È sospeso l’esame del disegno di legge per l’università. Riprenderà solo dopo la sessione di bilancio e comunque non prima di dicembre, per poi andare al senato in terza lettura.
Ieri non c’è stato neppure l’inizio del dibattito. La conferenza dei capigruppo ha confermato il programma già stabilito su richiesta del Pd. La scomposta iniziativa della Gelmini ha messo inutilmente in tensione il mondo universitario facendo perdere tanto tempo in discussioni inutili sul calendario. Che questo fosse l’unico metodo da seguire era già stabilito dal buon senso e dal rispetto dell’articolo 81 della Costituzione, ma ora la dimostrazione più eloquente è venuta proprio dalla brutta figura del ministro sull’emendamento per i concorsi da associato, al quale il ministero dell’economia ha dato parere negativo in commissione bilancio.
Il contrasto fra Tremonti e Gelmini conferma che avevamo ragione noi, che perfino il governo non riesce a lavorare se prima di approvare le norme non si definisce il quadro finanziario.
Ora l’università è libera dal ricatto del governo che aveva imposto l’approvazione della legge come condizione di una vaga promessa di finanziamenti in futuro. Nella sessione di bilancio ci batteremo per eliminare i tagli e anzi per aumentare le risorse. Avanzeremo proposte precise chiedendo provvedimenti coraggiosi per finanziare l’università. Si può cominciare a intaccare le rendite finanziarie oppure vendere le frequenze che si liberano con la transizione al digitale, mettendo così a disposizione miliardi di euro nei prossimi anni.
In ogni caso Tremonti non potrà continuare a imbrogliare le carte, sa bene che è obbligato a mettere i soldi per garantire la sussistenza degli atenei.
Ha giocato una brutta partita a poker facendo intendere che erano pronti a chiudere le università italiane e la minaccia è apparsa credibile perché la destra riesce a intimidire la gente e perché la gente si aspetta le cose peggiori da questa destra. Ma neppure la Lega e il Pdl possono permettersi di arrivare a tanto e saranno costretti alla fine a stanziare i finanziamenti necessari.
Ora è possibile discutere sul merito della legge. Spenderemo il tempo disponibile per spiegare gli effetti concreti che avrebbe l’approvazione del ddl. L’attuazione in contemporanea di 500 nuove norme e di 1000 regolamenti produrrebbe la paralisi di qualsiasi attività nei prossimi anni. Ciò è già successo per un provvedimento assai più contenuto come il decreto 180 del 2008 che ha modificato le regole concorsuali. Era stato annunciato come la panacea meritocratica e ha avuto solo l’effetto di complicare le procedure già in corso, tanto che in due anni nessun concorso si è ancora concluso.
Per costruire il ricatto hanno stabilito che quelle regole non si potessero usare per i concorsi futuri. In questo modo hanno creato artificiosamente un vuoto legislativo finalizzato a ottenere dalle burocrazie accademiche un consenso incondizionato sul disegno di legge. Ora che la sua approvazione è rinviata di mesi non si può mantenere l’università bloccata.
Chiederemo quindi la proroga delle procedure concorsuali del decreto 180, che ormai sono conosciute dal sistema universitario e potranno essere gestite più agevolmente. Il governo non dovrebbe avere alcuna ragione per rifiutarsi di prolungare la validità di quelle norme che ha portato a suo tempo con tanto entusiasmo all’approvazione del parlamento.
Insomma il ricatto deve finire non solo sui finanziamenti ma anche sui concorsi.
Potremo allora tornare a chiederci che cosa significa riformare davvero l’università. In campo non c’è solo la legge del governo, c’è anche la soluzione alternativa del Pd, già illustrata nel precedente messaggio del 5 febbraio 2010 (a proposito, per un errore informatico in quel documento è saltata l’ultima parola “gratuita”).
Sulla base delle osservazioni che abbiamo ricevuto proporremo un testo più avanzato. La nostra proposta va nella direzione opposta a quella del governo cancellando norme invece di aggiungerne di nuove e affidando la regolazione del sistema a una rigorosa valutazione dei risultati. Su questa base si affrontano gli altri problemi: lo sviluppo del welfare studentesco, l’accesso dei giovani alla ricerca, le carriere all’interno del nuovo ruolo di professore universitario. Avremo modo di approfondire questi argomenti. L’università ora è libera di discutere sul proprio futuro.
da www.europaquotidiano.it