“Durante l’estate è esplosa la crisi politica del centrodestra. Siamo nel secondo tempo del berlusconismo. Una fase in cui Berlusconi non è in grado di disegnare un nuovo orizzonte del paese, ma ha ancora al forza di un consenso vasto, seppure eroso, di un potere molto più largo di un tempo, il legame con interessi ben piazzati e con un conformismo che si è accumulato, un legame con “angoli del sottoscala di questa repubblica”.
Per questo spiega Bersani “serve vigilanza, combattività, tenuta, perché non sappiamo come si evolverà questa situazione. Siamo esposti a degenerazioni della politica. Ma nello stesso tempo è possibile costruire un’alternativa da proporre agli italiani. E’ una fase che avrà un passaggio con Berlusconi che si presenterà in Parlamento. Noi dobbiamo ribadire con nettezza che il centrodestra deve onestamente dichiarare in Parlamento la sua crisi politica: è la strada maestra per un paese che non può attendere.
La proposta di fronte a questo passaggio è chiara: “Serve un breve governo di transizione per cambiare la legge elettorale e poi presentarsi al paese ciascuno con il proprio programma, il centrodestra e il centrosinistra. C’è chi dice che è una posizione che manca di realismo. Ma dobbiamo ragionare in base a ciò che ci aspetta: un governo stabile non ci sarà, le riforme che promettono non potranno essere mantenute. Ci sarà invece un governicchio politico che non sarà in grado di fare meglio di quanto abbiamo visto fin qui, un governo di traccheggia mento, che sarebbe insostenibile di fronte ai problemi veri e seri del paese”.
Accanto alla crisi del centrodestra “l’estate ci ha fatto toccare con mano la nostra forza, con feste partecipatissime, e numerose. Fatemi ringraziare i volontari che hanno lavorato dappertutto. Ai moltissimi volontari. E dunque fatemi dire chiaramente che la Lega ci fa un baffo. Noi sì che abbiamo una forza incredibile, dovremmo esserne orgogliosi. E dovremmo anche essere consapevoli che quando ci mettiamo in mezzo alla nostra gente le cose funzionano, quando ci ritroviamo nel gruppo dirigente accade di meno”.
In questo contesto, Bersani ricorda come dalla seconda metà di agosto ha lavorato su tre punti proprio per rilanciare l’iniziativa: il posizionamento politico del PD, le proposte, la mobilitazione.
La proposta di posizionamento politico “con il nuovo Ulivo e l’alleanza per la democrazia” ha risposto all’accelerazione della situazione politica e puntava a mettere ordine nella discussione, che conteneva rischi di confusione.
Obiettivo: garantire il protagonismo del PD come primo responsabile e come perno di un progetto alternativo, e nello stesso tempo per costruire un terreno democratico ora sotto attacco. E’stato utile, credo, proporre uno schema che ci consentisse di uscire dalle chiacchiere politiciste per parlare del progetto per il paese, il vero clou della questione per come è messa l’Italia oggi.
Il progetto (il discorso di Torino ha già toccato diversi punti concreti) serve per fare l’opposizione, ma anche per avanzare proposte credibili di fronte ai problemi gravi del paese, primi tra tutti il lavoro e la legalità. Proposte proprie di un partito di cambiamento e di governo”.
Infine Bersani cita la mobilitazione degli iscritti e dei simpatizzanti con la campagna d’autunno.
Queste tre cose “le ho concepito come il tentativo di un cambio di passo perché i problemi che abbiamo li vediamo tutti. Un cambio di passo che naturalmente tenesse conto e rispondesse sì alle nostre difficoltà, ma soprattutto all’urgenza nuova di prenderci le nostre responsabilità di fronte alla crisi del paese. Ho cercato in questo di ragionare non solo con la mia testa, ma tenendo conto delle componenti del nostro partito. So che di fronte a quel che avviene è ora di lavorare assieme, tutti protagonisti e corresponsabili delle iniziative del PD, che sono tutte al nastro di partenza e che sono state percepite positivamente dai nostri elettori e ci hanno posizionato meglio di come eravamo messi a luglio”.
Sul documento firmato da 75 parlamentari tra cui Veltroni, Fioroni e Gentiloni: “Voglio un dibattito libero, franco, sincero nei nostri organismi come nelle iniziative esterne, che non voglio limitare. C’è stato un gesto e un messaggio che però devo valutare al di là delle intenzioni espresse e dei contenuti, che sono confrontabili con le altre proposte. Io valuto l’effetto oggettivo: un atto avvenuto a organismi convocati ( il coordinamento, la direzione, l’assemblea) e che ha provocato sbandamento e in alcune aree sgomento tra i nostri sostenitori. E’ stato veicolato come l’immagine di un partito senza rotta, in perenne congresso, che discute di temi incomprensibili ai cittadini, un PD in crisi come la destra, anche per i giornali. E poi è avvenuto in un momento in cui la palla è di là e vogliamo tutti che resti di là mettendo in luce le crepe della destra.
“ Credo sia stato un errore, mentre ribadisco che tra noi è essenziale mantenere la dialettica per risolvere i problemi, non per tornare sui primi passi”. Bersani si augura “ un dibattito che deve vivere negli organismi dirigenti, che devono servire: li abbiamo messi in funzione quest’anno, facciamoli funzionare dato che hanno piena possibilità di iniziativa in termini politici o statutari. Usiamoli per dirimere questi problemi e poi parlare con la voce del PD. E questo non per una questione di buoni sentimenti, ma come dato strutturale. Se abbiamo scelto di non essere un partito personale è perché non vogliamo una democrazia personale. Parlare fra di noi e poi diffondere una linea deve essere fisiologico, non possono gli organismi diventare l’infermeria per discussioni che avvengono sui giornali”.
Autonomia del PD e alleanze.“Credo fortemente alla responsabilità del PD per un progetto che non deleghi niente a nessuno, in una visone progressista di questo paese, e che quindi possa garantire le essenziali condizioni per un’alternativa di governo in cui non ci ritagliamo uno spigolo del campo ma riconosciamo che non siamo soli. Metto paletti, come ho già detto a Torino: vincoli di progetto e di lealtà politica in una prospettiva di governo, temi come la democrazia e la legalità, che prefigurano un bipolarismo non esposto a deviazioni plebiscitarie. Tocca a noi avanzare il progetto, mettere le condizioni alle alleanze, ma anche prenderci la responsabilità. Alleanze sì, ma non a tutti i costi. Perché abbiamo già dato. Credo non ci siano alternative del tipo: non c’interessa, facciamo da soli”.
L’appartenenza al PD.“Sento circolare l’idea di ospiti indesiderati, culture non riconosciute. Quando la sento qui o in periferia mi dico che qualche problema ci sarà. Ma vi dico questo: se ci sono questioni da colmare sul piano politico, culturale, organizzativo ho intenzione di lavorarci. Lo dico e ripeto quello che penso: noi dobbiamo via via uscire dalla metafora della casa comune con le stanze ed entrare in quella di un prodotto univoco con ingredienti riconoscibili per i nativi democratici: un grande partito progressista. E’ la mia idea da sempre: non solo riconosco le diverse culture politiche ma chiedo contributi per determinare questo percorso che garantirà che stiamo facendo il partito del secolo”.
Primarie.“Torno sulle leadership: abbiamo scelto un meccanismo di primarie di coalizione. Ora si parta da qual è il patto, da quali sono i tratti essenziali del progetto, quale lo spartito. Poi gli interpreti li cerchiamo con un grande meccanismo di partecipazione, perché abbiamo imparato che i problemi non li risolve una persona sola, e le leadership nascono con percorsi diversi tra loro. Le primarie non sono una riduzione degli spazi della politica, ma un avanzamento verso i cittadini, per quell’idea di democrazia che ci sta a cuore.
La narrazione del PD. “C’è un punto che circola tra gli osservatori che sembra da psicologi delle comunicazioni sociali: è tempo di carismatici o pragmatici? Sarà culturalmente interessante ma cosa c’è sotto dal punto di vista politico? Qual è il messaggio fondamentale che si da agli italiani? Qual è la nostra narrazione? Io dico che l’Italia può avere giorni migliori, che il paese è meglio di quel che gli succede, che si può tornare a parlare di futuro, se si accetta uno sforzo di cambiamento che chiederà impegni e aiuto da chi ha di più. Un sogno, che però ha gambe per camminare, perché non possiamo sostituire una favola come quella di Berlusconi con un’altra favola. Il paese è in un momento cruciale. E’ un punto fondamentale del messaggio su cui dobbiamo lavorare. Dunque, discutiamo perché dobbiamo essere attrezzati e univoci”. Quanto ai sondaggi, “consultiamoli, ma non facciamone un tema di dibattito . La questione vera, già vista alle regionali, è lo stacco micidiale tra opinione pubblica e politica: il 50 per cento delle persone non sa dove sbattere la testa, si astiene. E dunque bisogna stare attenti, perché quando piove, piove per tutti”.
Le prossime mosse. Bersani invita a “mobilitarci in positivo, diamo fiducia al cambiamento, lo possiamo fare con l’unità del Pd e la convergenza sulla missione. E poi tentiamo di rompere il muro del suono tra cittadini e politica: stiamo sui problemi della gente, rilegittimiamo la politica con posizioni concrete e combattive. Progetto e denuncia sul lavoro, sulla crescita, la legalità, il civismo, le riforme concrete. Qui c’è tanto da discutere: Ad esempio sull’immigrazione vediamo cosa succede in Europa? Poi serve una visone autonoma su un nuovo patto sociale, tema che non possiamo lasciar svolgere solo a Sacconi. Va denunciato il ripiegamento difensivo. Facciamo un patto sociale, ma come grande progetto per il lavoro. E sugli altri temi di merito: adesso abbiamo crisi e disagio in tutto il paese, e dobbiamo organizzarci per essere presenti con proposte puntuali”.
Il segretario sostiene che “non trasmettiamo abbastanza un’idea di rinnovamento, c’è poco da fare. Stiamo mettendo in campo una nuova generazione nelle segreterie, nel partito e tra gli amministratori, ma la società predica il rinnovamento e non lo vuole, come la tv che non accetta ospiti nuovi ai tal show politici per paura di perdere share. Serve un di più di generosità e iniziativa perché è un tema che non abbiamo risolto”.
Adesso “i cittadini ci stanno chiedendo di essere in campo, e dunque non possiamo permetterci di lasciare l’idea che non ci siano una rotta e la determinazione per perseguirla, né lasciare in campo l’idea che non ci sia una comunità in grado di discutere e lavorare assieme. L’8 e 9 ottobre a Varese discuteremo di riforma fiscale, scuola,mobilità, immigrazione. Poi abbiamo una cinquantina di congressi provinciali, una campagna di grande mobilitazione che punterà ad avere tra 7 e 10 milioni di contatti. A fine ottobre ci sarà un’assemblea dei circoli per lanciarla. Dobbiamo mettere in moto una serie di iniziative, metterci a sostegno delle battaglie condotte dai gruppi parlamentari, valorizzando il loro lavoro. E poi dobbiamo sviluppare il confronto con soggetti politici e sociali, ad esempio ricomponendo il mondo del lavoro: dobbiamo presentare una nostra posizione autonoma ai sindacati.
Credo che sentiamo tutti l’esigenza di parlare agli italiani di loro e non di noi. Mettiamoci la convinzione e la passione con tutte le energie che abbiamo”.
Ma.Lau.
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