La linea d’attacco del partito di Bersani. La scelta del governo di porre la fiducia sulle dichiarazioni che Berlusconi renderà oggi alla camera sottrae qualsiasi margine di manovra ai dissidenti della maggioranza, che non potranno presentare propri documenti, ma anche all’opposizione, che su quei documenti poteva ipotizzare una forma di convergenza, magari sotto forma di un’astensione.
All’interno del Partito democratico, infatti, sono ormai tutti convinti della necessità di sostenere in qualche modo lo sganciamento dei finiani dalla maggioranza, aiutando al contempo il nascituro Terzo polo a prendere forma. Il modello è quello della Sicilia dove, nonostante i mal di pancia trasversali agli schieramenti interni, il Pd ha scelto praticamente all’unanimità di sostenere il governo Lombardo con Fli, Udc, Mpa e Api. «Noi ripetiamo che la maggioranza berlusconiana è in crisi – spiega Paolo Gentiloni, uno dei promotori del documento dei 75 – il nostro compito deve essere quello di accelerarne l’esito ».
Uno dei modi possibili poteva essere quello di astenersi su un eventuale documento promosso dai “terzisti” all’interno della seduta di oggi alla camera. Un’ipotesi che sembrava lontana dal realizzarsi e che l’apposizione della fiducia rende impossibile. Ma il fatto stesso che l’idea sia circolata con insistenza all’interno del gruppo dem è indice della strategia del partito. Il Terzo polo, in prospettiva, potrà pure essere un avversario, ma per il momento la sua nascita porterebbe a un duplice effetto che al Pd non dispiace affatto: da una parte, la caduta del governo; dall’altra, l’indicazione rivolta al Quirinale che una maggioranza alternativa per un governo di transizione è possibile.
L’appuntamento, però, potrebbe essere solo rinviato. Se oggi, come sembra, tutto filerà liscio, i dem hanno già preparato il prossimo bastone da mettere tra le ruote del governo.
Ieri è stata depositata a Montecitorio la mozione di sfiducia individuale contro Umberto Bossi, sottoscritta da molti big del partito, che sarà calendarizzata domani dalla conferenza dei capigruppo. Dario Franceschini chiederà che la camera la discuta al più presto, precisando che si tratta di un atto aperto «a tutti coloro che considerano inconciliabili le parole di Bossi (sui «porci romani», ndr), solo le ultime di una lunga serie, con il ruolo di ministro».
Un chiaro invito rivolto a chi, soprattutto nella maggioranza, ha più volte manifestato la proprio insofferenza nei confronti della Lega e del suo leader. I finiani, in primo luogo, ma non è escluso che anche qualche esponente della destra romana possa venire allo scoperto. L’Idv ha già garantito il proprio sostegno, ma segnali di attenzione sulla mozione sono già venuti anche dall’Udc (Casini: «Probabilmente la voteremo»), dal Mpa e dallo stesso Fli, con il sottosegretario Roberto Menia («Dopo quello che ha detto Bossi, io la voterei), mentre Alessandro Battisti (Api) ha perfino denunciato per diffamazione aggravata il ministro alla procura di Roma.
Il Pd, insomma, prova a incunearsi nella crisi del centrodestra.
Per mettere a punto la propria azione, ieri Pier Luigi Bersani ha sperimentato la nuova cabina di regia che d’ora in avanti lo affiancherà nella gestione del partito nei momenti più delicati. Ne fanno parte, oltre a lui, i due capigruppo Franceschini e Finocchiaro, la presidente Bindi, il vicesegretario Letta e il coordinatore della segreteria Migliavacca. E in serata si è riunita anche l’assemblea del gruppo alla camera.
Per Bersani, la crisi del governo ormai è «conclamata» e, viste le difficoltà che si susseguiranno nelle prossime settimane (dopo la mozione su Bossi potrebbe arrivare quella finiana sulla Rai), il leader dem profetizza: «Adesso si comincia a ballare».
da Europa Quotidiano 29.09.10