Robert Musil paragonava la declinante dinastia degli Asburgo a «certe stelle, che si vedono ancora benché non ci siano più da migliaia di anni». La prosa de L´uomo senza qualità e un riferimento così nobile appaiono certo sproporzionati alle vicende che viviamo, ma la letteratura aiuta spesso a fuggire dalle miserie quotidiane. Miserie che propongono da tempo tre domande molto semplici, rese più stringenti dal voto parlamentare che ha sancito la temporanea sopravvivenza del governo Berlusconi (a conferma di quanto «popolarità e pubblicità siano arciconvincenti», per citare ancora Musil, ignaro di altri mezzi). Le domande riguardano la natura delle sostanze tossiche e dei detriti che si sono accumulati nella politica e nel Paese, l´inadeguatezza delle opposizioni, la possibilità o meno di invertire quelle tendenze profonde che l´”era Berlusconi” ha alimentato e rafforzato.
La compravendita dei “rappresentanti del popolo” è stata l´ultima e quasi marginale espressione di una prassi che negli ultimi mesi è solo uscita dall´ombra. Una prassi diffusa: il metodo Verdini, che ha caratterizzato gli interventi dall´alto, ha avuto la sua corrispondenza alla base in quella “politica delle assunzioni” che è stata portata agli estremi dalla giunta romana di centrodestra (in attesa, naturalmente, della prosecuzione delle indagini). Detriti tossici, il cui emergere senza veli è conseguenza più che causa dello sfilacciamento progressivo del “patto con gli italiani” del premier. Non di quello fasullo, siglato nel salotto di Vespa, ma di un contratto più profondo, basato sulla sinergia non di virtù ma di accondiscendenze, e su distorsioni trasformate in normalità. Aveva alla base l´assunzione della libertà da vincoli e regole come bussola: era questo il sogno condiviso delle origini, diventò questo il miracolo possibile appena svanì quello, molto più luccicante, fatto balenare nella discesa in campo. Quel patto ha retto oltre lo svanire delle promesse, e anche quando le distorsioni e sin le illegalità del premier hanno superato ogni limite. È stato eroso, semmai, da una profonda crisi economica – e non solo economica – che ha reso evidente come l´assenza di regole non sia un´opportunità per nessuno ma la premessa di un declino comune. Ha iniziato a dissolversi, quel patto, quando parti crescenti del Paese hanno dovuto a poco a poco dismettere un ottimismo irresponsabile. «La barca va», diceva sostanzialmente il Craxi trionfante, e ne condivise poi l´affondare. In altri termini ancora, il patto con gli italiani, basato su reciproche convenienze, ha iniziato a dissolversi quando è cessata la capacità del Cavaliere di offrire rappresentanza e speranze, di qualunque natura esse fossero. Nella sua sostanza originaria quel patto non c´è più da tempo e il suo simulacro tiene ancora il campo quasi unicamente per l´assenza di alternative. Per l´assenza di altri “patti” possibili, che abbiano al centro il Paese.
Come ognuno ha visto, nel logoramento dell´egemonia berlusconiana il centrosinistra non ha avuto quasi nessun ruolo in questi mesi, la scena è stata occupata per intero dalla crisi del centrodestra e dal suo modificarsi. Neppure da quest´area sono venute però sinora grandi spinte innovative o convincenti ipotesi di futuro. Il fascino possibile di una “destra normale”, di una “destra delle regole” è stato solo evocato dal sorgere della formazione di Fini, troppo condizionata dal carattere eterogeneo delle spinte e delle opzioni che ha raccolto. La cultura delle regole, inoltre, è stata disattesa fin dall´inizio da un Presidente della Camera, massimo garante degli equilibri, che fondava un partito inevitabilmente volto a modificarli.
Poche illuminazioni sono venute anche dalla formazione di Pier Ferdinando Casini, che aveva avuto il pregio di sottrarsi per primo ai diktat del Premier ma non ha saputo sostituire o modificare in modo adeguato quel che resta del moderatismo cattolico, con le sue venature integraliste. Di qui la sua immobilità e al tempo stesso quella difficoltà di convivere con la cultura laica che porrà qualche problema alla vita stessa del Polo appena costituito, sulla cui coesione e capacità di innovazione è legittimo nutrire qualche dubbio. C´è poi da chiedersi se è destinato davvero a raccogliere nuove adesioni e consensi, e – in questo caso – se indebolirà maggiormente il centrodestra o il centrosinistra. Le dinamiche della politica si sono rimesse in moto, su questo versante, ma il coinvolgimento del Paese appare ancora problematico.
Sui limiti e l´afasia del centrosinistra, sulla sua incapacità di incalzare una maggioranza in crisi è quasi ingeneroso insistere. La manifestazione dell´11 dicembre ha confermato quante energie siano ancora disponibili, incapaci però di pesare davvero per l´assenza di un orientamento convincente. A completare i tratti di un´opposizione inadeguata si pensi poi al nodo della legge elettorale: l´assenza di una proposta condivisa da contrapporre all´indecente legge in vigore ha trasformato un possibile punto di forza in un tallone d´Achille. L´ultima vittoria del premier appare certo effimera ma non è ancora in campo l´esercito capace di sconfiggerlo. Se i mutamenti di scenario non saranno reali le prossime elezioni potrebbero portare a una nuova paralisi o addirittura rinsaldare al comando l´asse Berlusconi-Bossi. Con Bossi deciso a imporre parti corpose del suo programma e Berlusconi ormai in grado di portare a fondo lo stravolgimento costituzionale che persegue. Raramente siamo stati così vicini a un tunnel così profondo e buio.
Vi sono le forze e le volontà politiche e civili per dare almeno avvio a un´inversione di tendenza, per ridare al Paese la speranza in una fase nuova? La possibilità di un mutamento dipende tutta dall´opposizione e in primo luogo dal centrosinistra, dalla sua capacità di superare le cristallizzazioni e le troppo anguste alternative che si sono delineate sin qui (compresa quella fra Bersani e Vendola). Dalla sua capacità di uscire dagli ambiti e dai recinti in cui è deperito in questi anni, dal coraggio di mettere in campo un arco ampio di competenze ed energie attinte dalla società, dalla cultura e dalle professioni, con l´obiettivo esplicito di trasformare in profondità i contenuti e le forme attuali della politica. Potrebbero essere messaggi e metodi capaci di coinvolgere anche il nuovo Polo della nazione, e renderebbero più facile il dialogo. Naturalmente sarà difficile muovere passi reali in questa direzione se non si afferma al tempo stesso nella società civile una nuova disponibilità all´impegno per il bene pubblico. Se non riprende valore e vigore in essa quella idea della politica come servizio che è stata preziosa al Paese nelle sue fasi più difficili.
La Repubblica 17.12.10