Il 56% ha un’opinione negativa della politica, il 28 prova addirittura «disgusto». Come ogni settimana, abbiamo effettuato nei giorni scorsi un sondaggio sulle intenzioni di voto degli italiani. La distribuzione delle preferenze non differisce molto dalle ricerche precedenti, salvo la conferma della tendenza ad abbandonare il consenso per i due partiti maggiori (sia il Pdl, sia il Pd) per dirigerlo verso le forze più piccole. Ma l’esito più significativo non riguarda tanto il voto, quanto il non voto. Rispetto al passato, infatti, si sono di molto accresciute le risposte «non so cosa votare», «non so se andare a votare» e similari. L’insieme di queste espressioni di indecisione, se non di rifiuto dell’intera offerta elettorale attuale, si avvicina oggi al 33% (era il 25% prima dell’estate). Insomma, più di un italiano su tre non vuole o non riesce a prendere posizione sul partito da votare.
È un altro indicatore del processo di sfiducia verso la politica e le sue istituzioni che, di nuovo, si sta manifestando nel nostro Paese. Gli avvenimenti che hanno connotato lo scenario politico di questi ultimi mesi hanno rafforzato questo andamento. I litigi interni, sia nel centrodestra, sia nel centrosinistra, l’attenzione talvolta esagerata a tematiche che poco riguardano gli interessi reali dei cittadini (ad esempio, la vicenda della casa di Montecarlo) hanno favorito l’allargarsi degli atteggiamenti di disaffezione.
Se ne ha conferma anche dai dati di molte altre ricerche di questo periodo. Ad esempio, dai risultati dell’osservatorio trimestrale che Ispo conduce per Confesercenti, si rileva come la percentuale di chi ritiene che le principali istituzioni (il governo, l’opposizione, ma anche i sindacati) «abbiano promosso misure concrete per aiutare le famiglie italiane in questi mesi di crisi economica» sia assai poco elevata e, per di più, in forte diminuzione. Oggi, solo il 23% (era il 31 l’anno scorso) pensa che l’esecutivo abbia agito in tal senso. E solo l’11% (era il 21 sei mesi fa) attribuisce questi comportamenti all’opposizione.
Tutto ciò si traduce in un ancor più accentuato distacco dalla politica nel suo insieme e dalle sue vicende quotidiane. Interrogata sulla «prima espressione che viene in mente pensando alla politica», la maggioranza relativa degli italiani (27,8%) dice, senza esitazione, «disgusto». Una quota sostanzial menteanaloga (27,6%) dichiara «noia» o «indifferenza». Tra gli altri, prevalgono le risposte «rabbia» (20,7%) o «diffidenza» (8,1%). Solo il 6,3% esprime «interesse» e una percentuale ancora inferiore (2,4%) manifesta «passione». Nel loro insieme, gli atteggiamenti positivi verso la politica coinvolgono il 16% del campione, quelli negativi il 56%, quelli di indifferenza il 28%.
Ma il risultato più interessante si rileva dal confronto col passato. Rispetto al 2007, quando fu posta agli italiani la stessa domanda, infatti, calano significativamente le risposte che mostrano un qualche coinvolgimento, positivo o negativo, e si accrescono notevolmente le manifestazioni di noia e di indifferenza. Insomma, si accentua, in misura ancora maggiore del passato, il distacco dalla politica, specie nell’elettorato di centrosinistra. «Affari loro», sembrano dire gli italiani, di fronte al penoso scenario offerto dai partiti in questi mesi.
In questa situazione, se permane l’attuale offerta da parte delle forze politiche, è ragionevole pensare, in caso di nuove elezioni, ad un ulteriore aumento delle astensioni, accompagnato forse da un incremento dei voti per le forze che più si lanciano sui temi dell’antipolitica (dalla Lega a Grillo, a Di Pietro). Tutti indicatori della crescente distanza del dibattito politico attuale dalla vita e dai problemi più sentiti del Paese.
Il Corriere della Sera 03.10.10