Le transizioni sono momenti particolari e strani. Assomigliano alla luce dell´imbrunire che tende a ingannare le nostre percezioni visive sull´identità dei colori e degli oggetti. Così è per l´attuale fase politica del nostro paese, che è critica ma non ancora di crisi, diretta verso una transizione al dopo-Berlusconi senza essere ancora di transizione. Un´ambiguità che offusca non soltanto gli scenari politici ma suprattutto la realtà della società e del Paese, la quale è invece molto poco ambigua se mostrata e raccontata, come si vede in questi giorni. Inchiodati da settimane a questa altalena sui possibili scenari del dopo-Berlusconi, sarebbe salutare invece spostare i riflettori sui problemi degli italiani costretti ad assistere a questa commedia seduti in ultima fila, mentre avrebbero il diritto di portare a conoscenza del pubblico gli effetti reali che questa maggioranza ha avuto sulla loro vita. Il successo travolgente della trasmissione di Fabio Fazio e Roberto Saviano è il segno di un bisogno di informazione. Bisogno di conoscenza di ció che pertiene alla vita quotidiana di tutti noi: cose che da due anni e mezzo sono scomparse dalle prime pagine e dalla politica.
Se è precipitoso ragionare in termini di dopo o post, è molto più interessante e utile parlare del governo che c´è: di quello che ha fatto e che fa, di quello che ha taciuto e tace, di quello che ha stravolto e stravolge. Di come è l´Italia a due anni e mezzo del terzo governo Berlusconi. Il premier, per il suo carattere e gli interessi che esprime e deve difendere, sembra poco agevolmente disposto a lasciare che la crisi segua i percorsi che le norme e le consuetudini hanno regolato in questi decenni di vita repubblicana. Ma l´eccezionalità di questo governo non sta solo nell´anomalia della sua annunciata infinita agonia. Essa gli appartiene fin dal suo insediamento, nella primavera del 2008. Da quando è sorta, è apparso chiaro che questa non sarebbe stata una maggioranza come le altre. L´eccezionalità ha fatto parte dell´identità di questo governo fin dalle sue prime battute. Eccezionalità sfruttata a proprio vantaggio, come la campagna sui rifiuti di Napoli sulla quale il governo Berlusconi volle seppellire il governo Prodi promettendo di avere la soluzione pronta. Eccezionalità creata ad arte, come la prima battaglia che il governo lanciò, quella sulla sicurezza, sui respingimenti dei migranti, sulle ronde, disposto anche a esaltare e ingigantire i problemi per presentarsi poi come governo dell´ordine. Eccezionalità naturale: la terza battaglia fu l´emergenza terremoto; l´Aquila diventò il palcoscenico del Primo ministro e il dramma di chi aveva perduto tutto, una straordinaria occasione per creare l´immagine di un governo efficiente e veloce.
In tutti questi casi, l´emergenza è stata senza soluzione ed emergenza è rimasta. I rifiuti sono al punto in cui erano due anni e mezzo fa. La sicurezza è stata nel mirino del governo per accattivare l´opinione pubblica, mentre nei fatti ha contribuito a fagocitare una cultura del razzismo che non ha aiutato per nulla a creare un clima di sicurezza. E infine l´Aquila. Una situazione eccezionale perché sembra che un terremoto sia avvenuto ieri: le macerie sono ancora dove erano, la città è ancora abbandonata. Consegnate le case prefabbricate provvisorie come fossero per sempre e per tutti, il premier ha spento e fatto spegnere i riflettori su quella gente e quelle macerie. Sembra difficile trovare un senso a questo governo che non sia quello dell´eccezionalità, fabbricata ad arte, alimentata, mantenuta. Ma la logica dell´emergenza è che, se tale deve essere, non può passare mai. L´emergenza è come fermare l´orologio: impedire che dall´emergenza si snodi l´evoluzione del caso e diventi un problema da risolvere. Emergenza permanente significa anche notizia spettacolare dell´evento, solo dell´evento. Il ritmo dell´attuale crisi ha lo stesso carattere: per ragioni di comportamento personale legato alla sua ben nota fama di ‘amante´ delle donne o per ragioni di legalità (quelle che compromettono spezzoni importanti del suo partito) o per l´emergenza processi (i processi del premier, che tengono in sospeso l´intero Paese e condizionano la vita del governo), l´Italia è tenuta in permanente stato di fibrillazione. Ma questo piano può funzionare fino a quando il Paese è tenuto fuori dalla porta, non messo in prima pagina; fino a quando è condannato ad assistere passivo, senza essere oggetto diretto di analisi e di attenzione. Come gli studenti universitari che sfidano la Ministra Gelmini stanno dimostrando: è necessario fare cose eccezionali perché i cittadini abbiano ascolto, perché le loro ragioni non siano derubricate come insensate e oscurate dai media. Perché sulle prime pagine ci siano solo i problemi di una maggioranza in crisi permanentemente annunciata. Per uscire dalla quale (o renderla effettiva), una strada da percorrere è proprio quella di sabotare questo piano di regia puntando i riflettori su quello che è l´Italia, sul reale dissenso e dissesto, su come sia diventata la società dopo due anni e mezzo di un governo che genera emergenza.
La Repubblica 28.11.10