Il ministro Mariastella Gelmini accelera sulla riforma universitaria, forzando tempi e regolamenti parlamentari. E nell’Italia attorno a Montecitorio, negli atenei ma anche nelle scuole medie superiori, cresce la protesta. Alla Camera è partita la discussione sul decreto legge con il ministro dichiarante: “Approvate la legge o le banche diventeranno i commissari degli atenei, tutti hanno deficit paurosi. Per questa riforma abbiamo un miliardo da spendere, cento milioni per il diritto agli studi”. L’Udc, dopo aver accettato il calendario forzato, ha annunciato voto contro (insieme a Pd, Idv e Sel). La Lega ha confermato la linea di governo, “anche se abbiamo una posizione critica”, ha puntualizzato Paola Goisis. Ago della bilancia in questa fase di maggioranza spaccata saranno i trentasei deputati di Futuro e libertà, che hanno imposto il loro ultimatum: il governo deve firmare i nostri due emendamenti o passiamo con l’opposizione. I finiani vogliono che la metà dei ricercatori in attesa (26 mila, stimano) abbiano una priorità nelle graduatorie universitarie e chiedono per gli assunti il ripristino degli scatti d’anzianità. “Sono pessimista”, dice il deputato Aldo Di Biagio. “E’ un braccio di ferro”, assicura il vicepresidente Fli Benedetto Delle Vedove. Oggi, se non passa la pregiudiziale di incostituzionalità presentata dal Pd, si inizia a votare un decreto tutto riscritto nell’ultima settimana con 34 emendamenti di maggioranza e 400 di opposizione (230 solo del Partito democratico). La maggioranza vorrebbe chiudere giovedì, ma poi si dovrà, comunque, tornare al Senato. E non si potrà fare prima di gennaio 2011.
Ma il mondo della conoscenza accoglie l’accelerazione politica sull’università accelerando la protesta. Domani presidio a Montecitorio dei ricercatori, a cui ha già aderito la Rete degli studenti universitari. I ricercatori, ecco, non hanno ancora dismesso un’azione di contrasto lunga solo in questa stagione tre mesi: sono 40 su 66 gli atenei in cui l’attività didattica è bloccata. In generale, l’agitazione studentesca nelle facoltà e nelle scuole cresce ogni giorno. Dopo la fase dei cortei della prima metà di ottobre, la mappa realizzata dalla Rete della conoscenza parlava di 100 scuole italiane in stato di fibrillazione. Ora, dopo l’ultimo giro (settanta cortei la scorsa settimana e pra l’approssimarsi del voto per l’università), i numeri sono raddoppiati: duecento siti scolastici in attività extra-scolastica. Assemblee straordinarie, didattica alternativa, autogestioni tout court. E in alcune facoltà da questa mattina i ricercatori hanno iniziato una protesta salendo sui tetti: ad Architettura di Roma, alla Statale di Milano e all’università di Salerno.
Torino e Palermo sono le due città di punta, ma occupazioni di licei si contano a Roma e Milano, a Messina, a Cosenza. Dopo il blocco del Politecnico di Torino nell’ondata d’ottobre, negli scorsi giorni gli universitari hanno occupato la Facoltà di matematica (Palazzo Campana), scintilla del ’68 cittadino. Oggi l’assemblea dell’intero ateneo rilancerà la lotta: “Bloccate tutte le facoltà d’Italia”. A scendere, sono sotto controllo degli studenti torinesi nove scuole: i classici D’Azeglio, Cavour e Gioberti, gli scientifici Copernico e Gobetti, Volta e Giordano Bruno, il liceo europeo Spinelli, l’istituto professionale Gobetti-Marchesini.
A Palermo, dove a inizio Novanta nacque il movimento della Pantera, la febbre è in crescita: ventun istituti sono in stato di agitazione. Dopo il Rettorato della Facoltà di Scienze politiche preso (e rilasciato) al giro del 14 ottobre, in queste ore si stanno aggiungendo facoltà e scuole. Lettere è occupata. E gli studenti del liceo classico Garibaldi hanno invaso la loro succursale. Ancora, si registrano gli scientifici Cannizzaro ed Einstein, gli artistici Catalano, Regina Margherita e Almeyda, il tecnico Pareto. Occupazione bianca (per non saltare le lezioni) al classico Meli: lezioni la mattina, assemblee il pomeriggio e quindi presidio notturno degli studenti. Al classico Umberto I la reazione del preside è stata dura: richiesta di sei in condotta per sedici maggiorenni e segnalazione di massa alla Digos (ci sono stati anche tre fermi). Due le facoltà occupate a Catania: Lingue e Lettere (quest’ultima sgomberata). Blocco delle lezioni nella facoltà di Scienze. Maratona di lezioni – e qui ci stanno anche i prof – a Farmacia, Medicina e Ingegneria.
A Bologna si è fermato lo scientifico Sabin. Poi c’è Roma, che quest’anno ha fatto registrare la prima occupazione d’Italia: Ingegneria alla Sapienza. In questa ondata tardo autunnale la protesta è scesa di grado e una decina di istituti ora sono occupati a corrente alternata: l’istituto superiore di Stato Machiavelli (appena liberata la sede distaccata), licei famosi come il Virgilio di via Giulia: hanno invitato a parlare Roberto Saviano. Poi ci sono il Talete, il Manara, il Tacito, il Platone. Il Colonna, il Mamiani e il Visconti sono stati fermati solo per due giorni, ma poi hanno trasformato la protesta in lezioni alternative concordate con gli insegnanti. Occupazione conflittuale all’Avogadro, al centro di una battaglia tra Forza Nuova (blocco totale) e l’autogestione della sinistra.
A Milano e provincia sono stati occupati i licei scientifici Volta e Cremona, così l’artistico Tenca. Autogestioni al Da Vinci, al Virgilio e al Parini. All’università di Pisa, liberato il rettorato preso in ostaggio il 13 ottobre, prof e studenti hanno deciso di sospendere per oggi l’attività didattica: “Vogliamo agevolare le iniziative di mobilitazione”. All’ateneo di Pavia oggi sarà occupato il rettorato mentre in cortile si costruirà – con elmetti in testa e stivaloni ai piedi – il castello dell’Altrariforma fatto di cartoni.
Tredici scuole triestine e la facoltà di Lettere di Trieste sono state liberate dopo le pressioni della Digos e alcune concessioni ottenute dal provveditorato. Alla Politecnica Marche di Ancona seguiranno le loro sorti alla Camera in diretta web, su maxischermii. Palestre occupate a Livorno, istituti superiori in provincia di Cagliari, quindi scuole di Empoli, Lucca, Prato.
(ha collaborato Sara Grattoggi)
La Repubblica 23.11.10