Il 2010? Non molto diverso dagli altri anni. Purtroppo». Chiara Saraceno torna a parlare dei «mali d’Italia»: sempre gli stessi. Giovani con poche speranze per il futuro, welfare inadeguato a rendere i cittadini autonomi dalla loro famiglia d’origine, società ferma nelle sue diseguaglianze. Sembra che nulla del nostro Paese possa più sorprendere la sociologa che dopo vari impegni in diverse istituzioni italiane, è «espatriata» (sarà un caso?) a Berlino. Ma c’è un tema su cui l’allarme si fa più pressante: le donne. «Per le donne italiane questi sono anni bruttissimi – dichiara – sia dal punto di vista simbolico che da quello della rappresentazione pubblica». Nel mondo femminile c’è una distanza netta tra Italia e resto del mondo. «La quantità di bocche rifatte qui da noi è abnorme». Riflesso di un berlusconismo ormai dominante? No di certo. Saraceno non punta mai il dito solo su Berlusconi. Sono molte e complesse le cause delle storture italiane. C’entra l’economia, c’entra la cultura, c’entra il governo e c’entra anche la sinistra che non indica una strada alternativa E soprattutto c’entra quella coazione a ripetere della politica, che si ritrova sempre come se fosse in campagna elettorale, con fronti contrapposti e richiami all’appartenenza. «In queste condizioni non si può parlare di nulla». Quest’annoi giovani si sono identificati come «generazione senza futuro». Il 2010 segna un cambiamento? «Non c’è stata una cesura rispetto a prima, ma solo un lento progredire nella crisi. Forse c’è una maggiore consapevolezza nel dibattito pubblico, ma già dal 2009 si era visto che sui giovani si sarebbero scaricati i costi della crisi. Sono stati colpiti i secondi redditi: quelli dei precari e delle donne. I capifamiglia sono stati protetti dalla cig, e i giovani a loro volta dalla famiglia. È stata una scelta consapevole del governo, che infatti usa ripetere spesso che in Italia c’è la famiglia che aiuta. Ma non funziona esattamente così. prima di tutto diventa sempre più difficile farsela una famiglia, visto che i giovani restano dipendenti. Secondo, anche la cig è una protezione solo temporanea: prima o poi finirà e allora cominceranno i guai. Dagli ultimi dati europei si è visto che la famiglia ha tenuto: ma per quanto tempo? E a quali condizioni? La cig rappresenta comunque una riduzione di reddito ». Definirsi «senza futuro» significa non Credere neanche alle opposizioni,non avere una alternativa credibile. «Infatti: a sinistra vedo solo molta confusione. I messaggi non si comprendono. Senza contare il fatto che spesso c’è una corresponsabilità nei problemi dell’Italia. Per esempio su scuola e Università i problemi non derivano solo da Gelmini o dai tagli. Ci sono stati almeno tre interventi della sinistra: Berlinguer, Fioroni e Mussi. In ogni caso anche su questo io non ho visto il Pd dire chiaramente cosa avrebbe fatto. Ho visto come al solito una strumentalizzazione, giovani usati come cannoni per attaccare il governo». Sta di fatto che c’è un malessere che il governo non vede. «Anche qui bisogna essere chiari: la crisi non ha colpito tutti, e non tutti allo stesso modo. In Italia tutto dipende dalla famiglia, ma non tutte le famiglie sono in difficoltà. Se si è mantenuto il reddito, con l’inflazione ai minimi si è sofferto meno, anzi si è guadagnato. Il vero problema ce l’ha chi ha perso il lavoro». La distanza tra ricchi e poveri però è impressionante. «Anche in questo l’Italia non è diversa da altri Paesi. Ha colpito molto la notizia che il decile più ricco possiede il 45% della ricchezza. Ma negli Stati Uniti è ancora peggio, e anche in Germania, dove il decimo dei più abbienti detengono il 60% della ricchezza. Il vero problema italiano è che da noi la famiglia è l’unica rappresenta l’unico pilastro su cui contare, non ce ne sono altri. Se un giovane tedesco ha dei problemi, può contare su un welfare più avanzato, se non ha casa ha diritto per un certo periodo a un aiuto per l’affitto, se fa figli ha congedi parentali.Danoi tutto questo non funziona. Così, se la famiglia ce la fa, va tutto bene, altrimenti sono guai». Come hanno reagito le famiglie? «In termini assoluti, cioè di quantità di ricchezza bruciata dalla crisi, hanno perso più i ricchi. Ma certamente i più poveri se perdono l’unica cosa che hanno, cioè il lavoro, perdono tutto. Le famiglie, inoltre, stanno perdendo anche quei pochi servizi che avevano. la scelta politica è stata di ridurre al lumicino la spesa sociale. Mancano i servizi all’infanzia, e questo rende difficile qualsiasi tentativo di autonomia sia dei giovani che delle donne».
L’Unità 31.12.10