Da novembre a marzo. Agrumi, freddo, fame. Due fabbriche abbandonate, una vecchia cartiera e un ex deposito nella piana di Gioia Tauro. Da un paio d’anni sono diventate rifugio di oltre 1500 persone.
Extracomunitari arrivati dal Sud del mondo al Sud Italia. San Ferdinando, Rosarno, Rizziconi.
Giovani, per lo più: l’84% afferma una ricerca condotta da Medici Senza Frontiere, ha tra i venti e i quarant’anni. Braccia per le arance, stipate nei capannoni.
Antonio Virgilio. responsabile dei progetti italiani Msf, nel chiedere che la Regione Calabria ottemperi all’impegno preso nel settembre scorso di installare servizi igienici, docce e fontane con acqua potabile, racconta a parole quello che video e fotografie dell’associazione già dicono: «All’interno di questi due capannoni, senza acqua, gas e elettricità, si costruiscono casupole di cartone, e per riscaldarsi fanno fuochi che rendono l’aria irrespirabile. Patiscono fame e freddo».
La settimana scorsa Msf ha distribuito beni di prima necessità, «sapone, spazzolino, dentifricio e un sacco a pelo». C’è un dottore di Msf che fa assistenza medica in questo inferno. Ne è uscito un screening medico che fa riflettere. «Arrivano in buone condizioni di salute – spiega Virgilio – si ammalano in 6-12 mesi. Tutte le patologie che abbiamo individuato sono collegate a condizioni di lavoro. A causa della scarsa protezione sul lavoro, sono affetti da micosi perché sono sempre a contatto con agenti chimici e fitofarmaci.
Soffrono di problemi osteo-muscolari dovuti alla cattiva postura e alla durezza del lavoro, di gastriti e gastroenteriti per bassa qualità e quantità di cibo e acqua. Hanno problemi alle vie respiratorie perché vivono in ambienti insalubri. In una casa dormono in quaranta, su materassi di fortuna. Sono patologie comuni che si storicizzano perché, essendo esclusi, non accedono alle cure». E’ una vita d’inferno, ma non solo. È un modello produttivo che attraversa una crisi: «C’è grossa precarietà perché c’è poco lavoro. Restano due tre giorni senza mangiare. Vivono in mezzo ai propri escrementi e all’immondizia sotto i tetti sfondati di queste due fabbriche».
Siamo davanti a un fenomeno di sfruttamento massiccio di migliaia di vulnerabili, irregolari nel 75% dei casi. «Forza lavoro nascosta che comunque è necessaria per un certo tipo di economia agricola del sud».
Fondamentale, si direbbe, proprio perché in parte schiavizzata. «Se vediamo quante persone lavorano nei campi, capiamo che questo tipo di produzione ha bisogno di un numero di forza lavoro che il decreto sui flussi non copre. Utilizzare forza lavoro a basso costo permette di poter essere più competitivi», constata Virgilio.
Sono migliaia gli stranieri che passano l’inverno in questa piana, e semmai si spostano a Foggia a fare i pomodori o nel Metaponto per le angurie in estate. Poi in Sicilia per la vendemmia. Una massa di persone senza casa. Braccia di schiavi. «Lavori 10-12 ore al giorno per 20 euro, in alloggi di fortuna disumani e a causa della scarsità di lavoro patisci anche la fame».
Di più: il 16% afferma di essere stato vittima della popolazione locale. Per cause di «lavoro», come il rifugiato sudanese «picchiato dal caporale davanti ai suoi compagni perché si lamentava delle remunerazione». Ai due ragazzi feriti a colpi d’arma da fuoco a Rosarno tre giorni fa. «C’è una paura diffusa. e sempre più difficile vivere». sempre se questa può chiamarsi vita.
L’Unità, 19 dicembre 2008