“In un paese civile quando si pensa a una riforma si ascoltano anche i diretti interessati”. Tazebao e tende da campeggio. E il computer sempre collegato al sito della Camera.
Quassù ci sono nuvole rosa e biscottini, pasta fredda e neve sulle montagne vicinissime. Tira vento, quassù. E tra una chitarra e un computer collegato al sito della Camera, tra un precipizio di cemento senza parapetto (paura!) e una tenda da campeggio, con la Mole proprio in faccia e il futuro di lato, gli universitari senza Università lottano e aspettano, parlano e bivaccano, mangiano e dormono.
I ricercatori. I precari. Gli studenti. Gli associati. Gli occupanti e i disoccupati. Quelli che ancora non sono scappati. «Abbiamo un sogno normale, da paese civile: essere ascoltati quando si pensa una riforma. Noi che lavoriamo qui e siamo i primi a volerla, ‘sta riforma». Alessandro Ferretti, ricercatore al dipartimento di fisica sperimentale, ci accompagna sul tetto di Palazzo Nuovo che nuovo non è più da un pezzo, l´orrendo palazzo color topo dove hanno sede le facoltà umanistiche di Torino. Da un murale precipitano allegri goccioloni di pioggia colorata. Una scritta cubitale: “Balle volant, tagli manent” (vedi che fare il classico serve?). Un corridoio deserto, con passi felpati da linoleum e tazebao Anni Settanta (c´è pure il picchetto, pura archeologia), diciotto rampe di scale (“E io dico non può essere vero”, è scritto su un muro con un pastello a cera), gli ultimi gradini ripidi e stretti, infine il cielo.
«C´è saldatura tra docenti e studenti, e questa saldatura si chiama idea di Università». Bruno Maida, ricercatore a Scienze della formazione, si è fatto la notte qui. «Se piove siamo fregati, però non pioverà, dai. Il nostro movimento è l´unico che tiene duro veramente, è un interesse pubblico, non un fatto privato». I ragazzi annuiscono e fanno la spola, portano parole e pintoni di rosso. «Adesso arrivano un casino di viveri!», annuncia una tizia spalancando le braccia per contenere, chissà, l´idea platonica di una lasagna al forno.
Ma è mai possibile che si venga ascoltati solo scalando gru, bloccando treni, arrampicandosi come spazzacamini su questo meccano arrugginito? Non esiste altra dialettica, in Italia, se non l´apoteosi da telecamera? «Diciamo che sono le regole: noi conosciamo la comunicazione e la usiamo», ammette Marta Margotti, ricercatrice a Scienze politiche. «Facciamo cose straordinarie solo per tornare alla normalità, anche se bloccare la stazione è sbagliatissimo: si fa il gioco di chi ci ostacola, si mette in crisi la gente che si sposta col treno. Chiediamo di poter lavorare, perché l´Università sia un motore di sviluppo. Ormai scappano all´estero non solo docenti o studenti delle facoltà scientifiche, lo fanno pure gli umanisti e in cambio non arriva nessuno, perché l´Italia non sa attrarre».
Un ragazzo si avvicina un po´ troppo al margine del tetto, mica è prevista una ringhiera, questo non è un attico. «Cerca di non cadere!» gli gridano, poi lo acchiappano per il giubbone imbottito. L´attrezzatura è da montagna, visto che l´arrampicata sul palazzo coincide con la picchiata del termometro, e la notte si va allegramente sotto zero. Goretex e barbera diventano parole d´ordine, gli alleati contro il freddo dentro e fuori.
Forse è peggio il freddo dentro. «Stiamo qui fino a quando non si sblocca qualcosa», promette Alessandro Ferretti. La seconda notte sotto le stelle è anche un problema di turni da organizzare, perché è giusto battere i denti un po´ per uno. A fine novembre, il pomeriggio torinese è brevissimo, il pallido riverbero del sole sparisce di colpo. La Mole, da rosa che era, si fa grigia e densa come un fantasmone di pietra.
Oggi in programma: ore 15, “merenda col ricercatore di Lingue e lettere”, ore 16 incontro con Gianni Amelio e Davide Ferrario. «Spero che questa non sia la classica mezza giornata che fa notizia», dice Elana Ochse, professoressa associata di Linguistica inglese. Dal Sudafrica al tetto, ecco il suo viaggio. «Io sono tra i fortunati che hanno un posto sicuro, però sto qui per i miei nipoti, per il loro sacrosanto diritto a un´Università pubblica».
Qualcuno porta uno scatolone di biscotti, e coperte. Ragazzi puliscono per terra, vanno e vengono con palette e scope. Altri, sotto, presidiano, puntini rossi in fondo al precipizio, minuscole braci di sigaretta dove finisce il buio. Finisce?
La Repubblica 25.11.10
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“Studenti, assalto al Senato sit-in e cortei in tutta Italia”, di Marina Cavallieri
Cariche della polizia a Padova, ricercatori sui tetti da Trieste a Messina. A Roma scontri, 18 feriti e due arresti. Sicurezza, è polemica.
Unanime condanna del tentativo di violare Palazzo Madama. Schifani: momento amaro
Fermati dalla polizia si rivolgono poi a palazzo Grazioli, sede del premier e a Montecitorio per una manifestazione autorizzata. Studenti che cercano di entrare al Senato, ricercatori che imitano gli operai e salgono sui tetti, e poi cortei, lanci di fumogeni e uova. In un clima rabbioso e imprevedibile è iniziato l´autunno dell´Università. A Roma la giornata più difficile con scontri ad alta tensione ma mobilitazioni ci sono state ovunque. E mentre il governo era in Parlamento cercando di chiudere al più presto con la riforma Gelmini, studenti e ricercatori, distanti dai riti e dalle polemiche della politica, bloccavano le lezioni.
A Torino è stato occupato Palazzo Nuovo e fermata la didattica. Proteste a Padova seguite da cariche della polizia, dura la reazione anche a Pisa dove sono state bloccate diverse facoltà e, per alcune ore, la stazione ferroviaria e l´aeroporto. Anche a Siena ostruiti i binari mentre a Trieste, Salerno, Messina, Palermo, Perugia, studenti e ricercatori sono saliti sui tetti. A Roma un gruppo di manifestanti ha tentato di entrare a Palazzo Madama lanciando uova contro le vetrate del secondo ingresso gridando “Dimissioni dimissioni». Gli studenti bloccati dalla polizia si sono diretti poi a Palazzo Grazioli, sede del premier, e a Montecitorio dove era stato autorizzato un sit in. Al termine della giornata si contano diciotto feriti.
E i fatti di Roma sono quelli che scuotono i Palazzi della politica. «Oggi le istituzioni hanno vissuto un momento amaro. É la prima volta, da moltissimi anni, che si aggredisce in modo violento, riuscendo sia pur per pochi istanti a penetrare la sede della rappresentanza popolare imbrattandola con uova ed altri oggetti». È solenne e preoccupato il presidente del Senato Schifani quando riferisce in aula quello che è accaduto. Prima aveva detto «ci scappa il morto». Il tentativo di irruzione a Palazzo Madama, dice Schifani, impone una messa a punto dei sistemi di prevenzione. «Sicuramente dobbiamo migliorare i sistemi di sicurezza perché non vi è dubbio che quello che è successo poteva essere evitato». Una “ferita” alle istituzioni sottolineata dal senatore dell´Idv Francesco Pardi. «C´è stato un momento in cui il Senato non era protetto dalle forze di polizia. Abbiamo delle immagini riprese dalle finestre». Sulla mancanza di sicurezza non sono d´accordo però gli agenti: «É stato detto che non c´era il servizio d´ordine e chi ha impedito a circa duecento violenti di assalire il Senato?». É bene ricordare, dice un agente, «che noi abbiamo fatto scudo con le nostre persone altrimenti sarebbero entrati».
Non sono però le solite polemiche rituali, c´è preoccupazione e il timore diffuso che per caso o per scelta qualcosa di peggio possa accadere. «Non esiste una protesta legittima che sfocia in un atto di violenza. É evidente che si è trattato di provocatori ma credo che nessuno possa permettersi di minimizzare quanto è accaduto», dice il presidente della Camera Gianfranco Fini. Ed è dura la senatrice del Pd Anna Finocchiaro quando risponde al Pdl che aveva criticato la sinistra: «Il tentativo di mettere insieme l´attacco di un gruppo di violenti nei confronti del Senato, gesto che noi abbiamo condannato esplicitamente, con l´iniziativa di solidarietà presa dal segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, nei confronti dei ricercatori universitari è da irresponsabili».
E oggi si preannuncia un´altra giornata di mobilitazioni. Previste proteste al Polo di scienze sociali di Firenze dove saranno ospiti di un dibattito sull´immigrazione il sottosegretario Daniela Santanchè e il vicesindaco di Milano Riccardo De Corato
La Repubblica 25.11.10