Ormai è diventato un tormentone nazionale: il Fas che fa da bancomat per ogni esigenza di finanza pubblica, il Fas che manda sotto il governo alla Camera per l’ennesima volta, il Fas che divide il paese fra nord e sud ma dovrebbe pure fare da fondo di perequazione infrastrutturale per il federalismo, il vecchio Fas da riciclare e mettere a nuovo per finanziarci una bella fetta dell’ennesimo piano per il Mezzogiorno da 40 miliardi. Questo fondo per le aree sottoutilizzate continua a dividere, senza per altro riuscire a produrre effetti concreti sull’economia. Le percentuali di utilizzo effettivo dei fondi restano minime, se è vero che a dieci anni dal lancio del programma 2000-2006, più del 30% dell’importo totale di 19 miliardi assegnato alle regioni è totalmente bloccato su opere che stanno a un livello di realizzazione oscillante fra zero e 10 per cento. A oggi di quel piano è stato speso meno del 40 per cento. Quanto al programma 2007-2013 era e resta fermo all’istruttoria tecnica, non è mai andato al Cipe, se si fa eccezione per i 4,3 miliardi della Sicilia, che per altro non hanno cassa. Non va molto meglio ai fondi comunitari, spesi al momento per meno del 9 per cento.
Da cinque mesi il ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, prova a mettere insieme un piano per il Sud centrato soprattutto sul riutilizzo delle vecchie risorse bloccate. Non un euro nuovo da parte del Tesoro, ma una cassa con il contagocce sui nuovi piani Fas 2007-2013 e il recupero delle risorse non spese in passato. Soprattutto quelle dei fondi Ue, legati ai «progetti sponda», sono appetibili perché risorse vere, di cassa: Fitto stima che possano tornare così almeno 5.336 milioni. Altri 13.119 milioni potrebbero tornare dalla programmazione Fas 2000-2006 ma queste sono risorse di competenza che non hanno una cassa propria.
L’operazione di riprogrammazione è in linea con la posizione del governo sulle infrastrutture: più risorse private e vecchie risorse incagliate, ma non c’è carburante nuovo. Il punto è che anche l’operazione di riprogrammazione, che si sarebbe dovuta fare rapidamente e che era sulla carta uno delle cinque priorità del governo, ha notevolmente rallentato, come tutta l’azione dell’esecutivo: la partita irrisolta della giustizia blocca le altre priorità e l’esame del consiglio dei ministri si allontana. Nella partita del Fas conta poi la posizione dei governatori che dovrebbero condividere il piano sud, se non all’unanimità, almeno a maggioranza. Ma il confronto informale già avviato da Fitto non si traduce in un confronto sostanziale: pesano le tensioni sul fronte del federalismo e quelle ancora non superate dei tagli della manovra estiva.
Il Sole 24 Ore 31.10.10