Erano in mille . E non solo ricercatori. Una manifestazione non di protesta partitica, nessuno schieramento e nessuna bandiera, ma una vera e propria presa di coscienza che così non può funzionare. La bilancia dell’università italiana è ormai totalmente sbilanciata verso l’emergenza e la crisi, ed è difficile pensare, in tempi brevi, ad una soluzione di equilibrio. Ieri, sul palco allestito per l’occasione nel cortile di Ingegneria, si è parlato soprattutto di responsabilità, e i ricercatori si sono presi le loro: «Siamo qui – attacca uno dei portavoce dei ricercatori della facoltà, Francesco Leali – perché vogliamo spiegare che tagliare la ricerca è l’errore più grave che si possa fare». I ricercatori hanno parlato alle centinaia di studenti raccolti nel campus:«La difficile situazione dei conti pubblici rende senza dubbio necessari dei tagli, ma non è scontato che questi avvengano a scapito della ricerca, ossia uno dei fattori trainanti per lo sviluppo del Paese . Ecco perché chiediamo di essere uniti e di comprendere questa nostra presa di posizione, ovvero la non disponibilità alla didattica» . Significa che la quasi totalità dei ricercatori di Ingegneria a Modena e la maggioranza dei colleghi di Economia e Lettere hanno sottoscritto questa protesta che non mette in dubbio la possibilità per i ragazzi di frequentare le lezioni, ma di fatto riduce, anche drasticamente in alcuni corsi di laurea, l’offerta formativa : insegnamenti base, nulla di più. Ingegneria non ha giocato a nascondino, si è schierata apertamente dalla parte dei suoi ricercatori e ieri sul palco c’erano anche diversi professori,molti ordinari, tra cui il preside Giuseppe Cantore che non più tardi di tre giorni fa aveva scritto una lettera al rettore Aldo Tomasi per informarlo dello stato di agitazione : «La facoltà ha fatto presente che l’apporto dei ricercatori alla didattica dei corsi di laurea è stato ed è fondamentale e qualificante per l’offerta formativa per cui, nell’ipotesi di un protrarsi della loro indisponibilità a tenere corsi, sarebbe sicuramente penalizzata la qualità oltre che la quantità degli insegnamenti impartiti, con inevitabile ricadute negative sul territorio e perdita di allievi
che, invece, ad oggi numerosi si iscrivono ai nostri corsi di studio anche da fuori regione» . Una solidarietà vera e propria, ricambiata anche dai tanti studenti presenti. Sul palco anche il rettore Tomasi: «La facoltà sta facendo la sua parte ed è unita
nell’avvertire questa problematica che non è solo di Modena. Il nostro ateneo, però , a differenza delle tante parole che ho sentito in giro per l’Italia, ha già messo in campo un piano virtuoso ma soprattutto concreto, che supera il blocco delle assunzioni:
1’8 per cento dei 330 ricercatori dell’università entro dicembre
diventeranno associati: mi sembra un passo deciso per cercare di contribuire a risolvere questa situazione.
Per quanto riguarda l’offerta formativa valuteremo in questo semestre gli effetti di questa protesta ma già aver dato il via oggi ai corsi mi sembra un segnale positivo di come evolverà la situazione, con disagi ridotti al minimo».
Ieri sono iniziati comunque i corsi ed entro metà della prossima settimana, quando il Ddl Gelmini procederà nel suo iter di approvazione politica, si conoscerà la vera ripercussione di questa scelta su ciò che i ragazzi potranno effettivamente studiare : «Tutto – concludono i ricercatori – per il bene dell’università e per migliorarne il futuro».
La Gazzetta di Modena 28.09.10