo per le università, ma di fatto eroso da soldi già esistenti. Per la qualità non c’è un euro in più. Lo ha scritto a chiare lettere ieri sera anche il Cun, Consiglio universitario nazionale, in una nota inviata al ministro Gelmini in cui si dicono due cose. «La prima è che ora i soldi per il 2011 vanno sbloccati subito, entro marzo – sottolinea il presidente Andrea Lenzi-. Non ci devono essere più ritardi come per il 2010. La seconda è che mantenere la quota per la premialità è un bene, ma servono risorse fresche, aggiuntive. E soprattutto va tolto questo ”calmiere” inventato perché non c’erano soldi in più per il merito che alla fine danneggia i migliori che non ottengono stanziamenti aggiuntivi. Quanto ai criteri per premiare il merito sono migliorati, ma andrebbero separate, nel distribuire i fondi, le università generaliste da quelle specialiste, i grandi atenei dai piccoli». La Sapienza, ad esempio, in termini assoluti prende 52 milioni su base meritocratica, la cifra più alta in Italia. Bologna è seconda con circa 46 milioni. Ma le loro performance non sono migliorate abbastanza per coprire il buco creato dalla differenza con i soldi ottenuti per merito nel 2009 anche per la concorrenza con atenei più piccoli e di più facile gestione.
Il Messaggero 12.01.11