Si sfrangia il Pdl, dal Nord al Sud: ultima, la rottura di Micciché.
Così, senza dichiararlo, si torna all’antico, al 1994.
Al nord quello che di fatto è un Polo delle libertà “PdlLega” a trazione Bossi-Tremonti, al sud il “polino” del buongoverno di Micciché che muove in queste ore i suoi primi passi, sorretto dall’invisibile ma salda mano dal lungimirante papà Marcello Dell’Utri. Intorno, un pulviscolo di oltre 14 partitini, dai socialisti alle destre di Storace, Mussolini, Santanché, al Pri di Nucara – l’ultimo è quello di Mannino e Cuffaro, che porta a quota cinque il numero di scissioni dell’Udc fomentate da Berlusconi e capeggiate da Rotondi, Giovanardi, Baccini, Pionati. Il Pdl è ridotto a una scatola vuota affidata ai triumviri Verdini, Bondi e La Russa: sedici anni dopo la discesa in campo del Cavaliere, il partito di maggioranza relativa si sta disintegrando e assume sempre più, giorno dopo giorno, le inconfondibili fattezze della Forza Italia degli albori: un’entità inafferrabile, l’ombra di un partito, un mero logo elettorale da collegare alla materialità del corpo di Berlusconi.
Ma per il Cavaliere la radicale, drammatica differenza rispetto ad allora è che l’attuale processo di destrutturazione del baricentro della destra italiana e il tentativo di rifonralo viene più subito che non pilotato da palazzo Grazioli, dove si vive alla giornata con un’unica ossessione: evitare una condanna giudiziaria a “fine carriera”. La frantumazione del Pdl in mille pezzi è oggi l’ultima delle preoccupazioni del premier: anzi, più la frantumazione s’accentua più il corpo del Capo, la sua icona mediatica, appare l’unica possibilità di tenere insieme un puzzle di grumi di potere e, stando alle inchieste delle procure, di affari personali.
Il 29 settembre Berlusconi compirà 74 anni, nel 2013 ne avrà 77. Dopo il giro di boa di Casoria e degli scandali delle escort, con una crisi economica che l’ha azzannato a inizio mandato e non molla la presa, il suo futuro politico appare sempre più incerto.
Chi sarà il candidato premier quando si voterà?
E poi, ci sarà ancora un Pdl nazionale?
Ma il domani per il Cavaliere non esiste: finché c’è lui tutti i fili devono portare a lui.
Il dopo non è previsto. E per l’oggi a Berlusconi va bene tutto: inclusa la balcanizzazione del Pdl, purché avvenga in nome del re, in nome suo.
È in questa chiave bisogna leggere il rapporto tra Berlusconi e il progetto di Partito del popolo siciliano di Gianfranco Micciché. Partito che terrà entro un anno la sua assemblea costituente e punta a crescere in tutto il sud: «Il processo regionale che abbiamo iniziato è irreversibile. Per pensare di presentarsi a livello nazionale bisogna costruire prima un’unione delle regioni del sud». Il sottosegretario Micciché giura di sognare «un Berlusconi a capo di un governo con una Lega Nord e una Lega Sud che gestiscano gli interessi territoriali del paese». Ma il sogno ha una variante non dichiarata: perché senza Berlusconi, dalla sua satrapìa sudista Micciché, se il gioco gli riuscirà, si ritroverà seduto su un solido e concretissimo tesoretto politico da spendere per cercare uno spazio politico e garantirsi un futuro negli anni a venire.
Il manovrare di Micciché al sud all’inseguimento del già ben avviato pedalare di Tremonti al nord sono le due più interessanti dinamiche in un Pdl spezzatino che guarda al dopo Berlusconi, sia pur formalmente, in nome di Berlusconi. Il capo declina, il già potente Tremonti si staglia sull’orizzonte padano, e ora anche Micciché alza la testa.
A Berlusconi raccontano che è per il bene suo e del centrodestra e lui fa di necessità virtù: tace e lascia fare, pur di poter restare ancora a galla.
da Europa Quotidiano 21.09.10