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Che bel avvio di anno scolastico! Cronache dai territori

“Al mercato delle maestre”, di Flavia Amabile
Al mercato delle maestre si va con una pila di fogli, una cartina di Roma e provincia, e una quantità infinita di pazienza in tasca. Perché sarà stato anche il primo giorno di scuola quello di ieri ma mentre la campanella suona per far entrare gran parte degli alunni italiani nelle aule nei corridoi e negli atri di alcuni istituti si affollano centinaia di precari in attesa di recuperare una supplenza.
A Roma l’appuntamento di ieri mattina per i disoccupati della scuola dell’infanzia è a pochi passi dalla stazione Termini, all’istituto Manin. Subito oltre la soglia una folla di persone scorre con ansia alcuni fogli fissati con puntine da disegno ad un pannello. Liste interminabili di nomi e codici, interrotte da alcuni segni in rosso, altri in verde, e numeri scritti, riscritti, semicancellati. L’albo delle promesse per maestre e maestri romani ancora senza lavoro. Sono persone di ogni età, mamme con bambini piccoli, coppie che si tengono per mano, anziane maestre che non sono mai riuscite a diventare di ruolo.
Nessuno ci capisce nulla. O, meglio, sono davvero pochi quelli che riescono a orientarsi tra la confusione dei fogli. Perché tutti sono venuti con la loro bella pila di fogli scaricati dalla rete con la lista delle scuole dai posti ancora disponibili. Hanno studiato l’elenco e segnato con cura le scuole meno lontane dalle loro abitazioni. Non è una questione di pigrizia ma ieri mattina si sono assegnati una settantina di posti nelle materne di tutta la provincia di Roma: un calcolo sbagliato, un sì dato senza pensare, e ci si ritrova a dover percorrere ogni giorno anche cento chilometri.
Ma la lista affissa ai pannelli è diversa. I più scafati – anni di precariato e di salti da una cattedra all’altra, alle spalle – avvertono tutti che i segni in rosso vivo indicano i posti che si sono liberati proprio ieri mattina. E, allora, è tutto un segna, cancella, riscrivi sui fogli che ciascuno si è portato da casa.
Alle nove e mezza inizia l’appello. Dopo alcuni tentativi a vuoto, una donna si alza e va a sedersi ai banchi posti in fondo all’atrio. Sembra un esame di maturità con l’aggiunta della folla e delle voci. Non si sente nulla. Il colloquio va avanti per oltre venti minuti, i precari hanno il diritto di scegliere con tutta calma la scuola fra quelle disponibili. E non è facile. Sulla lista è indicato solo il nome dell’istituto e un codice meccanografico. Se nella provincia una scuola ha lo stesso nome in due località diverse bisogna ricordare i numeri assegnati dal sistema informatico ad ogni località. Nessuno li ricorda, infatti la prima sbaglia. Si ritrova ad aver scelto una scuola di Trevignano e nemmeno sa dov’è. Le danno la possibilità di cambiare, anche se il regolamento non lo permetterebbe.
Di venti minuti in venti minuti i colloqui vanno avanti lentamente nell’atrio affollato. Ad ogni posto assegnato, maestre e maestri in attesa si affrettano a cancellare l’istituto dalla lista e a controllare sulle mappe quelli che restano. Una pausa per pranzo e si va avanti anche nel pomeriggio. E’ il mercato dei prof, è così ogni anno.
«E pensare che c’è chi viene dalle scuole di specializzazione, chi ha dei master oltre alla laurea. E vengono trattati come professionalità di serie B da chiamare quando se ne ha bisogno», si lamenta Anna Fedeli della segreteria Flc Cgil Roma-Lazio.

La Stampa 14.09.10

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Cattedre vacanti e presidi part-time “Siamo diventati un vuoto a perdere”, di Salvo Intravaia e Corrado Zunino

C´è il dirigente recordman che a Pioltello deve guidare da solo sette plessi. Nessun alleggerimento dei tagli, la strada maestra resta quella più dura: otto miliardi di euro da togliere alla scuola italiana in tre anni. L´ordine impartito dal governo al ministro Mariastella Gelmini non si discute: si devono ridurre non solo bidelli e addetti alle fotocopie, ma anche il numero degli edifici sul territorio e quello dei preziosi insegnanti: oggi sono 780 mila. Il risultato a metà del guado – siamo alla seconda stagione della riforma Tremonti-Gelmini, la seconda spallata – è una scuola svuotata, un settore a perdere. Prima delle mille opinioni – plebiscitarie nella contestazione: protesta la maggioranza dei docenti non ancora certi della classe assegnata, dei presidi costretti a gestire due scuole contemporaneamente, dei genitori inconsapevoli di quante volte il figlio mangerà in mensa e quante dovrà tornare a casa, degli studenti costretti a studiare in classi da 34 unità – lo certificano i numeri.
Le lezioni sono partite in gran parte del paese, ieri mattina, e ventimila sono le cattedre ancora vuote, dalle elementari ai licei. La nomina dei 110 mila supplenti necessari al sistema prosegue affannata: la disponibilità dei posti è stata comunicata agli uffici solo a ferragosto e così a Roma, oggi, 8 mila supplenze su 12 mila sono da assegnare. I provveditorati di Milano e Pordenone annunciano una partenza a pieno regime mentre il Sud arranca. A Napoli, dove le lezioni partono domani, mancheranno 3.800 insegnanti e 2.500 tra bidelli, segreteria e assistenti di laboratorio. In provincia di Messina fin qui non c´è stata una nomina e a Palermo l´organizzazione delle classi si dovrà protrarre fino al 22 settembre.
Il risiko dei supplenti ha collassato gli uffici, a loro volta svuotati, degli ex provveditorati. A Firenze il provveditore Claudio Bacaloni ha scritto al ministro una lettera di due pagine: «In queste condizioni la sistemazione dei docenti entro settembre risulta impossibile». A Bari Giovanni La Coppola ha fatto appendere il cartello “si riceve solo per appuntamento”. Per mandare i supplenti in cattedra in molti hanno sospeso il ricevimento del pubblico. Grazie alla “riforma epocale” sono quasi 1.500 le scuole italiane – una su sette – guidate da un preside part-time: quattro giorni lavora nella scuola d´origine e il venerdì corre a mettere firme sotto questioni sconosciute nel secondo istituto. Sono i “reggenti”, spremuti per 400 euro lordi in più. Il loro recordman è Francesco La Teana, preside dell´Istituto Schiaparelli Gramsci di Milano, ragioneria con 120 anni di storia e 1.500 iscritti. La sua scuola prevalente ha già due succursali lontane e da quest´anno, grazie alla riforma, Francesco La Teana dovrà guidare un istituto a Pioltello, nell´hinterland, composto da materna, elementare e due medie. Dirigerà sette plessi e racconta: «Il telefono squilla in continuazione, praticamente non dormo più. Lavoro in ufficio, in auto, a casa. Sempre».
Il quindici per cento delle scuole italiane sono vuote, chiuse. Il doppio, invece, sono gli edifici da ristrutturare: 12.723. Solo in Calabria più della metà degli esistenti. Giorgio Rembado, presidente dell´Associazione nazionale presidi, ricorda: «Nel 2009 la Protezione civile aveva calcolato 20 miliardi di euro per la messa in sicurezza di tutti gli edifici, oggi il ministero non ha speso nulla». Il Codacons ha diffuso la lista dei plessi a rischio crollo, il monitoraggio del ministero resta invece secretato.
L´Ocse ha appena fotografato per grandi numeri l´interesse del nostro paese verso l´istruzione: siamo penultimi davanti alla Slovacchia per spesa scolastica (il 4,5% del Pil), ultimi per la quota di spesa pubblica destinata alla scuola (il 9%). Significa, scendendo nel dettaglio del caos di queste ore, 10 mila insegnanti in soprannumero (sono di ruolo, ma hanno perso la titolarità del posto) e 600 mila studenti che al primo anno avranno meno ore di lezione. Il Coordinamento associazioni disabili di Bologna segnala che, a fronte di una norma che chiede un portatore di handicap ogni venti studenti, ci sono classi con due disabili su 25 alunni. E i tagli, poi, non sono solo centrali. Nel Lazio la Giunta Polverini ha tolto 5 mila borse di studio e azzerato il fondo di 3 milioni di euro per i libri in comodato d´uso. Nella provincia dell´Aquila si annunciano 1.033 iscrizioni in meno e 700 studenti costretti a emigrare.

La Repubblica 14.09.10

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“Tre in un solo banco, meno palestra e niente ore di lingue”, di A. Mig.

Primo giorno di scuola senza banchi, palestre, scale antincendio, materiale per i laboratori. Gli studenti che hanno rimesso piede ieri nelle aule hanno trovato sì nuovi programmi, indirizzi e quadri orari, ma si sono dovuti confrontare anche con i primi disagi. Dai prof che mancano ancora in cattedra, ai banchi che non bastano, tanto che in alcune classi qualcuno ha dovuto dividere la ‘postazione’ non con uno ma con ben due compagni. Si radunano sotto il ministero dell’Istruzione a viale Trastevere. «Nelle prime – racconta Martina, 16 anni, studentessa di una delle tre sedi del liceo Machiavelli di Roma – si sono dovuti sedere in tre in un banco. In certe classi non c’erano nemmeno abbastanza sedie. Per non parlare del fatto che noi, nella mia sede, entriamo e usciamo dalla scala antincendio in barba alla sicurezza. L’ascensore esterno a cui lavorano da tempo non è ancora pronto». E la palestra? «E’ sparita, ci hanno eretto un muro nel mezzo per fare due classi, niente ginnastica, almeno per ora, poi si vedrà. Forse faranno una convenzione con qualche struttura vicina».

I ragazzi del professionale De Amicis, sempre a Roma, hanno già capito che le attività di laboratorio si faranno, ma con qualche difficoltà. «Io frequento l’odontotecnico – racconta Luca, 15 anni, uno scricciolo che sogna di lavorare in uno studio dentistico – ma mancano sempre gesso, ceramica e i metalli per le otturazioni. Sono materiali costosi e, di solito, non ce n’è abbastanza». Il taglio delle ore previsto dal ministro? «Bocciato – commenta amareggiato Luca – perché così mi fanno fare meno scienze e imparo meno». Anche Carlotta e Chichi, amiche per la pelle della IV B dell’istituto capitolino Colombo, non ci stanno: il taglio dell’orario «non va». Loro studiano per lavorare nel turismo in una scuola professionalizzante. «Ma ci hanno ridotto le lingue, abbiamo due ore in meno per tutte quelle che studiamo, ma si può, che senso ha? E al primo anno gli studenti avranno solo un’ora di storia dell’arte». Altra grana, i fondi: «Senza – commentano le due compagne-amiche – si può fare davvero poco, soprattutto per quanto riguarda esperienze all’estero e stage. Per fortuna la nostra scuola riesce a trovare appoggi esterni e a garantirci comunque dei progetti». Anche al Colombo ieri i prof andavano a caccia di banchi. «Tutte le nuove classi sono di 30 persone- racconta Silvia, della III E- sono venuti anche da noi per chiedere sedie e banchi». Sovraffollamenti anche in un altro liceo della Capitale, l’Orazio con classi fino a 31 persone, segnalano i ragazzi. Nella succursale del liceo Vailati di Genzano, invece, mancano computer e materiali di laboratorio, al Joyce di Ariccia il problema sono i bagni: ce ne sono due per tutto l’istituto. Dunque edilizia, logistica e riforme bocciate, ma cosa promuovono gli studenti della scuola? A sorpresa a salvarsi sono i prof. «Perché anche se alcuni di loro ormai sono disincantati- dicono i ragazzi- e a volte anche molto frustrati c’è sempre il docente che ti segna per tutta la vita». E poi «nonostante le tante difficoltà molti insegnanti stanno lì, pronti a tenderci la mano».

Il Messaggero 14.09.10

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“Il super preside, dalla materna alle superiori”, di Claudia Guasco

Francesco La Teana è uno studioso di fisica ma non ha ancora scoperto la formula dell’ubiquità. «Che a dire il vero mi servirebbe moltissimo», prova a scherzarci su. Preside dell’istituto Schiapparelli Gramsci, dall’oggi al domani si è ritrovato alla direzione anche di un polo che comprende una scuola materna, una elementare e due medie. E’ stato reclutato con un ordine di servizio pochi giorni prima dell’inizio dell’anno scolastico e non ha potuto rifiutare: il vuoto di organico ha costretto il provveditorato a cooptare personale già in servizio. Un episodio tutt’altro che raro per la Lombardia, dato che sono circa 300 le sedi scolastiche senza reggenze. L’ultimo concorso per dirigente scolastico si è svolto due anni fa e parecchi erano i vincitori prossimi alla pensione. Che hanno lasciato le scuole sguarnite. Tra Milano e provincia, rileva la Camera del lavoro, sono state tagliate tra le quattromila e le cinquemila unità e ogni quattro posti liberati dai pensionamenti ne viene occupato solo uno.
Ma la situazione di La Teana è eccezionale. Dal 1995 è preside dello Schiapparelli, storico istituto di ragioneria di Milano fondato 120 anni fa, con 1500 iscritti di cui il 40% figli di immigrati e due succursali che già lo costringevano ad andare avanti e indietro per la città. E mentre era alle prese con la riorganizzazione della sua scuola, per effetto della riforma Gelmini, a ridosso dell’avvio delle lezioni gli viene comunicato che deve assumere anche la direzione del polo comprensivo di Pioltello, nell’hinterland milanese. «Praticamente non dormo più», riassume con una battuta la sua situazione. «O sono a scuola o sono in macchina e quando arrivo a casa continuo a lavorare al computer. Il mio telefono squilla in continuazione». La Teana, fra le altre cose, dal ’94 si occupa dei problemi riguardanti la qualità delle organizzazioni scolastiche e ha ottenuto la qualifica di Valutatore interno di Sistemi qualità, dunque svolge con grande scrupolo il suo lavoro. «Voglio vederla come un’occasione di arricchimento personale», dice il dirigente scolastico, che dal punto di vista economico si ritroverà con 400 euro in più in busta paga. Per lui le sfide sono cominciate subito. Nell’istituto di Pioltello c’è un buco da 190 mila euro, «frutto di crediti che la scuola vantava nei confronti del ministero dell’Istruzione e che non sono mai arrivati». Verso gli istituti lombardi, il dicastero di Maria Stella Gelmini ha accumulato debiti per 120 milioni di euro, così i presidi sono costretti a correre ai ripari. Nelle scuole milanesi i bambini devono portare carta igienica, feltrini per le sedie e fogli A4 per la segreteria.

Il Messaggero 14.09.10

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“Ritorno a scuola, elmetti e barricate”, di Felice Paduano

Sospensione degli scrutini del primo quadrimestre e blocco delle tradizionali gite scolastiche. Come in tutta Italia, ieri mattina, anche la prima campanella per i 107.000 studenti padovani è suonata all’insegna della protesta, orchestrata innanzitutto dalla Rete degli Studenti Medi, dai comitati dei precari, dalla Gilda e dalla Cgil. Quasi tutti gli insegnanti dell’elementare di Camin sono entrati a scuola con un fiocchetto giallo sul petto, simbolo mondiale dell’abbandono dell’infanzia. All’Itc Einaudi alcuni ragazzi-muratori sono usciti dall’istituto con l’elmetto giallo in testa ed hanno inscenato una bella manifestazione intitolata «Loro distruggono la scuola e noi la ricostruiamo». Una delegazione degli insegnanti dell’Undicesimo Comprensivo è andata dal nuovo preside, Francesco Arnau e lo hanno sollecitato a togliere a tutti loro la 19ª ora per l’insegnamento delle materie alternative per i 50 alunni che l’hanno richiesta in modo da nominare nuovi supplenti, rimasti senza lavoro. Nel pomeriggio, circa 200 precari hanno partecipato all’assemblea, organizzata al Ruzza unitariamente, come è successo già a Milano e a Bologna dai Cobas, dalla Rete dei Precari, Cgil, Cisl, Uil, Gilda e Snals.
RAGAZZI-MURATORI. La protesta con il casco giallo in testa è stata inscenata da Francesco Silvestri, della Terza H, figlio del segretario della Fiom, Antonio, un ragazzo allevato a pane e sindacato e da Marco Marin (solo omonimo e non parente del politico del Pdl). «Negli istituti superiori il tempo scuola è stato ridotto da 36 a 32 ore alla settimana – ha detto Silvestri junior -. Oramai siamo rimasti l’unico Paese europeo ad offrire meno istruzione agli adolescenti. Anche nelle scuole padovane sono stati eliminati tanti laboratori tecnici e sono diminuite le ore d’insegnamento di tante materie, tra cui storia dell’arte, lingua straniera ed economia aziendale. La Riforma degli Ordinamenti serve solo per risparmiare risorse».
ASSEMBLEA. Dietro la cattedra dell’aula magna del Ruzza Teresa De Santis, segretaria Cgil, Giorgio Quaggiotto (Gilda), Carlo Salmaso (Cobas) e Laura Pistritto, della Rete dei Precari. Quest’ultima ha letto il documento dei precari, che ha subito riscosso una valanga di applausi. In pratica i supplenti annuali che hanno perso il posto (600 in tutta la provincia più 200 Ata) hanno chiesto ai colleghi in servizio la sospensione degli scrutini del primo quadrimestre, il blocco delle gite e degli eventuali straordinari ed il rifiuto di entrare nelle classi troppo affollate, in cui non vengono rispettati neanche i criteri nazionali sulla sicurezza visto che ogni aula è abilitata, al massimo, per contenere 25 alunni. Apprezzati anche gli interventi di Salmaso, De Santis e Guaggiotto. Sia il leader dei Cobas che la segretaria della Flc-Cgil hanno messo in evidenza la necessità di mettere in piedi, pur nelle differenze ideologiche esistenti, una sola piattaforma di lotta unitaria. Infine l’appello della Gilda ai genitori-cittadini. «Noi insegnanti questa importantissima battaglia sulla scuola pubblica non la vinceremo mai se al nostro fianco non ci saranno i genitori».

Il Mattino 14.09.10

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