La road map del Pdl per evitare l´esecutivo tecnico. A Via del Plebiscito puntano ad abbinare il voto politico con quello amministrativo. Palazzo Chigi abbandona l´idea di una “fase due” del centrodestra
Più che una strategia, è una constatazione. «Così non si va avanti, non riusciamo a fare nulla. Tanto vale tornare a votare». È passato quasi un mese da quando Silvio Berlusconi, il giorno del suo compleanno, ottenne un´ampia maggioranza alla Camera e al Senato. Ma il sogno di una ripartenza, di una fase due del governo, è già archiviato.
Complice un´influenza che lo ha costretto a letto, il Cavaliere ieri ne ha approfittato per tenersi alla larga da Roma, dove ormai gli sembra di «affondare ogni giorno in una vera palude». Tutto è fermo, il Parlamento non lavora, i ministri si sentono commissariati da Tremonti, le riforme non vanno avanti, il Pdl sbanda. In più, come ha confessato ieri con stizza a chi è andato a trovarlo ad Arcore, i magistrati «usano sempre due pesi e due misure» e colpiscono «sempre da una parte sola». «I pm – si è sfogato – hanno salvato Fini». È questa la lezione che Berlusconi ha tratto dal doppio schiaffo ricevuto ieri: da una parte l´archiviazione della vicenda di Montecarlo, che libera Fini dal fardello che gli era stato caricato sulle spalle, dall´altra la nuova inchiesta sulla presunta minorenne «marocchina», che ha fatto imbestialire il premier. «Due pesi e due misure: Fini, guarda caso, è l´unico politico di cui non si è saputo che fosse indagato. Altrimenti si sarebbe dovuto dimettere. Mentre quelli della nostra parte vengono sputtanati sui giornali prima ancora che i pm li avvertano di essere inquisiti».
Berlusconi è un fiume in piena. Vorrebbe ribaltare il tavolo e mettere Fini sotto i cingoli della nuova macchina da guerra – i team della libertà – su cui stanno lavorando pancia a terra i suoi uomini. Sulla possibilità che i finiani gli votino il lodo Alfano, ormai nutre poche speranze. Persino un prudentissimo Alfredo Mantovano, sottosegretario agli Interni, ieri è stato costretto ad ammettere che il clima è diventato pesante e quindi «si andrà a votare in primavera». Il tempo stringe. Anche perché i consiglieri di Berlusconi, studiando il calendario, si sono convinti che sia gennaio il mese più propizio per aprire una crisi. Senza attendere le amministrative di maggio, terreno da sempre sfavorevole per il centrodestra. «Le amministrative – osserva uno degli “spin doctor” berlusconiani – si terranno l´8 maggio, con i ballottaggi due settimane dopo. Ma, se aspettassimo fino a metà maggio, non ci sarebbe più tempo per andare alle politiche. A quel punto proverebbero davvero a fare il governo tecnico».
Il Cavaliere sa che il piano per sostituirlo con un premier scelto proprio nelle file del Pdl – i suoi informatori indicano Beppe Pisanu – è in fase avanzata di studio. Sospetta l´esistenza di una rete trasversale all´opera per scalzarlo. E non l´ha certo rassicurato la reiterata presa di posizione di Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, contro le elezioni anticipate. «Non possiamo permetterci una campagna elettorale disastrosa in un momento come questo». Ma Berlusconi è ancora convinto di potersi opporre con efficacia al progettato esecutivo di transizione. «Nel caso ci provassero – osserva minaccioso Maurizio Gasparri – prevedo un robusto…confronto parlamentare, diciamo così. Non si dimentichino che il Pdl è ancora forte sia nelle istituzioni che nel Paese». Persino nel centrosinistra non si nascondono le difficoltà di un´operazione di questo tipo. Massimo D´Alema lo ha spiegato in queste ore a un amico che gli chiedeva quale sarebbe stato, nel caso, l´atteggiamento del Quirinale: «Napolitano vuole un accordo chiuso sulla legge elettorale, con le firme di chi ci sta. Altrimenti non se ne fa niente». Una condizione per nulla semplice viste le mille ricette diverse sulla legge elettorale tra Udc, Fli e Pd. Inoltre il Cavaliere, per sventare il progetto, è intenzionato a riaprire la porta a Casini: «A Pier gli conviene stare in un´armata Brancaleone con altri leader cinquantenni come lui?».
La Repubblica 27.10.10