Franceschini: nessuno può mettere veti su questa emergenza. I leader di Udc e Fli non potranno mai essere autosufficienti. E tra di noi non ci devono essere posizioni immodificabili.
Dovrebbe formarsi una sorta di “governo delle regole” che ricostruisca un sistema basato sul valore della legalità. «Il Terzo polo di fatto esiste già. Nasce a prescindere dai nostri giudizi». Di ritorno da Cortona, dove si è tenuto il seminario di Area democratica, Dario Franceschini conferma la linea del dialogo con il nuovo soggetto. E l´idea di un´alleanza costituzionale da costituire prima in Parlamento per un governo di transizione, se ci sono i numeri. Altrimenti nelle urne. Per contrastare Berlusconi e vincere.
Siamo certi che gli elettori del Pd capiranno questa formula?
«Dopo 16 anni di ragionamenti su alleanze che si svolgono solo nel nostro campo capisco le perplessità. Ed è giusto spiegare bene le ragioni di un cambio di prospettiva. Dobbiamo avere il coraggio di guardare ad alleanze più ampie. Basterebbero i numeri. La coalizione più facile, ossia Pd-Idv-Sel, è poco sopra il 35 per cento. Lo dicono risultati elettorali e sondaggi. Se uno dei tre partiti cresce lo fa a discapito dei due alleati. Bene, quella cifra è ben lontana dal traguardo della vittoria».
Investire sul terzo polo è solo un problema di matematica?
«Il motivo è molto più ambizioso: chiudere la stagione del berlusconismo e preparare il Paese a un´alternanza di governo che avviene tra avversari rispettosi di un sistema di regole condiviso. La rottura tra Fini e Berlusconi e, prima, tra Casini e Berlusconi è avvenuta su questo terreno. Non solo sulle leggi ad personam, ma anche sul disprezzo del Parlamento, sui conflitti d´interesse, sulle cricche che piegano a loro piacimento le norme sulla Protezione civile. Un lungo elenco di capisaldi del berlusconismo ormai rifiutati sia da Fini sia da Casini».
L´alleanza con loro in un esecutivo di transizione sarebbe limitata alla riforma elettorale?
«No. Dovrebbe formarsi una sorta di “governo delle regole” che ricostruisca un sistema basato sul valore della legalità. E aiuti il ritorno a una fase di normalità per favorire una competizione secondo il modello bipolare».
E se alla caduta di Berlusconi seguissero invece le elezioni anticipate?
«La logica conseguenza sarebbe proporre comunque al Paese un´alleanza costituzionale, come ha scritto giustamente Scalfari su Repubblica di ieri, che fondi la sua azione sul rispetto delle leggi e delle regole ponendo fine all´anomalia di Berlusconi. Del resto, anche Casini e Fini non potranno mai essere autosufficienti. Devono scegliere se cambiare il Paese con noi o riconsegnarsi a Berlusconi».
Si vedono già i primi veti nel centrosinistra. Di Pietro considera Casini la faccia della «brutta politica».
«Mi rifiuto di credere che queste posizioni siano immodificabili. Basta il buon senso per capire che se siamo in un´emergenza democratica dobbiamo accantonare le discussioni sterili per dare una risposta d´emergenza. Il Terzo polo di fatto già esiste, la rottura nel Pdl non è più componibile. Questo soggetto nasce fuori dal nostro campo tradizionale. Non possiamo fare nulla per fermarlo. Sarà numericamente e politicamente determinante in un sistema di alleanze per vincere e affrontare un passaggio di transizione. Il buon senso prima o poi verrà accettato da tutti. Infatti, tra le forze del Nuovo Ulivo, Vendola ha già aperto uno spazio al centro».
Un´intesa con il Terzo polo comporta il sacrificio di Bersani come candidato premier?
«Mi sembra assurdo cominciare dalla coda. Se ci fosse un nuovo governo in questo Parlamento, la scelta di un nome spetterebbe al capo dello Stato. Per i passaggi successivi c´è ancora molto tempo. E noi li affronteremo guidati da Pier Luigi».
Che fine fa la stagione della vocazione maggioritaria di cui lei è stato un protagonista con Walter Veltroni?
«Chi ha delle responsabilità deve indicare la strada anche rischiando qualche incomprensione. Rivendico la straordinaria capacità innovativa del progetto disegnato nel 2008. Ma oggi siamo in un tempo diverso. Con la nascita di un terzo polo e il Pd al 26 per cento tutti capiscono che serve un sistema di alleanze».
La Repubblica 25.10.10