Cortocircuiti simbolici e simboli che fanno cortocircuito. Anche se poi, ridotti al grado zero della loro potenza evocativa, varrà la pena di considerarli per quello che sono realmente: marchi, loghi, contrassegni, materiali da sala congressuale o da scheda elettorale.
Pdl, Fli, Berlusconi presidente, oppure Fini, in entrambi i casi con lettere enormi: stessa concezione visiva, comunque, e iper-leaderistica; stesse formule da prodotto commerciale, tra l´olio per automobili e il supermarket; stesse vaghe denominazioni, mai che manchi la parola «libertà»; stessi colori acidi, con prevalenza del blu.
Stesse linee e ombreggiature che trovano il loro degno coronamento nell´immancabile nastro tricolore, a sua volta mutuato da quel fortunatissimo rotolone di carta igienica che svolazzava dotato di autonoma spinta propulsiva.
Giù le mani dal mio simbolo! Con disarmante regolarità s´impongono all´attenzione le scaramucce sulla più controversa titolarità. Ieri i finiani, carte alla mano, hanno messo in discussione quella del Pdl rivangando presunti atti costitutivi ed elenchi di pretesi intestatari; ma appena un mese fa si è venuto a sapere che zitti zitti e quatti quatti, due sconosciuti operatori aderenti alla Dc del sottosegretario Pino Pizza, che in materia di emblemi dispone di una certa praticaccia, avevano depositato all´Ufficio Brevetti lo stemma prematuro di Futuro e libertà; e, visto che c´erano, si erano impossessati anche dell´ipotetico appellativo che a quel tempo le cronache attribuivano all´eventuale «Partito della Nazione» di Casini.
Fattosi d´oro nel 2008 con il glorioso scudo crociato, e per questo in rapporti di mutua e sperimentata gratitudine con il Cavaliere, Pizza ha tuttavia preso le distanze dall´appropriazione non si sa quanto indebitamente eseguita dai suoi seguaci. E quindi li ha sospesi dalla sua micro-Dc, sia pure in via provvisoria, o cautelare, perciò rinviando la questione al verdetto dei probiviri.
Non si ha qui il cuore di sapere come è poi finita con l´evanescente tribunale del partitino, il sospetto è che non sia ancora finita, ed è quasi un eufemismo perché questo genere di dispute di norma proseguono per anni e anni tra rinvii, diffide, pronunciamenti e ricorsi, pure d´urgenza, fino a vivere di vita propria, non di rado ben al di là delle motivazioni che le hanno originate.
Ma nel frattempo, come si nota, il processo di attorcigliamento verso il basso sta imboccando strade anche piuttosto bizzarre, oltre che lastricate di cattive intenzioni. Per cui il sospetto è che così come ieri alcuni specialisti vicini al mondo berlusconiano erano in qualche modo riusciti a fare un simbolico e preventivo dispetto ai finiani, oggi questi ultimi hanno risposto emblematicamente rendendo la pariglia ai pronti squatter del Cavaliere.
Là dove, tra i due eventi, si può notare come l´usurpazione reciproca e incrociata, lo scippo simmetrico e scambievole nonché l´inganno capriccioso a somma zero costituiscono l´unica stralunata risorsa narrativa; ma in fondo anche una rimarchevole testimonianza di come l´odierna politica possa diventare vittima del suo stesso vuoto espressivo, oltre che programmatico e ideale.
È sintomatico in effetti come l´odierno ceto politico e di governo si agiti tanto per quegli sgorbi tipografici che non hanno storia né più scaldano il cuore se non ai professionisti, ai collezionisti, ai predoni e ai copioni di marchi.
Inutile dire che un tempo non era così, e che il vecchio armamentario di scudi crociati, falci e martello, fiamme tricolori e alla fine anche garofani, forse, comunque faceva leva e traeva energia dalle componenti pre-razionali, emotive e inconsce del vincolo politico e delle stesse appartenenze ai partiti che li mettevano sulle bandiere e in casi estremi anche nella bara dei militanti e dei leader, per l´ultimo viaggio.
Le aspre e anche buffe contese sull´eredità di tali utensili occupano gli anni 90, con grandi introiti per una classe di avvocati espertissimi, e in parte si concludono al cospetto di un paesaggio simbolico che a tratti sembra ricalcare un immaginario infantile si direbbe nutrito da cartoni animati: alberi, foglie, margherite, soli che ridono, arcobaleni, guerrieri con spadoni, bimbi che fanno il girotondo, asinelli, orsetti, gabbiani.
Ma quella fase sembra superata e ormai da anni si va per simboli come all´Ikea. Un giorno Veltroni dice verde, e il Pd si fa verde, poi arriva Bersani e dice che magari si potrebbe anche cambiare, forse ritorna l´ulivo, un germoglietto, forse no perché c´è chi non vuole. E intanto Fini si mette lì dentro, enorme, nel cerchio; e Casini pure, poi si toglie, ma l´altroieri era già ritornato con caratteri rosso fuoco; e Berlusconi vuole dare un altro sogno e allora anche lui sta per cambiare; ma non c´è nulla più che venga dal basso, che sarebbe anche un po´ la realtà. E l´arbitrio della meccanica e della liturgia post-simbolica indossa i sacri, intoccabili paramenti del marketing emozionale.
La Repubblica 23.11.10
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Guerra sul simbolo tra i finiani e Berlusconi
Tra finiani e Berlusconi è guerra sul simbolo del Pdl: per il Fli il premier non può usarlo perché appartiene anche a Fini. Casini: «Voteremo la sfiducia»Come in tutti i divorzi politici che si rispettino, scatta anche la guerra del simbolo. Italo Bocchino alza la palla: «Il nome e il logo del Pdl sono in comproprietà con Fini e Berlusconi non potrà usarli in caso di elezioni». Il capogruppo di Fli alla Camera si riferisce all´ipotesi di una nuova formazione politica che il premier avrebbe in mente di creare. Nome e simboli inediti. Bocchino però avverte: «La formula “vero centrodestra” è stata depositata da noi all´ufficio brevetti di Roma».
La guerra è fatta di colpi bassi , feroci punture di spillo. Sandro Bondi la interpreta proprio così attaccando: «Bocchino fa delle provocazioni da lite condominiale». Ma nella sede del Pdl vengono spulciate le carte, consultati gli avvocati. Alla fine la “sentenza”: «L´agenzia della Unione europea sui marchi conferma la nostra posizione. Il titolare del simbolo è Berlusconi».
Forse si arriverà alle carte bollate, com´è successo in passato. È quello che teme Fabrizio Cicchitto stupito da una «polemica senza senso». Bocchino rilancia: «Conta l´atto notarile, non la Ue. Berlusconi non può usare quel nome, che è in comproprietà, fino al 2014». A sorpresa spunta il sindaco di Terzigno Domenico Auricchio: «Il simbolo è mio e il titolare è solo il premier». Ma sono schermaglie di prova in vista del 14 dicembre, giorno della doppia fiducia. Fli mette nel conto anche un voto contro la riforma Gelmini sull´università se non verranno accettati i suoi emendamenti. «Berlusconi può uscirne solo aprendo una nuova stagione altrimenti sarà sfiduciato», dice Bocchino. Pier Ferdinando Casini scioglie il mistero dopo le sue parole di domenica su un possibile armistizio. «Siamo un partito di opposizione e il 14 voteremo la sfiducia», annuncia il leader centrista. Del resto la risposta di Pdl e Lega alla sua iniziativa era stata negativa. Gianfranco Fini critica il governo da un altro versante. Al convegno sulla sicurezza, organizzato dal Forum giustizia del Pd con Andrea Orlando, Marco Minniti e Emanuele Fiano, il presidente della Camera avverte: «La percezione di insicurezza negli italiani rimane. E la lotta alla criminalità presuppone risposte articolate senza ricorrere agli spot».
Il centrosinistra evoca scenari apocalittici per il dopo Berlusconi. «Sarà una sorta di dopoguerra per il Paese – è l´opinione di Massimo D´Alema -. Il bilancio del decennio berlusconiano è catastrofico. Noi saremo chiamati a compiti di ricostruzione». Si avverte chiaramente il richiamo al Cln anti-Cavaliere su cui dovrebbe poggiare il governo di transizione. Oggi Pier Luigi Bersani incontrerà Marco Pannella. I radicali, la scorsa settimana, avevano annunciato l´apertura di un dialogo con il Pdl, proprio alla vigilia del voto sulla fiducia. Emma Bonino chiarisce: «Non abbiamo avviato nessuna trattativa per i voti dei 6 deputati radicali alla Camera. La crisi del governo mi pare manifesta. Ma sono contenta che la nostra iniziativa abbia smosso l´inerzia del Pd».
(g.d.m.)
La Repubblica 23.11.10