Molti lavoratori rischiano di trovare, in questo tormentato 2010, sotto l’albero di Natale, una triste sorpresa: la scomparsa del contratto nazionale di lavoro. È l’argomento di moda, da Pomigliano, a Mirafiori. Sergio Marchionne vuole un contratto tutto suo,nemmeno riservato al settore dell’auto. E già minaccia, se non verrà obbedito, di portare Mirafiori negli Usa. Non importa se la scelta di cancellare il contratto nazionale avrebbe un effetto a cascata. Ciascun imprenditore sarebbe incoraggiato a inseguire lo stesso obiettivo, magari facendo leva su rapporti di forza, nella propria impresa, sfavorevoli alla presenza sindacale. Sarebbe la giungla e renderebbe inutili anche le organizzazioni «nazionali», rimaste gusci vuoti, come Cgil, Cisl, Uil ma anche Confindustria, Federmeccanica. Come mai si os atanto?E’ chiaro che la crisi economica, l’ondata di casse integrazioni e chiusure, indebolisce il potere sindacale. Una fragilità aumentata dalle divisioni interne, da approcci diversi, tra dialoganti- accomodanti e resistenti ad oltranza. Cade proprio in questi giorni un anniversario importante: 50 anni fa gli elettromeccanici milanesi conun Natale di lotta segnavano una delle prime tappe della riscossa operaia e dell’unità dal basso. Sarà ricordato a Milano in un bel convegno organizzato dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio e dallaFiom nazionale, con la proiezione di un film curato da Angelo Ferranti, «Senza fischietto. 1960». Ecco se quella unità si fosse potuta mantenere oggi non saremmo di fronte a tante arroganze. Il problema è che alla divisione sindacale corrisponde una frammentazione delle forme di lavoro. Il contratto nazionale non c’è già più, anche nelle fabbriche metalmeccaniche, per quel popolo di lavoratori degli appalti o interinali o CoCoPro che circondano la cittadella dei lavoratori considerati (e non lo sono) «garantiti». Mentre proprio in questi giorni assistiamo alla protesta di quelle migliaia di precari del pubblico impiego, occupati in servizi essenziali (comuni, sanità, Croce Rossa, servizi per l’impiego, vigili del fuoco, uffici immigrazione) e che vanno incontro al macello sociale. Tutte le Amministrazioni dello Stato dal prossimo 1 gennaio 2011 dovranno tagliare il 50% del personale precario. Ecco nell’accesa discussione sul dopo Berlusconi, sarebbe necessario introdurre qualche proposta sul possibile dopo-Marchionne e dopo-Brunetta.
L’Unità 10.12.10
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“Confindustria lancia Federauto per trattenere Fiat”, di Paolo Griseri
La proposta di Confindustria alla Fiat si chiama Federauto. Una nuova associazione di imprenditori, che potrebbe staccarsi da Federmeccanica per creare un contratto ad hoc. Un contratto per la sola filiera dell´auto, dai piccoli fornitori fino agli stabilimenti di montaggio finale. Un contratto che supererebbe sia quello dei metalmeccanici del 2008, firmato da tutti i sindacati, sia il successivo contratto separato del 2009 (non sottoscritto dalla Fiom), a sua volta derogato in estate per venire incontro alle esigenze di Marchionne. Ma le deroghe sono state considerate insufficienti dal Lingotto. L´ad lo aveva anticipato ai vertici di Cisl e Uil il 4 novembre scorso: «Alle condizioni attuali scordatevi che a Mirafiori applicheremo il contratto dei metalmeccanici». Così gli sherpa di Federmeccanica hanno ripreso a lavorare fino a preparare una nuova proposta. Quella che nella notte Emma Marcegaglia ha presentato a Sergio Marchionne a New York. Quella che mercoledì Federmeccanica intende presentare ai sindacati firmatari dell´accordo separato del 2009. Dunque non alla Fiom.
La prime reazioni sindacali non sono incoraggianti. Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, stoppa: «Per quale motivo la Fiat dovrebbe uscire da Confindustria? Noi vogliamo relazioni sindacali più forti, non più deboli». Eppure una delle possibilità, non esclusa dalla stessa Marcegaglia, è proprio che i contratti di Mirafiori e Pomigliano siano «temporaneamente» fuori dagli attuali contratti nazionali. Ancora più dura la reazione della Uilm: «Un incontro mercoledì in Federmeccanica? Abbiamo già un altro impegno», dice il segretario Rocco Palombella. Che aggiunge: «Quanto stabilito con le deroghe è sufficiente ed esaustivo». Non è entusiasta nemmeno la Fim: «Pensiamo che le attuali regole contrattuali bastino – dice Giuseppe Farina – ma se Federmeccanica insiste, possiamo discuterne». Polemico con la Uilm è Roberto Di Maulo (della Fismic): «La Uilm ha altri impegni? Più importanti del futuro della Fiat?».
Di Maulo ha attaccato duramente, in un´intervista al Giornale «il consociativismo tra Confindustria e Cgil Cisl Uil», così giustificando la richiesta del Lingotto di uscire dall´associazione degli industriali. Un antipasto indigesto per Emma Marcegaglia alla vigilia della cena con Marchionne e un assist (involontario?) allo stesso ad. L´effetto delle dichiarazioni di Di Maulo si è visto subito a Torino dove ieri e oggi sono in programma le assemblee con gli operai di Mirafiori. Fim e Uilm hanno negato al Fismic la possibilità di parlare. Ieri ai lavoratori si è rivolto Maurizio Landini: «Non è accettabile che la trattativa si faccia a fabbrica chiusa – ha detto il segretario della Fiom – e se la Fiat intende uscire dal contratto questo è un problema di tutto il sindacato italiano». Per cercare di ricucire i rapporti tra di loro, i vertici di Fim, Fiom e Uilm si incontreranno lunedì a Roma. L´iniziativa è partita dalla Fiom. La Uilm ha subito messo le mani avanti: «E´ l´ultima possibilità per la Cgil di tornare sulla strada giusta».
Proseguono a Roma gli incontri sul futuro di Termini Imerese. Ieri dal ministro Romani si sono presentati Gian Mario Rossignolo e Simone Cimino, titolari di due proposte per riprendere la produzione auto in Sicilia. Ma la strada è ancora lunga: «Voglio sapere quanti soldi sono disposti a investire», commenta sarcastico Bonanni
La Repubblica 10.12.10