I restauratori: “I posticci non si usano più”. Il ministero: integrazioni regolari. I tecnici: cambiata l´originaria espressività dell´opera. “Era meglio spendere quei soldi per un restauro”. È bufera sul gruppo marmoreo con Marte e Venere ritoccato nel cortile di Palazzo Chigi per ordine di Berlusconi che ha fatto aggiungere le mani alla dea e la destra e il pene al suo compagno. Proteste per la metodologia seguita e per la spesa di 70mila euro in periodi di tagli draconiani alla cultura da parte dei restauratori, dei sindacati e del Pd che attacca il ministro Bondi: «Ancora una volta – accusa il deputato Manuela Ghizzoni – siamo davanti ad un ufficio ministeriale che si piega ai capricci e alle manie del premier».
Dopo la denuncia di Repubblica, si difende il ministero guidato da Bondi spiegando che per le integrazioni sono stati adottati «materiali reversibili», ricostruzioni in resina fatte aderire ai punti di frattura dell´originale tramite magneti «con risultati rispondenti all´etica della disciplina del restauro». E cita «la Carta del Restauro del 1972», che all´articolo 7 ammette «aggiunte di parti accessorie in funzione statica e reintegrazione di piccole parti storicamente accertate»: fattori assenti nel caso del gruppo di Marte e Venere, di cui non esistono copie né statue analoghe coeve. La richiesta del premier – aggiunge il Mibac – è stata «in parte accolta» dalla Soprintendenza di Roma «che si è mossa facendo ricorso a metodologie e soluzione tecniche per la prima volta applicate su di una scultura di età classica».
C´è il trucco ma è removibile e autorizzato. Anche per l´architetto di fiducia di Berlusconi, Mario Catalano, le protesi sono «risarcimenti regolari che servono a far vedere l´opera compiuta come era stata fatta quando è stata scolpita».
Ma gli addetti non sono d´accordo. Un intervento che «non si deve fare in assenza di una documentazione attendibile, come un disegno o un´incisione dell´opera. E poi, se sono coinvolti elementi che danno espressione al corpo – mani, occhi o naso – è bene astenersi: il rischio è cambiarne l´espressività originaria», commenta Lidia Rissotto, restauratore dell´Istituto superiore per la conservazione e il restauro. Che contesta anche il fondo dietro la statua «che avrebbe bisogno di aria e non di qualcosa che la appiattisce». Ed è perplessa dai costi: «In un momento critico per i beni culturali quei soldi li avrei destinati a un restauro conservativo – continua – far comprendere il valore della prevenzione e della manutenzione delle opere deve essere una priorità, più che applicare un maquillage che rispecchia i valori di una società che non accetta il passare del tempo».
«Le ricostruzioni non fanno parte dei criteri applicati oggi al restauro», commenta Gisella Capponi, direttore dell´Istituto superiore per la Conservazione e il Restauro. «L´intervento non mi convince: è un divertimento che non rende giustizia a quell´opera», taglia corto Carla Tomasi, presidente ARI (Associazione restauratori d´Italia). «Un´integrazione in controtendenza» per Carla Bertorello della cooperativa Cbc (Conservazione Beni Culturali). «Un conto sono gli interventi di Bernini o alcuni restauri storici dei musei vaticani, ma dal ‘900 prevale la tendenza a togliere» e la bolla come «una spesa elevata per assecondare un capriccio». Andrebbero denunciati i responsabili delle applicazioni, dice la Uil Beni culturali che chiede un´ispezione e l´intervento della Corte dei Conti. «C´è da chiedersi – dichiara Gianfranco Cerasoli – se il Comitato tecnico scientifico per i Beni Archeologici è stato interessato da una operazione che ha visto l´impiego di risorse umane (12 unità) e risorse economiche consistenti per una operazione di cattivo gusto che getta un´ombra sulla autonomia dei tecnici del Mibac tranne che non siano stati “costretti a eseguire” una simile operazione».
La Repubblica 19.11.10
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“Il direttore dei Musei vaticani Paolucci: lavori senza criteri”, di Orazio La Rocca
“Peccato che nessuno abbia detto no al premier”. Interventi del genere non si fanno più da secoli: hanno falsificato un´opera. «Un restauro così io non l´avrei mai fatto. È un intervento privo di qualsiasi criterio, tecnico, culturale e scientifico, legato alla salvaguardia delle opere d´arte». È netta la bocciatura del professore Antonio Paolucci, direttore dei Musei vaticani e sovrintendente ai beni culturali della Santa Sede, sul discusso intervento di restauro sulle due statue di epoca romana esposte a Palazzo Chigi. «Un intervento a dir poco discutibile che ha falsificato l´originario splendore di un complesso scultoreo che meritava di ben altre attenzioni».
Professor Paolucci dove hanno sbagliato i restauratori della Venere e del Marte che il premier Berlusconi ha voluto esporre nella sede del governo?
«Interventi di questo genere, con l´aggiunta di parti mancanti come la mano della Venere e il pene di Marte, non si fanno più da secoli. Aggiungere parti nuove ad una statua antica significa falsificare l´estetica dell´opera per “camuffarla” agli occhi dei visitatori. In ogni scuola e laboratorio di restauro ormai è risaputo che gli interventi postumi, sulle statue o sugli edifici, devono essere sempre realizzati in maniera chiara e visibile».
Dopo il crollo di Pompei, il restauro fasullo. Non è proprio un buon momento per il patrimonio artistico del nostro paese.
«Mi limito a constatare che interventi di questo genere non vanno fatti mai. I beni culturali sono patrimoni universali che vanno preservati con grande attenzione, amore e competenza. E non posso che meravigliarmi che su un complesso scultoreo di grande valore, come il Marte e la Venere di Palazzo Chigi, ci sia stato un intervento di restauro tanto discutibile. Spero solo che si tratti di un intervento reversibile, cioè che le due statue possano essere riportate a come erano prima».
Come mai proprio in Italia si commettono errori così evidenti su una materia tanto delicata?
«Sono certo che in nessun laboratorio di restauro italiano si fanno interventi simili. Se un lavoro tanto discutibile è stato fatto a Palazzo Chigi evidentemente c´è stato un preciso intervento dall´alto, vale a dire del premier, che ha imposto ai restauratori di ricostruire le parti mancanti alle due statue. Immagino che la richiesta sia stato tanto decisa che nessuno se l´è sentita di dire di no. Peccato».
La Repubblica 19.11.10
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“L´esperto Forcellino: cancellata una tradizione di 500 anni”, di Paola Coppola
“Un atto di violenza danno enorme per l´arte”. Persino Michelangelo non si riteneva all´altezza di intervenire sul braccio del Laocoonte.
«Sono protesi oltraggiose, un danno enorme per le statue e per l´arte e un intervento che umilia i restauratori e il restauro in Italia». Antonio Forcellino trasecola davanti al gruppo marmoreo “ritoccato” per assecondare il gusto del premier. Nella sua trentennale carriera ha lavorato al restauro della collezione di scultura romana del Museo di Paestum e, precisa, «mai mi sarei sognato di fare un intervento simile su quelle statue. È inconcepibile sui capolavori della scultura classica».
Perché?
«Persino Michelangelo non si riteneva all´altezza di intervenire per integrare il braccio del Laocoonte. L´aggiunta di mani e pene mortifica il lavoro di 500 anni. Sarebbe terribile e pericoloso se questo comportamento diventasse abituale, una tendenza».
Come valuta gli interventi fatti?
«In genere si evitano anche su piccoli oggetti, come un pezzo di polpaccio, né si fanno se esiste un calco fedele dell´originale o una replica identica. Anche sulle foto poi si vede che la mano di Venere è goffa mentre in assenza di un pezzo lasciare spazio per l´immaginazione reintegra l´opera».
Che ne pensa del fondale azzurro dietro la statua?
«Un qualsiasi pannello che decontestualizza la scultura è un atto di violenza. Non si può piegare in questo modo ciò che abbiamo di più pregiato».
È una scelta che danneggia l´immagine della nostra scuola di restauro all´estero?
«La considerazione di cui godiamo sta scemando. Solo 10 anni fa la possibilità di introdurre il calco di un capitello nel Tempio di Vesta suscitava dibattiti accesi, oggi tutto avviene in silenzio. Il restauro è una pratica dove il rigore teorico ha immediate conseguenze sulla conservazione materiale e i restauratori devono essere un presidio per la cultura».
Il Mibac ha confermato che le integrazioni sono reversibili.
«È un´ipocrisia: anche se è minimo qualsiasi elemento posticcio danneggia il marmo e la reversibilità è legata a ulteriori interventi. Su opere così preziose si deve fare solo quello che è necessario alla conservazione. Abbiamo soprintendenze che non ti facevano spostare neanche una pietra: mi verrebbe da chiedere al ministro e alle soprintendenze se sono cambiate le regole, se così è ci adegueremo».
La Repubblica 19.11.10
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