Le cronache da Adro (Brescia) ci raccontano del nuovo polo scolastico pubblico. Struttura nuova, infissi nuovi, banchi nuovi, pavimenti nuovi, tutto marchiato con il simbolo della Lega Nord, il sole delle Alpi. Che si sappia, è la prima volta che un partito politico griffa un’istituzione pubblica in modo così smaccato e volgare, a meno di non riandare con la memoria (ad averne) al fascio littorio. Dalla cronaca, come sempre, si può cogliere fior da fiore: i crocefissi imbullonati alle pareti (per scoraggiare derive laiciste, si dice), oppure la colletta tra i cittadini per gli arredi delle classi, oppure lo scambio tra pubblico e privato (le vecchie scuole, oplà, diventeranno speculazione edilizia), ma lo scandalo resta, con tanto di firma, anzi di simbolo leghista. Benissimo fa Giangiacomo Schiavi, sul Corriere, a vergare un corsivo assai severo sulla vicenda. Ma nello specifico caso della scuola di Adro griffata Lega Nord, è doveroso andare oltre le parole. Infatti non ci troviamo davanti a un problema immenso, uno di quei temi planetari in cui indignazione e azione sembrano lontane. Ad Adro, per rimediare all’offesa violenta che si fa allo Stato, basterebbero un paio di pattuglie di carabinieri, un pugno di buoni artigiani, infissi nuovi senza simboli. Oggi, subito, ad Adro, servono più pialle, cacciaviti e vernici per riparare l’offesa che parole per denunciarla. La ministra dell’istruzione Gelmini che non parla con i precari della scuola perché “fanno politica”, può tollerare il simbolo di un partito su una “sua” (nostra in realtà) scuola?E che senso hanno le chiacchiere sul federalismo se ad Adro la secessione è già un fatto? Uno Stato, se esiste, va lì e cancella quei simboli dalla sua scuola, ripristinando la legalità. Meglio se con le buone maniere, ma se serve con le cattive. Altrimenti, che Stato è?
L’Unità 13.09.10
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Adro e Lega: la politica resti fuori dalla scuola
Per la seconda volta in pochi mesi il piccolo comune di Adro (6000 abitanti in provincia di Brescia), o meglio il suo sindaco leghista Oscar Lancini, conquista la ribalta mediatica nazionale: prima con l’idea di far saltare il pranzo ai bambini i cui genitori non versano il contributo per la mensa (magari perché non possono), e ora con l’iconografia leghista – il simbolo del ‘sole delle Alpi’ – stampigliata sui banchi, nelle aule, e perfino nei cestini dell’immondizia di una scuola pubblica, ancorché comunale: il nuovo polo scolastico non casualmente intitolato a Gianfranco Miglio, l’ideologo della Lega Nord delle origini.
Le trovate del sindaco di Adro non risultano peraltro condivise da altri primi cittadini della sua stessa fede (è il caso di chiamarla così, visti i riti e i miti dei seguaci di Bossi), e neppure dalla sua conterranea bresciana Mariastella Gelmini, che parla di “n un certo folklore” e di un ” certo estremismo, che ovviamente io come Ministro dell’Istruzione non condivido” e che ” forse nemmeno tutto il partito della Lega può condividere” perché si tratta di ” esasperazioni che non fanno bene neanche a quel movimento”.
Insomma il sindaco iperleghista resta solo, sia pure confortato dal consenso dei suoi concittadini ed elettori. Meno male, perché sarebbe grave e preoccupante che nell’anno in cui si celebra il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia prendessero piede iniziative che antepongono una sorta di localismo autoreferenziale al senso di appartenenza ad una comune identità nazionale. Soprattutto in un luogo, come la scuola, che tale identità ha contribuito a costruirla fin dalle origini dell’Italia come Stato unitario. E dal quale la politica deve restare fuori.
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“L´intolleranza leghista”, di MICHELE SERRA
A proposito di violenza politica. Una scuola pubblica italiana (Adro, provincia di Brescia) è stata di fatto privatizzata dalla locale giunta e trasformata in scuola leghista, intitolata al professor Gianfranco Miglio.
Sole delle Alpi impresso sui banchi, sui cestini dei rifiuti, sugli zerbini, sui tavoli, sui cartelli, sulle finestre, sul tetto, ovunque. Unico altro simbolo ammesso e anzi imposto è il crocifisso, che a scanso di equivoci è stato imbullonato ai muri: una specie di doppia crocifissione, povero Cristo.
L´episodio, quasi incredibile nei suoi termini di cronaca, e decisamente spaventoso in termini di democrazia, è inedito nella storia della Repubblica. Scuole di Stato con lo scudo crociato, o la falce e martello, o altri simboli di partito, ovviamente non se ne erano mai viste, per il semplice fatto che nessuno aveva mai osato concepire una così inconcepibile violazione di uno spazio pubblico: nemmeno nelle fasi più convulse e faziose della nostra tormentata vita politica. A Adro invece è accaduto, anche grazie alla partecipe collaborazione di una comunità fortemente coinvolta nella costruzione del nuovo plesso scolastico, fino a finanziarne gli arredi. La stessa comunità, con in testa il sindaco Oscar Lancini, non era intervenuta con altrettanta sollecitudine quando si trattò di far quadrare i conti della mensa scolastica, messi in crisi da una mora di poche migliaia di euro. Fu un imprenditore locale, allora, ad accollarsi generosamente quella spesa, guadagnandosi lo spregio e l´ira di molti suoi concittadini, sindaco in testa.
Alla maggioranza leghista di Adro (non solo alla Giunta) dev´essere sembrato ovvio considerare ininfluenti eventuali obiezioni, disagi, proteste da parte di chi leghista non è, e ritenendo di iscrivere i figli alla locale scuola pubblica (che vuol dire: la scuola di tutti) li ritrova iscritti d´ufficio a una scuola “verde”, involontaria parodia delle scuole coraniche. L´omissione di questo scrupolo basilare (esistono minoranze, a Adro? vanno rispettate? tenute in considerazione?) è l´aspetto più sconvolgente della vicenda. Perché illustra una sorta di intolleranza “naturale” tipicissima dei regimi e delle masse plaudenti che li sostengono, alla quale non siamo più avvezzi da sessantacinque anni. Le macroscopiche violazioni di legge, e perfino gli aspetti anticostituzionali, passano quasi in second´ordine rispetto all´impressionante spettacolo di una comunità così autocompiaciuta della propria coesione politica da stabilire l´inesistenza degli “altri”, e non solo gli stranieri: ora anche i non leghisti. Gli italiani.
Ce ne sarà pure qualcuno, a Adro, di non leghista. Che deve fare? Subire e tacere? Emigrare, perché italiano e non “padano”, inaugurando così l´incredibile paradosso di italiani che si sentono extraterritoriali in Italia (non più “padroni a casa loro”, per dirla con la Lega)? Sarà molto istruttivo vedere, al di là delle dichiarazioni di circostanza, quali provvedimenti concreti vorranno prendere autorità varie e istituzioni di ogni ordine e grado, tutte direttamente coinvolte da un simile affronto alla democrazia: a partire, ovviamente, dal ministro della scuola Gelmini e dal ministro dell´Interno Maroni.
Si pensa, in genere, che ad ogni azione corrisponda una reazione uguale e contraria. Nel caso del progressivo manifestarsi, in alcune zone del Nord, di una secessione di fatto, la reazione fin qui non ha certo corrisposto all´azione. Si spera che l´esproprio leghista di una scuola pubblica sia la goccia che fa traboccare il vaso. O gli italiani non leghisti, al Nord, devono sentirsi cittadini di grado inferiore?
La Repubblica 13.09.10