Nell’intervista il fisica italiano di fama internazionale definisce la riforma “un bel disastro”… La valutazione degli atenei, i bilanci, la sperimentazione, l’emendamento cancellato sui ricercatori…. L’invadenza della politica e il ruolo del privato
“Questa riforma è un bel disastro”. E se a dirlo è Giorgio Parisi, uno dei più autorevoli fisici viventi, padre della “teoria del caos”, c’è di che preoccuparsi. Sessantadue anni, professore all’Università La Sapienza di Roma, la scorsa settimana ha ricevuto la medaglia Max Planck per i suoi studi, riconoscimento ricevuto nella storia da scienziati del calibro di Albert Einstein ed Enrico Fermi.
In Italia potremmo non avere più un Giorgio Parisi.
Perché gli studenti migliori ormai portano il loro cervello all’estero, e non riescono a rientrare nel sistema universitario.
Che con questa legge non cambierà in meglio.
Professore, l’Italia ha bisogno di una riforma dell’Università. Perché non questa?
É vero, c’è una grande necessità di cambiamento. Ma nella direzione contraria a quella in cui va questa legge.
Cioè?
La prima cosa da fare è valutare gli atenei. Noi conosciamo la situazione a macchia di leopardo, alcune eccellenze, altre situazioni dissestate. Ma non abbiamo un quadro globale.
Eppure la Gelmini dice che la riforma premia il merito.
Veramente l’Anvur (l’Agenzia nazionale per la valutazione universitaria, ndr) varata dal governo Prodi non è ancora in funzione. E poi nella prima stesura del provvedimento ho letto 23 volte le parole “ministero dell’Economia”. Ma che c’entra?
È un modo per chiarire chi comanda?
Gli dà un peso troppo alto. Addirittura la riforma dice che chi non è in regola col bilancio non può fare sperimentazione. Ma che significa? Semmai deve avere meno soldi, ma è proprio con la sperimentazione che si possono ottenere risultati, e far abbassare il deficit. Hanno sbagliato tutto.
Cos’altro?
C’è un emendamento, per esempio, in cui si dice che le medaglie olimpiche possono valere come esami in determinate facoltà. Ma perché una legge che contiene principi generali deve per forza accontentare tutte le volontà personali? Gli istituti superiori di educazione fisica valuteranno da soli quanto valgono le medaglie e se vogliono pure gli scudetti. Non sono queste le riforme che servono. Ma danno l’idea di come questo governo vuole fare le leggi.
Quindi condivide la protesta dei ricercatori?
Reputo la protesta giustissima. La legge è fatta sulla loro pelle e su quella di chi è andato all’estero. In solidarietà con loro, lunedì farò una lezione sul tetto della facoltà di Fisica alla Sapienza.
Poi c’è la questione precari. Lei è favorevole o contrario alla cancellazione della terza fascia docente e i contratti a tempo determinato per i ricercatori?
In linea di principio non era sbagliato. Ti assicuro un contratto di 6 anni, nel frattempo accantono i soldi per assumerti e se la valutazione finale che otterrai sarà positiva puoi entrare nell’Università. Altra cosa è farti lavorare 6 anni, con un contratto che costa meno, sapendo già che non ci saranno i soldi per assumerti.
Infatti l’emendamento che prevedeva l’accantonamento è stato cancellato . Sapere che se hai fatto bene verrai premiato non è un problema. La precarietà lo è.
C’è molta differenza di considerazione tra i giovani fisici di via Panisperna e gli studenti di oggi. I ragazzi che incontra sono preoccupati?
L’altro giorno uno di loro, che si è laureato con me, ha detto di non aver intenzione di fare il dottorato perché in Italia non è riconosciuto e perderebbe solo 3 anni senza avere sbocchi.
Il rischio è quello che resti solo chi se lo può permettere?
Ci sarà una fortissima selezione sul censo.
Quanti studenti e scienziati eccellenti si perderanno in questo modo?
Non mi preoccupano gli eccellenti, loro se la caveranno, sicuramente andando all’estero. Mi preoccupano tutti coloro che hanno grandi capacità e che altrove farebbero ricerca ma che nel nostro paese saranno fatti fuori. Se ci sarà un Mozart emergerà, ma non potrà più suonare perché gli mancheranno gli orchestrali.
Qual’è la conseguenza peggiore della riforma?
L’ingresso nei Consigli d’amministrazione di persone esterne. Se non si capisce chi sono la procedura può diventare un disastro. Le Asl lo sono perché nei loro Cda è entrata la politica.
Ha maggior timore delle conseguenze dell’ingresso della politica nei cda o dei privati che possono indirizzare la ricerca?
I privati possono mettere i ricercatori a servizio della produzione, e a rimetterci sarebbe la ricerca di base, quella che permette i veri progressi nel lungo periodo. Ma la spartizione politica è quella che temo di più.
Il Fatto Quotidiano 29.11.10
Pubblicato il 29 Novembre 2010
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