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Un ministro tutto casa e bottega

Paolo Romani è il nuovo ministro per lo Sviluppo economico. Dopo 5 mesi di vacanza istituzionale, Berlusconi affida ad un amico un ministero fondamentale per superare la crisi. Siamo all’apice del conflitto d’interessi. Centocinquantaquattro giorni e poche ore per nominare il ministro dello Sviluppo economico dopo l’abbandono di Scajola. Tanto tempo è servito a Berlusconi per decidere se abbandonare l’interim ad un dicastero fondamentale per la ripresa economica. La scelta è ricaduta su Paolo Romani che già occupava il ruolo di sottosegretario nello stesso ministero.

Alle ore 19 dopo vari annunci e conseguenti smentite, finalmente si è avuta la certezza che Paolo Romani è il nuovo ministro dello Sviluppo economico. Nel gelo politico, dopo quanto avvenuto per la precedente nomina del ministro Brancher, Napolitano ha ricevuto Romani per la firma e il giuramento sulla Costituzione.

Come era facilmente prevedibile la scelta è ricaduta su chi potesse garantire maggiormente gli interessi del premier e non della ripresa economica del Paese. Nel ruolo di sottosegretario con la delega alle Comunicazioni, Romani si era già messo in luce in questi due anni per aver preso i meriti del passaggio della televisione al digitale terrestre già orchestrato e realizzato dal suo predecessore Paolo Gentiloni. Insomma Romani si era distinto solo per aver tagliato il nastro ad una cerimonia dove era stato invitato per forza di cose.

Il neo ministro evidenzia ancora due tra le più spiccate tendenze del governo Berlusconi: affidare incarichi in base ad amicizie ed interessi oppure improvvisare. Romani è un simbolo dell’imprenditoria televisiva privata targata Berlusconi, tanto da essere paragonato, in materia di fedeltà, a Fedele Confalonieri. La scelta del ministro può tra l’altro sembrare un’improvvisazione visto che sono passati pochi giorni dall’incontro tra Berlusconi e Napolitano e il Presidente del Consiglio avrebbe potuto preannunciare la sua decisione al Capo dello Stato ma così non è stato.
Da qui la freddezza e l’elegante irritazione di Napolitano durante la cerimonia di investitura.

Ancor prima che venisse ufficializzata la scelta di Romani, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani aveva accusato il governo di mentire come Pinocchio. “Mastro Geppetto costruirà in legno il ministero dello Sviluppo. La verità è che qualunque ministro venga non troverà più il ministero”..

Per Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Partito Democratico, “dopo 150 giorni di ingiustificabile vacanza istituzionale, con la nomina del nuovo ministro dello Sviluppo economico è finalmente terminato l’interim di Berlusconi. Romani è senz’altro un esperto di politiche della comunicazione, essendo stato editore, dirigente di Mediaset, poi uno dei principali autori della sciagurata legge Gasparri. Non credo, invece, si intenda molto di vertenze aziendali e di crisi d’impresa, ed è quindi improbabile che riesca a riparare i danni di cinque mesi di sostanziale assenza del governo nel periodo più acuto della crisi economica. In compenso, la sua nomina rappresenta, anche simbolicamente, l’apice del conflitto di interessi proprio mentre sta per cominciare l’autunno del patriarca”.

Dello stesso parere anche Vincenzo Vita, deputato Pd componente commissione Vigilanza: “Con la nomina di Paolo Romani allo Sviluppo economico, ottiene il rango di ministro uno degli autori della legge Gasparri. Seppure si tratti di una persona di notevole conoscenza dei settori della comunicazione, indubbiamente capace, la sua scelta rappresenta una volta di più il trionfo del conflitto di interessi del presidente del Consiglio.

A.Dra

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