Cominciamolo a dire: giù le mani da Giorgio Napolitano. Cominciamolo a dire, sì. Perché questo sarà un pezzo forte previsto dal copione della crisi politica. La destra ferita a morte scaglierà i suoi dardi avvelenati contro il Quirinale giungendo probabilmente a quell’urto finale che sin qui si è sempre trattenuta dal dover azzardare, dovendo puntualmente prendere atto della sua inferiorità politica e morale dinanzi al primo cittadino del paese.
I tamburi già rullano. C’è il Cavaliere, innanzi tutto, con i suoi messaggi obliqui riferiti dai giornali, «non credo che Napolitano dirà sì ad un governo tecnico», e poi Calderoli che grida ad un «golpe» che legittimerebbe una «rivolta»: e infatti da qualche giorno circolal’ipotesi di un raduno leghista a piazza del Quirinale.
Lo vogliono intimidire. Vogliono annullarne le prerogative. Vogliono impedirne l’esercizio di un preciso diritto-dovere: quello di garantire il corretto funzionamento dei principali organi costituzionali, il parlamento e il governo considerando che essi non stanno funzionando – e Ruby non c’entra niente – ormai da mesi, in una situazione che non ha eguali nel mondo occidentale.
Il governo non si è ancora dimesso ma la crisi è virtualmente aperta. Siamo nella fase in cui tutti gli attori politici scelgono la posizione più conveniente in attesa del dopo-Berlusconi, si aspettano gli sviluppi di un’agonia che non potrà che finire. Può darsi che la tirino per le lunghe, con danno per il paese, ma più di tanto non potranno fare.
A quel punto al presidente della repubblica toccherà il non invidiabile compito di gestire una fase diversa secondo le procedure stabilite dalla Costituzioni e il suo personale scrupolo sempre al servizio degli interessi della democrazia italiana. Immaginiamo fin da ora che Giorgio Napolitano sarà come sempre imparziale ma non passivo, cauto ma vigile, non farà forzature ma nemmeno sarà il notaio della crisi. Andrà lasciato lavorare, uno come lui.
da Europa Quotidiano 02.11.10