Cari bambini e care bambine che entrate nella prima classe della scuola primaria, non conosco i vostri nomi, perciò vi chiamo così. E me ne scuso. Perché ognuno di voi ha un bel nome.
Spero che i vostri papà e le vostre mamme, che sanno leggere e che comprano questo giornale, vi leggano questa lettera. Forse succederà così. E chiedo ai vostri genitori, gentilmente, di mettere al posto di «bambina» o di «bambino» il vostro vero nome.
Ho fatto il maestro per tanti anni. Ma i maestri e soprattutto le maestre sono tantissimi, anzi tantissime. Così ho pensato di non scrivervi questa lettera da solo ma di farmi aiutare anche da altre persone che fanno questo mestiere. E ho telefonato a cinque bravissime maestre: una di Napoli, una di Torino, una di Cagliari, una di Trento, una di Roma. E a un maestro di Matera. Sono posti diversi d’Italia. E ho chiesto loro: cosa scriviamo ai bambini e alle bambine che iniziano oggi la scuola? E loro mi hanno detto le loro idee su cosa scrivervi. E sapete cosa è successo? Beh, – non ci crederete – è successo che abbiamo tutti pensato, ognuno per conto suo, le stesse cose da dire ad ognuno di voi.
Eccole qui.
Prima cosa. Ti auguriamo una buona giornata, una giornata emozionante e vincitrice. Emozionante perché stai facendo una cosa nuova e difficile. E le cose nuove e difficili emozionano perché sono come una sfida o una gara e fanno un po’ paura. Perché tutti ti chiedono di fare bene e comportarti bene e prepararti a fare cose che non hai fatto prima come leggere e scrivere e imparare la matematica e la storia e la geografia. E ti dicono che ora sei grande. E tu, dentro di te, sai che un po’ è vero che sei più grande di prima. Ma un po’ non è vero. Un po’ ti senti pronto e un po’ no. Perciò, può darsi che ti vengano le lacrime. O che vuoi tornare a casa. O che pensi che stavi meglio alla scuola dell’infanzia l’anno scorso. Dove conoscevi tutti e sapevi già come andavano le cose. Ma anche se penserai queste cose, tu ce la farai. E avrai una giornata vincitrice. E se non ce la fai oggi, ce la farai tra qualche giorno. E quando vincerai le tue paure e piano piano vedrai che ce la stai facendo e che davvero sei più grande, allora sentirai una grande contentezza. E quando vedrai i tuoi nuovi compagni e compagne vincere la sfida di queste prime giornate insieme a te, allora sarai ancora più felice. Ti auguriamo che questa giornata vincitrice, vissuta insieme agli altri, tu la possa vivere tante e tante altre volte nella tua vita!
Seconda cosa. Tu vai a scuola insieme a tanti altri, bambini e bambine, italiani e stranieri. Tu già sai che ognuno è fatto a suo modo. Lo hai imparato alla scuola d’infanzia, con i tuoi amici, con i tuoi fratelli, con i tuoi cugini. E anche tu sei fatto a tuo modo. E ci tieni a essere così. E già sai che è bello stare insieme ma che si può anche non essere d’accordo, litigare; e, poi, fare pace e riuscire a lavorare di nuovo bene insieme. Sai che può capitare di fare dispiacere a qualcuno o di ricevere dispiacere da qualcuno ma che, poi, ci si può rimettere d’accordo. Stare con gli altri è così. E tu lo sai già. Perciò, vedrai che, nei tuoi primi giorni di scuola, imparerai bene i nomi di ognuno, saluterai tutti, saprai dire grazie quando si deve dire, farai attenzione a rispettare gli altri e ti farai rispettare. Perché ti capiterà di pensare: sono libero io e sono liberi gli altri ma siamo qui per fare cose insieme e dobbiamo metterci d’accordo. E vedrai che le maestre aiuteranno te e gli altri a fare proprio così.
Terza cosa. Tu hai imparato già molte cose di questo grande mondo. Le hai imparate dai tuoi genitori e dai tuoi zii, dai tuoi nonni e dai fratelli e sorelle grandi, dalla tv, dal computer, dalle vacanze, dalla scuola d’infanzia. Le tue maestre sanno che tu sai tante cose già. E ne sono contente. Ma ora, col passare delle settimane a scuola, ne imparerai moltissime altre e le dovrai unire a quelle che già conosci. Spesso le imparerai divertendoti. Ci saranno i giochi e lo sport. E si fa musica in tante scuole. Si ascoltano fiabe e storie. Si lavora al computer. Si fanno esperimenti scientifici. Si dipinge e si manipola la creta o la carta pesta, ecc. Si va in biblioteca e si scelgono libri. Si esce nella città o si va in campagna e si esplorano le cose insieme ai compagni. Altre volte per imparare bene bisogna stare seduti, da soli o in gruppo, e ben concentrati, bisogna lavorare con precisione. Unire immagini a parole e numeri. Scrivere ordinatamente. Finire i calcoli. Completare i compiti. Rileggere fino a che leggi proprio bene. E questo affatica. All’inizio puoi sentire che non ce la fai e vorrai smettere perché ti scocci. Ma vedrai che ti abituerai a questa fatica. Poi, nel fare queste cose, ti capiterà di sbagliare. E questo ti darà fastidio. Succede a tutti. E le tue maestre ti diranno che se non sbagli non impari. E hanno ragione. E dovrai allora correggere gli errori e rifare le cose meglio. Puoi sbuffare dentro di te. Ne hai diritto. E’ normale. Ma poi riprenderai a fare quella cosa lì meglio di prima. Perché è scocciante ma è anche bello riuscire a fare le cose difficili. Perché quando le finisci senti contentezza.
Quarta cosa. Man mano che la scuola andrà avanti, ti sarà chiesto di essere responsabile e anche ordinato: mantieni gli impegni, finisci quel che hai cominciato, non stropicciare i libri, non scarabocchiare i banchi, butta le carte nel cestino, rimetti le tue cose a posto nell’astuccio e nella cartella. E poi: scrivi dritto sul rigo, metti bene i numeri in colonna, finisci di colorare, pulisci i pennelli, lavati le mani. Un po’ sei abituato a essere responsabile. Un po’ imparerai. E quando imparerai, ti sentirai più grande. E vedrai che a volte saprai essere più ordinato e responsabile anche a casa. Più spesso di prima chiederai tu alla mamma di portare da solo la cartella, ti andrai a lavare i denti la sera senza che te lo si dica, domanderai al nonno di insegnarti ad allacciare le scarpe da solo, metterai a posto i giochi. Altre volte no. Ma sarai comunque un po’ più grande.
Buon inizio di scuola a te!
La Stampa 13.09.10
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Ritorno a scuola tra le polemiche
Tutti o quasi sui banchi di scuola. Per gli oltre sette milioni di studenti italiani le vacanze sono già finite, o lo saranno nei prossimi giorni. La scorsa settimana sono tornati sui banchi quelli che frequentano la scuola a Trento e provincia, oggi prima campanella per la maggior parte degli iscritti, poi man mano tutti gli altri fino al 20 settembre quando si riapriranno anche le scuole di Puglia, Abruzzo e Liguria. Entro una settimana, quindi, saranno di nuovo attive le 42mila sedi scolastiche che fanno capo (anche come succursali, sezioni staccate e coordinate) ad oltre 10mila istituti: gli studenti saranno collocati in oltre 370mila sezioni e classi.
Anche dopo la seconda delle tre tranche annuali di tagli, avviate lo scorso anno e che nel 2011 porteranno alla cancellazione di 75mila posti, il corpo insegnante rimane corposo: 729 mila docenti, di cui 93mila (caratteristica tutta italiana) a sostegno degli studenti disabili. A cui si aggiungono oltre 100mila insegnanti non di ruolo, annuali o nominati fino al termine delle attività didattiche. A coadiuvarli vi saranno 237mila unità di personale non docente: si tratta degli amministrativi e dei tecnici, ma in prevalenza (oltre 150mila) di collaboratori scolastici (più noti come bidelli) e sul cui alto numero si è soffermato più volte il ministro Gelmini perchè «più alto di quello di tutti i carabinieri che operano in Italia». Un terzo degli Ata (oltre 70mila) sono precari e nominati annualmente dai 104 Uffici scolastici provinciali (gli ex provveditorati agli studi).
Ma la protesta non si placa. I precari ieri hanno scelto di manifestare tra le due sponde dello Stretto per sottolineare che «la grande opera da compiere non è il ponte, ma un collegamento tra la scuola e il Paese». Letizia Sauta, insegnante precaria, lo scorso anno aveva interrotto lo sciopero della fame solo dopo l’insistenza di Dario Francechini, e oggi era di nuovo lì, tra i 4 mila (2.500 secondo la questura) scesi in piazza a Messina per protestare contro i tagli previsti dal ddl Gelmini. Dall’altra parte dello Stretto, a Villa San Giovanni, un gruppo di 300 precari – arrivati da Puglia, Basilicata e Campania – faceva eco agli slogan dei colleghi siciliani, che hanno occupato la stazione ferroviaria, bloccando i treni per un’ora e mezza e invaso uno degli imbarcaderi dei traghetti delle Fs. Una giornata senza incidenti ma all’insegna della tensione con le forze di polizia, che hanno denunciato 25 precari e in queste ore ne stanno identificando altri. Quando i manifestanti si sono radunati alle 11 a piazza Cairoli, scandendo cori contro il governo («Vogliamo una sola disoccupata, ministro Gelmini sei licenziata»), si è capito presto che la loro intenzione era quella di dirigersi verso la stazione marittima. La polizia ha provato a contenere la folla per evitare che arrivasse agli imbarcaderi, ma un gruppo si è staccato e ha raggiunto una delle cinque invasature delle Fs, bloccando la nave «Riace» che attendeva di salpare per Villa San Giovanni. Nessun problema, invece, per i traghetti privati. Poco dopo le 13 i manifestanti hanno occupato alcuni binari della stazione centrale, dove gli esausti passeggeri di un convoglio, proveniente da Torino e diretto a Palermo non l’hanno presa bene; ma tra loro c’era qualcuno che allargava le braccia, mostrando una certa comprensione per la rabbia dei manifestanti.
La Stampa 13.09.10