Quest’estate è apparso un bando: si assumevano cento persone al ministero dei Beni Culturali come archeologi, storici dell’arte architetti, archivisti, storici dell’arte, bibliotecari e calcografi.
L’Italia è un Paese di letterati e ai Beni Culturali non si vedeva un concorso da tredici anni. Ci si sono buttati in 24.873 aspiranti e speranzosi. Oggi si saprà chi ha vinto la prima selezione, ma è già chiaro che alla lista dei vincitori si affiancherà presto un elenco altrettanto lungo di ricorsi da parte di chi è stato bocciato e su quello che è accaduto negli ultimi due mesi questa mattina Manuela Ghizzoni, deputato del Pd, presenterà un’interrogazione parlamentare.
I quasi 25 mila candidati erano preparati a un concorso con prove forse difficili, sapevano di doversi difendere dal raccomandato di turno. Non si aspettavano invece di trovarsi coinvolti in un’odissea tragicomica, che li avrebbe condotti a studiare e al tempo stesso dare una mano al ministero a correggere le domande della loro prova.
I problemi hanno inizio il 21 ottobre quando il ministero dei Beni Culturali pubblica sul suo sito un elenco con 4 mila domande. Il regolamento prevede che la prima selezione dei candidati avvenga sulla base delle risposte a 100 di queste domande. Pazienza per chi non ha un collegamento Internet, chi invece ha accesso alla rete scarica le domande e inizia a cercare le soluzioni. Due giorni dopo arriva il primo messaggio di rettifica: per errore sono state inserite alcune domande di inglese, si prega tutti di cancellarle e prendere nota di nuovi quesiti di italiano, storia e logica. I nuovi quesiti sarebbero apparsi dopo dieci giorni. Poco cortese e tantomeno corretto verso chi nove giorni dopo avrebbe affrontato la selezione, ma è ancora nulla.
Il problema vero esplode il giorno dopo: da quel momento fino al 7 novembre sul sito del ministero gli avvisi di rettifica sono continui, in uno stillicidio di quesiti eliminati perché sbagliati, e sostituiti con nuovi. A volte anch’essi sbagliati. In totale sono oltre 130 i quesiti sostituiti. E sono gli stessi candidati a segnalare gli errori al ministero in una sorta catena di sant’Antonio di verifica dei quiz condotta sui forum del settore.
La catena funziona. Strafalcioni come la Sardegna considerata più grande della Sicilia o il presidente della Repubblica promosso a capo del governo vengono eliminati. In parte vengono annullati anche errori come il nome del protagonista del Gattopardo che il ministero sostiene essere Filippo invece di Fabrizio, o il trasferimento della capitale d’Italia a Firenze su cui il sito stesso nelle sue soluzioni fornisce due date diverse.
L’elenco degli errori e delle imprecisioni, persino nella lista definitiva, quella sottoposta ai candidati alla prova, è lungo: domande eliminate e reinserite, domande con due risposte identiche. Tutte giuste, invece, le domande inserite con un copia-incolla da concorsi precedenti come un quesito sull’«ultrafiltrato ottenuto a livello della capsula del Bowman del nefrone», prelevato, identico, da un test d’ingresso a Medicina.
In qualche modo si arriva all’inizio delle prove. Il ministero dei Beni Culturali si difende dalle accuse piovute dai candidati affermando di aver dato in gestione la formulazione dei 4 mila quesiti a una ditta esterna, la Maggioli Editore, ma la confusione continua a regnare sovrana.
Il programma per studiare fornito dal sito del ministero funziona solo su Windows, e così anche chi ha un computer Macintosh è tagliato fuori. L’elenco delle commissioni viene pubblicato solo sul sito anche se il bando del concorso precisava che sarebbe stato reso noto tramite Gazzetta Ufficiale. I presidenti delle commissioni fanno sapere che per questa volta saranno ammessi anche i candidati malati: basterà portare un certificato e si potrà sostenere la prova in una giornata successiva. Le domande sono sempre le stesse delle giornate precedenti ma questo conta poco.
Anche alle selezioni i candidati si rendono conto che copiare o farsi passare la prova corretta non è molto difficile. «Mi sono arrivate molte segnalazioni – racconta Manuela Ghizzoni che oggi presenterà un’interrogazione sulla vicenda – i fogli distribuiti non erano vidimati ma accompagnati da un adesivo con un codice a barre che poteva essere attaccato anche su un altro foglio. I candidati erano ammassati su gradini, senza sedie o tavoli: copiare era davvero uno scherzo». E ora andrà a finire che, oltre ad esserci più errori, ci saranno anche più ricorsi per annullare il concorso, che posti per assumere chi avesse superato tutte le prove.
La Stampa, 22 dicembre 2008