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«In tre vincono il Nobel per l'economia paladini della lotta alla disoccupazione», di Roberto Petrini

Il premio va a Diamond, Mortensen e Pissarides

ROMA – Stoccolma sceglie il lavoro e guarda ai 210 milioni di disoccupati lasciati sul campo dalla Grande Recessione. La «terna» degli economisti insigniti ieri con il premio Nobel (creato nel 1969 e finanziato dalla Banca centrale svedese, la Riksbank), è composta da due americani e un anglo-cipriota, che partecipano al medesimo progetto di ricerca che ha come priorità l´occupazione. Si tratta di Peter Diamond (1942), il maestro, che insegna al Mit, e dei due suoi seguaci, Dale Mortensen (1939) della Northwestern University e Christopher Pissarides (1948) della London School of Economics.
Nomi poco conosciuti al grande pubblico ma assai attivi sul problema del momento: perché di fronte alla ripresa economica la disoccupazione resta alta? Nel dibattito degli ultimi mesi, soprattutto da parte della destra Usa, repubblicana ed iperliberista, si è sostenuto che la disoccupazione resta alta perché la presenza di sussidi e assegni di sostegno tiene lontani i disoccupati dal mercato del lavoro. Diamond e suoi hanno lavorato per anni intorno alla cosiddetta «curva di Beveridge» (dal nome del celebre autore del rapporto sullo Stato sociale del 1942, che mette in relazione posti disponibili e numero di occupati) per dimostrare che, quando è in atto una ripresa economica, le imprese si ristrutturano e dunque offrono posti per professionalità più avanzate difficili da trovare sul mercato. Dunque, sfasature temporali e mancanza di formazione. Nessuna colpa ai sussidi.
Alle sue teorie e alla sua battaglia culturale Peter Diamond ha già pagato un prezzo: il 29 aprile di quest´anno Barack Obama lo ha designato a ricoprire uno dei tre posti vacanti nel board della Fed ma la sua nomina è stata «silurata» in Senato dai repubblicani. Lo hanno accusato di non essere un economista monetario e solo uno che si occupa di mercato del lavoro: ma si ricorda che tra i suoi allievi c´è stato anche l´attuale presidente della Banca centrale Usa Ben Bernanke. La partita tuttavia non si è ancora chiusa e ieri la Casa Bianca ha espresso l´auspicio che il Nobel possa sbloccare la nomina di Diamond.
«Il messaggio che viene da questo Nobel – ha osservato ieri l´economista Giacomo Vaciago – è: smettiamola di occuparci di banche e finanza e cominciamo a pensare al futuro dei nostri figli e all´occupazione». E in effetti, la Reale Accademia delle Scienze svedese e la Sveriges Riksbank, accusate negli anni passati di aver instaurato una sorta di Stoccolma-Chicago Express, conferendo premi Nobel solo a seguaci di Milton Friedman, dopo la Grande Crisi sembrano muoversi su un nuovo registro: nel 2008 fu premiato Paul Krugman e lo scorso anno due economisti istituzionali attenti al mondo delle comunità.
Nella geografia, un po´ schematica, delle scuole di pensiero la «terna» guidata da Peter Diamond può inserirsi a pieno titolo tra i cosiddetti «imperfezionisti», alla Stiglitz, economisti liberal che tentano di individuare gli ostacoli al buon funzionamento del mercato (asimmetrie informative, oligopoli, azzardo morale). Liberal, ma non keynesiani, perché Peter Diamond è stato seguace della scuola neoclassica del franco-statunitense Gérard Debreu.

da www.repubblica.it