Bersani: «Il ministro dovrebbe avere un po’ di pazienza e di umiltà di ascoltare. Qui c’è un sacco di gente che non ha una interlocuzione e per questo è piena di rabbia». Pierluigi Bersani sul tetto che scotta. «Tirano le uova, ma gli studenti non sono estremisti», assicura il leader del Pd. Ed è per questo che il segretario arriva in cima ad una scala di ferro, tra le tegole dell’Università di Architettura, a Fontanella Borghese. I tetti di Montecitorio sono a un tiro di schioppo, e anche la porta del Senato, dove c’è stato l’assalto dei manifestanti a colpi di uova e di slogan contro la riforma dell’Università della Gelmini. C’è anche Di Pietro che prende vento sulla scala a pioli, i due trovano studenti e ricercatori in cima al loro “Colosseo”. Non minacciano di buttarsi di sotto, ma non scenderanno se non si ferma l’esame in aula alla Camera.
La protesta è imitata in mezza Italia. Quella di Tennessee Williams era una gatta sul tetto che scotta, mentre Bersani cerca di giocare come il gatto col topo e cita Vasco Rossi, “Solo noi/ quelli che non abbiamo più rispetto per niente/ neanche per la mente”. Solo noi tagliamo i fondi allo studio e alla ricerca: «Qual è il paese al mondo che sta segando la conoscenza e il sapere? Non ce n’è uno, siam Solo noi, come dice Vasco». In Spagna, ricorda il leader democratico, hanno fatto la manovra ma l’università è stata messa al riparo, in Francia l’hanno finanziata.
Poi, tornato a Montecitorio, racconta: «Cerchiamo di prenderla un po’ sul serio questa cosa qui, non sono certo andato lì per tirare uova. Sul tetto c’era gente che ha vinto concorsi internazionali e che se passa questa riforma non sa più come fare. Perché questa riforma è un disastro, non ci sono soldi, non ci sono prospettive. Io, se tocca a me, domani non dico che questa legge non la cambio, nonostante i soloni che spiegano che ogni anno non si può cambiare». Anzi, lo dice proprio: se andassi al governo la cambierei sì questa riforma. «Il ministro, il governo, raccontano balle ogni giorno, fino alla rabbia impotente della gente. Perché la gente non capisce. Come si fa a dire: abbiamo risolto il problema dei precari?». E difende i dimostrati dalle accuse che arrivano dal centrodestra, manco fossero i moti del ’77: se si tirano uova invece di molotov significa che la protesta è civile e non va criminalizzata. «Quello che neanche i “baroni” hanno capito è che oggi c’è una novità: gli studenti di adesso hanno la testa sul collo, non sono dei pericolosi estremisti». Perciò «è una vergogna che si stia traccheggiando di fronte ai problemi della gente». E soprattutto è vergognoso che non vi sia confronto. Chiude Bersani: «Il ministro dovrebbe avere un po’ di pazienza e di umiltà di ascoltare. Qui c’è un sacco di gente che non ha una interlocuzione e per questo è piena di rabbia».
Il Messaggero 25.11.10
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“Bersani in the air fra chi protesta”, di Fabrizia Bagozzi
Mentre gli studenti sferrano un’offensiva di massa, il leader del Pd “sale” a solidarizzare
«Quale paese al mondo sta tagliando sul sapere? Perfino la Grecia, con i problemi che ha, sta facendo riforme sociali e per la conoscenza ». L’Italia, evidentemente, si muove in controtendenza.
Siamo solo noi. Pierluigi Bersani cita anche l’amato Vasco nella lunga chiacchierata con gli studenti e i ricercatori di architettura di Roma che ieri sono saliti sui tetti della facoltà in piazza Fontanella Borghese, a un passo da Montecitorio, dove si sta discutendo la riforma Gelmini sull’università.
La sua è un’incursione non programmata, fatta in una pausa dei lavori parlamentari.
Per testimoniare la solidarietà del Pd a chi protesta, pacificamente, «su una questione dirimente per le persone coinvolte e per l’Italia».
Incursione à la Bersani, con l’idea di guardare in faccia e di fare i conti con il quotidiano e le difficoltà degli italiani. E che arriva dopo l’incontro con i lavoratori della Vilnys dell’Asinara e sulla scia della riuscita del Porta a porta che chiuderà il prossimo fine settimana e che ha prodotto finora un buon livello di mobilitazione in tutto il paese. Sulla base delle proposte democratiche sulle cose che toccano direttamente la gente.
In puro stile bersaniano, appunto.
Accompagnato da Marco Meloni (responsabile università del Pd), Fausto Raciti e Michele Grimaldi (segretario e responsabile sapere dei giovani democratici), ieri Bersani ha ascoltato i ricercatori precari della Rete 29 aprile (ma anche studenti e insegnanti) entrando nel merito delle richieste, discutendo di cose che fanno parte della sua grammatica.
Ammettendo che il centrosinistra sul tema non sempre s’è mosso bene – «non le abbiamo sempre azzeccate tutte» – ma chiarendo che, da forza di governo, il Pd questa riforma – «un disastro omeopatico» – la cambierebbe. La cambierà. Anche perché provvedimenti così chiedono tutto fuorché blitz in zona Cesarini – ed è ciò che sta accadendo in questi giorni al ddl Gelmini – ma ascolto, un dibattito anche aspro ma vero, un bilanciamento fra «rigore ed equità». Che non può escludere l’attenzione alla ricerca, ai lavoratori della conoscenza, il diritto allo studio. Al merito: purché le condizioni di partenza siano pari per tutti.
Il segretario dem sale sui tetti dell’università in un giorno di passione per il ministro dell’istruzione. A Montecitorio Gelmini balla al ritmo imposto dalle tattiche futuriste che si giocano sul filo della crisi di governo e sul tema della copertura finanziaria di alcuni emendamenti proposti da Fli per la stabilizzazione di docenti associati e ricercatori. Un pomeriggio di trattative che si allunga finché il ministro dell’istruzione non fa sapere che i fondi si sono trovati, anzi, che c’erano già. Ma sull’università il governo va sotto lo stesso, ed è la terza volta in due giorni. Grazie a un emendamento dell’Udc che punta a riconoscere il valore del lavoro dei medici impegnati nei politecnici universitari.
E che passa con i voti del Pd, dell’Udc e dei finiani (284 sì, 254 no e cinque astenuti).
E la giornata di ieri è stata attraversata dalle proteste degli studenti in tutto il paese, culminate nell’incursione al senato di un gruppo isolato di contestatori che dopo un abbondante lancio di uova sono riusciti a penetrare nell’androne di palazzo Madama. Scontri che hanno fatto montare immediatamente la polemica. E una dura reazione del presidente del senato che parla di «gravissimi incidenti» e «di protesta intollerabile se tocca le istituzioni ». Incursione condannata anche dal Pd: «Un gesto grave, compiuto da una minoranza di facinorosi e violenti», dice Anna Finocchiaro, da tener ben distinto rispetto alle manifestazioni pacifiche a cui Bersani ha espresso soldiarietà: nessuno strumentalizzi.
da Europa Quotidiano 25.11.10