Nel far west del nuovo codice disciplinare dopo la riforma brunetta
Fare una barchetta di carta in sala professori può costare 3 giorni di sospensione. Una scansione con lo scanner che non funziona bene, un giorno di sospensione. Un esame urgente in ospedale, comunicato in mattinata, un rimprovero scritto. E se ci si prende un giorno di permesso per fare dei lavori in casa, è bene farsi dare le generalità degli operai.
Perché se il preside le chiede e non lo sai, non ti paga e ti chiede pure i danni. Sembrano casi di fantasia, ma sono fatti realmente accaduti. Che sono l’effetto dell’inasprimento della disciplina delle sanzioni, introdotta dal decreto Brunetta (decreto legislativo 150/2009). Che ha cancellato i rimedi amministrativi per impugnare le sanzioni. E ha introdotto sanzioni draconiane per i dirigenti scolastici che, in presenza di illeciti, decidano di chiudere un occhio. Resta il fatto che, a fronte delle punizioni previste per chi chiude un occhio, ce ne sono anche altre per quelli che gli occhi li tengono aperti. Ma prendono fischi per fiaschi. Il decreto Brunetta, infatti, commina sanzioni disciplinari per i dirigenti che dovessero determinare con il loro comportamento condanne dell’amministrazione al pagamento dei danni. E in ogni caso, resta sempre sullo sfondo il rischio delle responsabilità penali. Per esempio, se la sanzione è applicata senza contraddittorio (omissione d’atti d’ufficio) oppure se è applicata in violazione di legge (abuso d’ufficio). E in mezzo a questo ingorgo giuridico – sanzionatorio, non sono rari i casi in cui la realtà supera l’immaginazione. È il caso di Adriana (il nome è di fantasia), che insegna in un istituto del Sud. La docente si reca a scuola. Entra in sala professori e le viene notificato un avviso: una fotocopia sulla quale c’è scritto che il dirigente invita i docenti a far scendere nell’atrio i ragazzi che il giorno prima hanno fatto sciopero. Agli altri colleghi vengono consegnate identiche fotocopie. Una per ciascuno. La docente lo legge attentamente. E siccome manca qualche minuto, si dedica all’innocuo passatempo di ripiegarlo. Le viene fuori una barchetta, quelle con cui giocano i bambini. Dopo di che va in classe, adempie rigorosamente a quello che le è stato ordinato e poi bussano alla porta: è un bidello che le chiede se la barchetta è sua. L’insegnante annuisce. Il bidello chiude la porta. Dopo qualche giorno riceve una contestazione d’addebito alla quale non risponde. Alla scadenza fissata arriva la sanzione: 3 giorni di sospensione con privazione della retribuzione. Sul caso c’è un’interrogazione parlamentare pendente dell’Italia dei valori. A Teresa (nome di fantasia) va meglio. È un’ assistente tecnico di informatica. Le viene chiesto di fare la scansione di un documento. Lo scanner è un pezzo da museo. L’assistente fa quello che le viene chiesto e consegna il documento in formato informatico. Al dirigente non piace. Risultato: un giorno di sospensione. Giorgio (nome di fantasia) se la cava con un rimprovero scritto. Soffre da anni di una grave patologia che necessita di esami periodici. Telefona a scuola la mattina stessa avvertendo che deve andare in ospedale per un prelievo i sangue. E chiede che l’assenza venga imputata a malattia. Tanto più che a scuola lo sanno tutti che è malato. lo sa anche il preside. Risultato: rimprovero scritto. Infine Laura (altro nome di fantasia). Chiede al preside un giorno di permesso perché finalmente gli operai le hanno comunicato che andranno a ripararle la linea telefonica. Il preside accorda il permesso, ma al ritorno le chiede il nome degli operai che sono andati a casa sua. Laura non lo sa. Risultato: decreto di assenza ingiustificata e ordine di risarcire la scuola dei soldi utilizzati per pagare la sua sostituzione. Laura paga
da ItaliaOggi 07.12.10