Fare i conti con la realtà di Auschwitz e della Shoah è un compito che ci sta davanti, che domina il nostro presente e dominerà il futuro della nostra specie. Si tratta di un peso insostenibile. È un passato che non passa: e che non deve passare se questo significa affidarlo al metabolismo illimitato di una storia come galleria degli orrori.
Né deve essere oggetto di comprensione, se comprendere significa giustificare. È la sua realtà storica che deve essere conosciuta. E questo è un compito immenso, appena avviato e sempre minacciato dal bisogno di sfuggire, di ridurre, di negare. È qui che si affacciano i «negazionisti» e i «riduzionisti»: termini orrendi. Preferiremmo parlare, con Pierre Vidal-Naquet, di «assassini della memoria». L´ultimo in ordine di tempo è un professore che si è appellato a una nozione notarile della storia: manca un atto con firma autografa di Hitler, dunque il dittatore nazista non è colpevole della Shoah. E forse Hitler non è nemmeno morto. E forse le leggi razziali fasciste sono state azzerate da quegli italiani che ci piace immaginare come brava gente. Prende così forma in un depresso e deprimente contesto italiano di barzellette antisemite e di rigurgiti razzisti e clerico-fascisti l´ennesimo caso di fuga dalla storia come verità verso una storia come proiezione delle illusioni del momento, falsificazione del certo e del documentato. Bisognerà forse cacciare quel professore dall´università, medita un ministro incapace di fornire a chi studia e insegna il minimo indispensabile di risorse. O non si dovrà punire per legge i negazionisti, come propone il presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici?
Diciamo subito che comprendiamo la reazione di sdegno e di sconforto dei membri della comunità ebraica romana. La tragica eredità di memoria che quella comunità reca nel cuore dei suoi membri ha trovato voce corale nelle testimonianze rese di recente dai suoi membri che la benemerita attività editoriale di Daniel Vogelmann con la sua «Giuntina» manda in libreria in questi giorni. Ma crediamo che si debba dissentire senza incertezze dalla proposta di affidare a una legge il compito di far rispettare la verità storica. Il principio della libertà intellettuale e l´inviolabile diritto di ciascuno a non essere punito per legge per le proprie convinzioni sono il frutto di secoli di lotte contro l´intolleranza e la censura di poteri religiosi o politici. Sarebbe una vittoria postuma dei regimi totalitari sconfitti al prezzo di un´immane conflitto mondiale se nella nostra repubblica democratica si dovesse ricorrere alla barriera del codice penale per difendere dalle deformazioni e dagli errori la verità storica. La verità della storia è tutelata quando esiste la tranquilla coscienza che l´indagine degli storici ha per oggetto il passato come realtà di cose accadute. È solo così che si reagisce alla cultura del falso e dell´apocrifo, alla fabbrica della propaganda e della disinformazione, alla confusione deliberata tra ricerca del vero e «fiction», alla riduzione della storia a racconto piegato a piacere a seconda delle convinzioni soggettive. La riduzione del lavoro degli storici a una costola dell´invenzione romanzesca ha conosciuto una moda diffusa nei decenni del tardo ‘900: prova se ce ne fosse bisogno che la malattia del nostro tempo ha una radice nell´incapacità di fare i conti con la realtà di Auschwitz. Una realtà talmente enorme e spaventosa da spingere a evitarla nei due modi opposti della negazione e della ritualizzazione retorica della memoria. Dobbiamo diventare consapevoli che quella realtà non è nata come un fungo, non è un tumore che può essere escisso isolandolo da tutto il percorso che lo ha generato o circoscrivendolo cautelosamente con una norma di legge. Non è né col codice penale né coi «giorni della memoria» che si fa fronte alla pulsione a ripetere gli errori del passato o addirittura a farne l´apologia. I rigurgiti di antisemitismo che affiorano ogni giorno in Italia si curano con la volontà di fare i conti con la realtà storica di qualcosa che ci appartiene, che è stato generato dal profondo della storia europea ed è stato portato all´ultima maturazione dall´Italia fascista e dalla Germania nazista. Ed è tanto più urgente farlo in un paese come il nostro, dove la rinascita repubblicana non ha avuto la forza necessaria per affrontare in radice le responsabilità del passato e rendere giustizia alle vittime. Una giustizia che coincide con la verità. La storia come ricerca del vero e la memoria come dimensione del ricordo sono realtà diverse: ma vivono quando sono legate insieme da una tensione speciale. C´è stato il tempo dei testimoni, dei superstiti . E poi c´è stata la verità delle carte. Oggi è il tempo di scegliere con decisione la via giusta per opporsi alla minaccia della distruzione della memoria. Lo storico Michele Battini ha parlato in un libro recente della condizione di «estrema solitudine» in cui oggi gli ebrei italiani e non italiani affrontano il ricordo della Shoah. E ha ricostruito la lunga elaborazione di un falso, quella leggenda del «complotto ebraico» che fu la premessa del complotto vero, quello destinato alla distruzione degli ebrei come obbiettivo primario del nazionalsocialismo e del fascismo. Ma c´è anche una solitudine di chi indaga la verità storica coi poveri mezzi e con l´asfittica burocrazia di una università in gravissima crisi. Compito del governo di un paese democratico non è quello di cacciare dall´Università un povero untorello del negazionismo ma quello di ridare slancio alla ricerca e speranza di futuro ai giovani . Oggi abbiamo bisogno di tutta la loro intelligenza per fare i conti con la storia che ha prodotto Auschwitz: la nostra storia.
da www.repubblica.it
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«Negazionismo, coro di sì a Pacifici Letta: in campo anche il governo», di Paola Coppola
Schifani e Fini: corsia privilegiata per una legge che lo punisca. Numerose iniziative per il 67esimo l´anniversario della deportazione degli ebrei romani
ROMA – Presto una legge per punire chi nega la Shoah e introdurre in Italia il reato di negazionismo. Una risposta concreta a chi diffonde tesi che mettono in dubbio l´esistenza delle camere a gas o contesta i dati dello sterminio nazista. Alla vigilia dell´anniversario della deportazione degli ebrei di Roma, il 16 ottobre del 1943, i presidenti di Camera e Senato e politici di ogni schieramento hanno risposto all´appello lanciato dalle pagine di Repubblica dal presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici. «Potremmo prenderci tutti noi l´impegno fino al 27 gennaio prossimo (la Giornata della Memoria, ndr.) di mettere nero su bianco un testo di legge sul negazionismo da far discutere e approvare dal nostro Parlamento», ha suggerito dopo l´ennesimo episodio di una lezione che metteva in dubbio l´Olocausto davanti agli studenti dell´ateneo di Teramo. Una legge come «ultima chance» per fermare la deriva negazionista che trova spazio soprattutto su Internet, e in linea coi provvedimenti adottati in paesi come Germania, Austria e Francia.
Occorre «contrastare le voci» che offendono la storia e «la sofferenza di chi ha visto sparire i propri cari» e il governo «non lascerà nulla di intentato perché prevalgano sempre la verità e la storia», si legge nella lettera che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, ha inviato a Pacifici in occasione dell´anniversario del rastrellamento e della deportazione di oltre 1000 ebrei romani, tra cui 207 bambini, da parte delle truppe naziste. Pronto a calendarizzare in fretta la discussione su un eventuale ddl il presidente del Senato, Schifani. Così il presidente della Camera, Fini, che sensibilizzerà «i gruppi parlamentari affinché possano assumere al più presto ogni iniziativa legislativa per contrastare gli irresponsabili profeti del negazionismo». Tante adesioni arrivate dal Pdl, anche per una scrittura rapida del testo. «Pronto a mettermi al lavoro per una risposta operativa», ha annunciato Carlo Vizzini, presidente della Commissione Affari Costituzionali; Maurizio Gasparri vuole incontrare Pacifici per definire i contenuti del ddl, voluto anche dall´opposizione. «Qualsiasi iniziativa volta a tenere viva la memoria va sostenuta» per il vicepresidente del Senato, Vannino Chiti. «Quelle norme, davanti anche ai segnali allarmanti di un nuovo antisemitismo, vanno discusse presto e approvate», per Walter Veltroni. A favore della legge si è impegnato Fassino. Il leader dell´Idv, Di Pietro: «Gli ultimi vergognosi episodi confermano la necessità e l´urgenza di norme contro questa deriva pericolosa». D´accordo con l´introduzione di un nuovo reato Rutelli: «C´è ancora chi si ostina a non comprendere l´unicità della Shoah paragonandola ad altri eventi tragici della storia moderna». Favorevoli il presidente della Regione Lazio Renata Polverini, come Gianni Alemanno. Davanti a chi nega la Shoah – ha chiarito il sindaco di Roma – «le autorità amministrative e politiche sono costrette a prendere provvedimenti estemporanei. Non è accettabile perché il negazionismo non può essere presentato come una opinione o una qualche forma di revisione critica della storia».
da www.repubblica.it