Nessun diritto è violato e tantomeno la democrazia sindacale». Così ha scritto Gianni Riotta sul Sole 24 ore commentando l’intesa separata per i metalmeccanici. Quella che prevede deroghe quasi illimitate al contratto nazionale. Democrazia sindacale non violata? E allora perché non è stato permesso ai lavoratori di esprimere un parere? Certo non rimarranno entusiasti i giovani precari, quelli in bilico tra contratti a termine, contratti in affitto, contratti d’inserimento. Il contratto nazionale del 2008 aveva fissato alcuni limiti per la loro permanenza in un limbo indefinito, prima del passaggio al possibile “paradiso” della stabilità. Ora qualche padrone (pardon imprenditore, vista l’oramai acquisita parità tra capitale e lavoro) potrà invocare la deroga ovverosia la cancellazione di quei laccioli che non permettevano il prolungarsi del ricorso al lavoro instabile. Per fortuna in numerose fabbriche metalmeccaniche la Fiom è maggioranza. E quindi quella trappola sarà evitata e comunque farà fatica a imporsi ovunque. Esistono aziende, come la Lottomachina – lo ha spiegato Paolo Andruccioli in un bella inchiesta su Rassegna Sindacale – dove è stata appena conquistata la stabilizzazione dei precari. Però così facendo, sostengono Cisl e Uil, cioé derogando, si da impulso a investimenti, occupazione. Ma davvero si pensa che il tessuto delle aziende invochi le deroghe per far fronte alla crisi? Quel che si è combinato sembra un pasticcio. Lo dimostra il fatto che dove alcune deroghe sono state stabilite, come per i chimici, non sono mai state applicate. L’ultimo accordo separato appare come un atto politico più che sindacale, un aiuto a un governo morente e a una Confindustria dalla doppia faccia. A Genova aveva mostrato la faccia benevola aprendo al dialogo con la Cgil, annunciando una verifica seria sui contratti fatti e sul modello che li ha prodotti. Quella verifica forse porterebbe a stabilire che i metalmeccanici della Cisl e della Uil hanno voluto fare i primi della classe. Bisogna sapere però che i veri sabotatori di quel dialogo sono i falchi del governo e della Confindustria. E che servono argomenti e non uova disperate, dirette contro chi rappresenta milioni di lavoratori. Sapendo, certo, che i “cattivi maestri” son coloro che han portato a questo stato di cose, lavorando tenacemente per la rottura sindacale. Nervi saldi, dunque, per una battaglia che si intreccia con quella in Parlamento dove, in polemica con gli ammonimenti di Napolitano, si è stabilito che un giovane quando si troverà di fronte al gestore delle risorse umane per il colloquio di assunzione dovrà scegliere. In caso di future controversie si rivolgerà al giudice del lavoro o al cosiddetto arbitrato? Quel ragazzo secondo voi sarà in grado di compiere uno sgarbo nei confronti dell’interlocutore e optare per il giudice del lavoro?
L’Unità 04.10.10