Salta di nuovo la nomina del sovrintendente: l´unico candidato è sotto inchiesta. Altre indagini riguardano l´abusivismo. Dubbi sul bilancio firmato dal commissario. Da sei mesi senza vertice il parco archeologico più importante del mondo, quello degli scavi pompeiani. Il ministero dei Beni culturali non ha ancora nominato il responsabile definitivo della soprintendenza unificata di Napoli e Pompei.
È giallo sulla mancata nomina: il 29 settembre il ministero avrebbe dovuto incaricare un responsabile definitivo, Angelo Maria Ardovino, ex dirigente generale per i Beni Archeologici. Ma il ministro Sandro Bondi all´ultimo momento non ha firmato il decreto, senza un perché ufficiale. C´è, sulla vicenda, solo un retroscena molto riservato: il candidato risulta infatti indagato dalla procura Salerno nell´ambito dell´inchiesta sui fondi europei insieme a Giuseppe Proietti (ex capo di gabinetto del Ministero e ad interim da aprile a settembre a Pompei), all´ex soprintendente regionale Stefano De Caro, alla sua collega di Paestum Giuliana Tocco Sciarelli, a Giuseppe Bilardi, ex dirigente del settore Bilancio del Ministero, all´archeologa di Velia Giuseppina Bisogno e alla ex soprintendente di Salerno, Maria Luisa Nava.
La scorsa settimana la nomina di Ardovino salta, viene annullato il relativo bando. Mentre l´incarico viene affidato a un reggente provvisorio, Jeanette Papadopoulos, funzionaria ministeriale. Va detto che sugli scavi di Pompei, gestiti dal giugno del 2009 al giugno 2010 dal commissario della Protezione Civile Marcello Fiori, è in corso un´indagine della magistratura, in particolare sull´abusivismo per i materiali e i metodi con i quali si è proceduto al restauro del Teatro Grande inaugurato nell´estate scorso da Riccardo Muti. Il procurare di Torre Annunziata, Diego Marmo, ha incaricato la Guardia di finanza di sequestrare anche il bilancio dell´anno di gestione di Fiori. Gli archeologi di Pompei raccontano che per questi interventi, alle spalle del quadriportico per costruire gli spogliatoi è stata distrutta un´area inesplorata dalla quale si aspettavano scoperte significative per la storia della città distrutta nel ´79 dopo Cristo. L´addio di Fiori lascia sul campo dubbi e contraddizioni. Su 79 milioni disponibili per rimettere in sesto Pompei, tolti i 30 che erano già stati impiegati dal predecessore di Fiori, Profili, altri 20 il commissario della Protezione civile li ha spesi per attività di servizio, che, con l´emergenza, non hanno niente a che vedere. E ne ha impegnati altri 21 che dovevano essere resi disponibili dalla Regione, che non l´ha ancora fatto. Altri 13 milioni del portafoglio di Pompei sono andati alla Wind. O meglio, dovrebbero andare, perché in queste pratiche se in soprintendenza manca il “Rup”, responsabile unico del procedimento che attesta la qualità scientifica dell´intervento da saldare, il pagamento non avviene. L´indagine della procura vesuviana è tesa anche ad accertare per quale motivo la Protezione civile abbia agito in deroga alle norme, come è sua facoltà in caso di emergenza, anche se non ce n´era motivo. Ma i primi a volersi rendere conto dello stato dell´arte sono a Roma: prima di andar via, Proietti ha ricevuto una lettera di Bertolaso che annunciava un´ispezione sul bilancio del commissariamento Fiori. Che la priorità non è stata la conservazione e il restauro, lo dice l´ultima spesa, di pochi giorni fa: alla prima pioggia ha ceduto una trave del tetto della Casa di Polibio: sono stati chiesti lavori di somma urgenza per 50 mila euro. Sfortunato un altro capitolo di spesa voluto da Fiori stanziato a favore della onlus “Co2” che avrebbe dovuto promuovere l´immagine di Pompei. L´iniziativa più pubblicizzata, “(C)Ave Canem”, per favorire l´adozione dei randagi degli Scavi. I cani non hanno trovato padroni, in compenso, sono aumentati di numero perché chi voleva disfarsi di un animale, attirato dalla pubblicità, l´ha portato a Pompei.
La Repubblica 03.10.10
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