Allo studio un mini-rimpasto per far posto ai centristi. “Ero già sicuro di vincere se andiamo alle elezioni. Ma adesso…”. Fitto verso lo Sviluppo
Le contromisure dei finiani – esposti contro Mediaset, mozioni contro Minzolini e Masi – sono all´altezza della sfida. Ma c´è qualcosa che in questi giorni fa tornare il sorriso a Berlusconi. Qualcosa che rende meno rischioso immaginare, come gli chiedono i leghisti, di tornare al voto in primavera. Quel “qualcosa” è lo stato in cui si trova l´opposizione e in primo luogo il Partito democratico.
Venerdì è stata giornata di incontri per il premier a palazzo Grazioli, sono sfilati prima Angelino Alfano e Michela Vittoria Brambilla, poi i dissidenti toscani del Pdl che ce l´hanno con Verdini. A tutti il Cavaliere è apparso rilassato, a tratti persino divertito via via che Paolo Bonaiuti gli segnalava le agenzie sullo scontro interno al Pd. «Guarda – ha confessato ridendo a un ministro – mi sono dovuto stropicciare gli occhi perché non credevo a quello che stavo leggendo: sembrava una fiction!».
Berlusconi, racconta l´interlocutore, quasi non si capacitava di poter leggere, la prima volta dopo un´estate di «polemiche dissennate» dentro il Pdl, qualcosa che finalmente riguardasse anche i suoi avversari. «Ero sicuro di poter vincere le elezioni anche prima, ma adesso… meno male che è arrivato il soccorso rosso». L´ironia del Cavaliere è indice dell´ottimismo con il quale palazzo Chigi inizia a guardare all´appuntamento del 29 settembre, data del dibattito parlamentare sul discorso di Berlusconi (coincidente con il suo 74esimo compleanno). Maurizio Gasparri confida di essersi rivolto ad alcuni «autorevolissimi senatori del Pd» per farsi spiegare cosa stesse succedendo in casa loro: «Ormai la politica c´entra poco, sono solo risentimenti personali, mi hanno risposto. Loro c´hanno Veltroni, noi c´abbiamo Fini… i meccanismi sono gli stessi».
L´operazione del nuovo gruppo di siciliani che usciranno dall´Udc è a buon punto, tanto che il premier ieri non si è fatto alcun problema a pubblicizzarla dal palco de la Destra a Taormina. Così come è allo studio un mini-rimpasto per far posto al governo alla nuova componente centrista. Nulla è ancora stabilito, ma l´idea sarebbe quella di promuovere il pugliese Raffaele Fitto (caldeggiato da Gianni Letta) allo Sviluppo Economico, liberando così il ministero degli Affari regionali per un esponente cuffariano.
Il progetto, spiega chi in queste ore se ne sta occupando da vicino, è molto avanzato, anche se è destinato a entrare nella fase operativa solo dopo il dibattito del 29 settembre. In fondo Fitto, nello spolpamento del ministero seguito alle dimissioni di Scajola, ha già ottenuto una parte cospicua. Tramite la formula del cosiddetto “avvaliamento”, palazzo Chigi si è preso da via Veneto (“se ne avvale”) il Dipartimento per le politiche dello Sviluppo e lo ha, a sua volta, girato al ministro Fitto. Così come è sempre Fitto, in questi giorni, a preparare il “Piano Berlusconi” per il Sud. Senza contare che su di lui, a differenza di Paolo Romani, non gravano ombre di conflitto di interessi televisivo.
Se il Cavaliere può sperare di giocare la partita nazionale su un terreno meno accidentato, grazie anche alle divisioni interne al Pd e all´Udc, è invece in giro per l´Italia che il Pdl gli sta dando i grattacapi peggiori. Non c´è solo la situazione pirandelliana della Sicilia, dove il Pdl ormai ha partorito tre gruppi: finiani, berlusconiani e seguaci di Micciché. La concorrenza di Futuro e Libertà inizia a farsi sentire ovunque, a partire dalle regioni rosse fino al Veneto e alla Puglia. Ieri due consiglieri regionali Pdl delle Marche sono passati con Fini, mentre martedì in Toscana nasceranno simultaneamente gruppi consiliari Fli a Firenze, Prato, Pistoia, Siena, Arezzo, e nei consigli provinciali di Grosseto, Lucca e Pistoia. Nel Pdl toscano è iniziata la resa dei conti. Un gruppo di parlamentari ha chiesto conto a Berlusconi della gestione «dittatoriale» di Denis Verdini. Due giorni fa si sono presentati a palazzo Grazioli Paolo Amato, Massimo Baldini, Deborah Bergamini, Alessio Bonciani e Roberto Tortoli per esporre al capo «la grande preoccupazione» per lo stato in cui versa il partito. «Per noi berlusconiani della prima ora – protestano – vedere questo scempio non è più tollerabile. Il Pdl in Toscana arretra a ogni elezione, la Lega va avanti. E adesso c´è anche la concorrenza degli uomini di Fini». Il Cavaliere, stando a quanto raccontano, avrebbe promesso loro un nuovo incontro a breve: «Datemi tempo fino al voto di settembre e poi rimetterò mano al partito anche nella vostra regione».
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«Veltroni smorza i toni e chiede unità», di Luca Ostellino
«Una grande forza democratica quando si riunisce deve discutere. La discussione è l’anima del Pd, non c’è contraddizione tra discussione e unità». Da Orvieto, dove è intervenuto all’assemblea di “Libertà eguale” (l’associazione dei liberal del Pd presieduta da Enrico Morando), Walter Veltroni torna sul documento promosso con Beppe Fioroni e Paolo Gentiloni (e considerato una “dichiarazione di guerra” alla segreteria Bersani), per ribadire che è stato fatto solo per unire e rendere più grande e più aperto il partito: «Un Pd più forte, con una identità più salda, guadagna voti e costruisce alleanze da una posizione di forza».
L’unità non è in discussione, assicura Veltroni, che, nel tentativo di ricucire, propone un’iniziativa unitaria del Pd contro i presunti tentativi di “compravendita” di parlamentari da parte di Silvio Berlusconi. Compravendita giudicata «vergognosa» da Pier Luigi Bersani, che aveva accolto con gelo il testo veltroniano, firmato da 75 esponenti democratici, considerandolo sbagliato «nel modo, nel tono e nel momento». Ieri l’atteggiamento del segretario del Pd nei confronti dell’iniziativa di Veltroni non è cambiato. Bersani, dalla festa del Pd a Modena, replica alle critiche – «ho bussola e coraggio» – e ribadisce la sua linea: dei problemi interni al Pd si discute negli organismi di partito, mentre all’esterno si parla solo dei problemi dell’Italia. «Non stiamo sempre a guardarci la punta delle scarpe, perché le scarpe ci servono per camminare».
In ogni caso, il confronto/scontro interno al Pd è decollato e tra i primi ad approfittarvi c’è chi, come Arturo Parisi e Sergio Chiamparino, è da sempre critico con la segreteria Bersani, anche se non ha mai organizzato alcuna iniziativa organica. Parisi ha detto di sentirsi lontano dall’impianto del documento veltroniano più che sui singoli punti, ma ha avvertito «che la sua censura priverebbe tutti di un contributo prezioso al confronto e alla chiarezza». Semmai, se c’è una colpa, ha sostenuto, «è quella di aver aperto il confronto troppo tardi». Quindi la proposta di presentare in Parlamento una mozione di sfiducia al governo Berlusconi, dopo «46 giorni di attesa del Pd nel ruolo solo di spettatore». L’ex ministro intende stanare i terzopolisti, in modo che «tutti siano costretti a fermarsi un momento e a rispondere sì o no, senza equivoci o commedie». Veltroni condivide: «Non possiamo aspettare che Berlusconi decida tempi e modi, trasformando la crisi della maggioranza nella crisi della democrazia». Quanto a Chiamparino, il sindaco di Torino non ha mai nascosto la sua idea di aprire il partito e creare una nuova classe dirigente. Le primarie possono essere un modo, a patto di «congelare» la norma in base alla quale, in una coalizione, il candidato democratico sarebbe il segretario e solo lui.
da www.ilsole24ore.it
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