Come biglietto di auguri natalizi, una lettrice ha spedito agli amici questa storiella edificante. Un sant’uomo chiede a Dio di poter visitare l’inferno e il paradiso, possibilmente nell’ordine (preferisce il lieto fine). Dio lo conduce davanti a due porte chiuse e spalanca la prima. Al centro della stanza spicca una tavola rotonda e al centro della tavola un pentolone da cui emana un profumo delizioso. Ma le persone sedute intorno alla tavola sono ridotte a scheletri. Ciascuna di esse ha un mestolo attaccato al braccio, lo tuffa nel recipiente per raccogliere il cibo e però poi non riesce a portarlo alla bocca perché il manico del mestolo è più lungo del braccio.
Che supplizio atroce, pensa il sant’uomo, compatendo gli affamati. «Hai appena visto l’inferno», dice Dio e spalanca la seconda porta, quella del paradiso. C’è una tavola rotonda al centro della stanza anche lì. Al centro della tavola un pentolone da cui emana lo stesso profumo. E le persone sedute intorno alla tavola hanno un mestolo attaccato al braccio che nessuna di esse riuscirà mai ad avvicinare alla bocca. Eppure sono ben pasciute. «Non capisco», sbotta il sant’uomo. «È semplice» – risponde Dio -. «All’inferno gli uomini muoiono di fame perché non pensano che a se stessi. In paradiso, invece, stanno tutti in salute perché ognuno mangia dal mestolo degli altri».
Questo apologo mi ha talmente toccato il cuore che avrei voglia di dare una mestolata a Gasparri.
La Stampa 21.12.10