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Poca sinistra o poco centro? Il sondaggio di Ballarò scuote il Pd", di Maria Zegarelli

Rilevazione Ipsos: Partito democratico al 24%. Franceschini:
«Colpa delle divisioni». I veltroniani all’attacco. In un clima da pre-vacanza lunga, causa paralisi del varo delle leggi per mancanza di fondi, a Montecitorio il tema del giorno tra i democratici è quel sondaggio dell’Ipsos illustrato martedì sera
a Ballarò che blocca il Pd al 24,2%, il Pdl al 29%, Sel di Vendola poco sopra il 6% ma comunque avanti all’Udc che quella cifra la centra in pieno e l’Idv all’8,3%. Se la maggioranza è al chiodo perché il Pd non avanza? è la domanda delle domande.
A stemperare il dato che positivo non è arriva un sondaggio Swg, a cuimhanno risposto 20mila persone, che fotografa l’umore interno agli iscritti Pd dopo un anno di segreteria Bersani:
i favorevoli alla nascita del partito nuovo sono il 94%, un balzo in
avanti notevole rispetto all’87% di un anno fa, più che dimezzati gli sfavorevoli che sono passati dal 13% al 6%.Restano da convincere tutti coloro che oggi non saprebbero a chi dare il proprio voto in caso di elezioni.
Le reazioni al sondaggio Dario Franceschini davanti ai dati Ipsos invita alla calma, «non si possono inseguire i sondaggi tutte le settimane», anche perché, osserva Antonello Giacomelli, «al voto la gente rifletterà e credo che il Pd faccia bene a tenere
questa linea». Franceschini annota che il dato, finora, ha riguardato «tre segreterie», nessuno escluso. «È un ordine di grandezza che va avanti dadue anni – dice -, come confermano i
risultati delle europee e delle regionali e che dimostra che bisogna lavorare sodo. La base per crescere è un partito che non si divide al suo interno e lavora come una squadra». Il pensiero va al documento dei 75 di Veltroni- Gentiloni-Fioroni da cui è nata la rottura dentro Areademocratica. E infatti, il veltroniano Stefano Ceccanti prende le distanze dalla maggioranza: «La progressiva erosione è il prodotto della scelta di concentrare il dibattito sulle alleanze e la coalizione disperdendo la nostra capacità propositiva.
Oggi – aggiunge – si sta creando un sistema simile a quello dei Ds, alleati a destra con la Margherita e a sinistra con Rifondazione e siamo a percentuali da Ds». Antonello Soro,
Areadem, torna a chiedere un cambio della classe dirigente: «Il segretario deve accompagnare lo sforzo delle ultime settimane con un generoso rinnovamento». Niente a che vedere con la rottamazione che propone il sindaco di Firenze Renzi, che ieri è tornato a invitare Veltroni e D’Alema a non ripresentarsi più
alle elezioni e a ripiegare sulle rispettive Fondazioni, «quelle sono
tutte sciocchezze», liquida Soro, secondo il quale, però, un partito che vuole guidare una coalizione non può attestarsi al 24%. «Idee nuove e teste nuove», chiede Alessandro Maran, tra i 75, mentre Beppe Fioroni, annota un calo di 10 punti dal 2008: «Dobbiamo lavorare su quel 40% di indecisi avendo il coraggio di essere un soggetto riformatore di centrosinistra, senza essere ossessionati da quei consensi che alla nostra sinistra si frammentano e non si ampliano».
Dialogo a sinistra, si o no?
Idem Marco Follini vede nello sbilanciamento del dialogo a sinistra
una delle cause del mancato balzo in avanti del Pd. «È evidente che la spinta a sinistra non fa lievitare il consenso al Pd. Non vorrei che in questi numeri si stesse scontando l’effetto Vendola». Dal Senato commenta anche Nicola Latorre: «Inviterei
a fare analisi con maggiore serenità senza cercare di tirare i sondaggi a sostegno delle proprie tesi.
Il Pd deve assumere come centrali le questioni che più riguardano i cittadini con una propria prospettiva per il Paese, come abbiamo iniziato a fare a Varese e come dovremo fare con maggiore forza all’Assemblea nazionale di Napoli». Michele
Meta, vicino a Ignazio Marino, ritiene «opportuno, invece di puntare il dito e tirare ognuno fuori dal cassetto una ricetta infallibile, lavorare agli ingredienti per dare corpo ad una proposta riconoscibile e credibile».

L’Unità 28.10.10

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