cultura, partito democratico

La cultura al tempo dei tagli

Vincenzo Vita, Emilia de Biase, Walter Vergnano, Ettore Scola, Carla Fracci, Paolo Beni, Giorgio Battistelli, Maurizio Roi, dal palco della Festa Nazionale ci hanno parlato dello scadimento della cultura nel nostro Paese, coordinati da Luca Del Frà. La cultura al governo non interessa, al PD sì. Così alla festa hanno preso la parola assieme agli epsonenti democratici chi la cultura la fa, ogni giorno tra mille difficoltà: il grande regista e sceneggiatore italiano, Ettore Scola, Carla Fracci, eccellenza della danza italiana nel modo, Walter Vergnano, Sovraintendente del Teatro Regio di Torino, Maurizio Roi, Presidente della Fondazione Arturo Toscanini, Paolo Beni Presidente Nazionale Arci e Giorgio Battistelli, esperto di teatro. Con loro Vincenzo Vita, senatore Pd, membro della Commissione istruzione e beni culturali del Senato, Emilia De Biasi, deputata Pd, membro della Commissione cultura della Camera.

Il giornalista Luca Del Frà, ha introdotto il dibattito definendolo ‘contro i tagli e contro i bavagli’, in riferimento ai tafferugli che hanno interrotto il dibattito precedente, affermando però che ‘anche se è inalienabile che tutti abbiano il diritto di poter esprimere la propria opinione, è anche imprescindibile che lo debbano fare entro i limiti della legge e della decenza, guai a scadere nella violenza’.

Luca Del Frà ha fornito un quadro della situazione generale in cui verte il mondo della cultura in Italia: “Sull’ istruzione scolastica, l’Italia è penultima nei Paesi dell’Ocse, quando negli anni passati era solo l’università ad essere più carente. Gli ingenti tagli ai fondi destinati alla cultura da parte di questo governo, determineranno a breve la chiusura di centinaia di archivi, musei e biblioteche, oltre alle associazioni culturali. Nell’88 al Fondo Unico dello Spettacolo erano destinate per le attività in Italia 1500 miliardi di lire, pari a circa 800 milioni di euro –ha raccontato il giornalista -. Nella finanziaria 2009 invece, i fondi sono stati dimezzati e nel 2010 ridimensionati ancora di più, per il 2011 ne sono stati stanziati solo 300. Quindi noi oggi, spenderemo meno che 20 anni fa per la cultura. Situazione a dir poco paradossale.

Il senatore Vita ha ricordato al pubblico che davanti a Montecitorio c’è un presidio permanente dei precari della scuola, alcuni dei quali, stanno facendo lo sciopero della fame. E che dietro ai tagli all’istruzione, si nascondono vite spezzate, futuri incerti, persone che hanno il diritto di far valere il loro status di cittadini di un Paese democratico. “È difficile dire qualcosa sul ministro della cultura Bondi –ha dichiarato il senatore – io non ho capito perché fa il ministro della cultura, non va a Venezia alla mostra del cinema, il nuovo palazzo del cinema non è stato neanche costruito, odia gli intellettuali e la cultura. È stato inferto un taglio al mondo della cultura che riguarda tutti i saperi. Cento giornali rischiano di chiudere”.

Vita ha poi spiegato le ragioni vere di queste scelte di politica sociale ed economica adottate dal governo: “Questa destra berlusconiana non vuole cultura, anzi, ne ha paura, perché il berlusconismo vince con la melassa televisiva che ci propinano. Abbiamo un provvedimento sulla cultura imposto con decreto legge, uno dei 55 del governo, come partito democratico eravamo quasi riusciti a non farlo passare, ma non abbiamo avuto i numeri e i tagli agli enti lirici-sinfonici, al teatro e ad oltre 200 enti culturali italiani è stato inferto. La cultura e i saperi sono la sostanza identitaria del nostro Paese e il governo la sta distruggendo”, ha concluso il senatore Pd.

Emilia De Biasi è stata durissima: “la cultura è un valore pluralista, ma la nostra destra è più accattona delle destre europee e non investe in questi settori. L’Italia possiede il 52% del patrimonio artistico mondiale, eppure la nostra economia non punta sul turismo e taglia fondi ai musei. Lo spettacolo, se di qualità può rappresentare crescita della coscienza, cultura, contatto con la gente, e per questo andrebbe valorizzato ed invece questo governo vorrebbe privatizzare sia la cultura che la scuola, ma diciamo di no!”.
Ettore Scola, uno degli artista che ha reso celebre il cinema italiano nel mondo, ha poi contribuito a formulare il concetto di cultura che vorremmo e quanto il cinema risenta della crisi. Ha iniziato il discorso con una battuta: “La vera cultura da fare sarebbe quella di abolire il ministero della cultura. Ho letto un pezzo che diceva che l’Italia nel 2009 ha comprato 280 cacciabombardieri. Ma le uniche armi che vengono confiscate sono le armi della cultura e dell’intelligenza. La scuola è la culla dei ragazzi, e anche quella è saccheggiata. Il cinema è in crisi ed è una realtà italiana fondamentale per trasmettere un’immagine positiva del Paese. Se un cinema è flebile, dobbiamo fare anche autocritica. Il grande neorealismo nel cinema è nato per la volontà di cambiare e proprio trovare quella voglia di cambiamento è un’operazione culturale”, ha concluso il maestro.

Del Frà ha fatto notare poi come il concetto di egemonia culturale, sia stato identificato già da Antonio Gramsci. Persino Licio Gelli in un documento della P2 è aveva scritto ‘se volete cambiare la testa degli italiani mettete le mani sullo spettacolo’.
La grande etoille Carla Fracci, ci ha parlato in particolare del comparto del balletto e del teatro. Per nove anni è stata a capo del corpo di ballo del teatro dell’Opera di Roma. Poi è stata mandata via, semplicemente con una mail del sovraintendente ai giornali. “La danza purtroppo non è stato sostenuta e in molti teatri è stato smantellato il corpo di ballo – ha dichiarato la ballerina -il futuro è dei giovani e bisogna aiutarli”,
Walter Vegnano, Sovraintendente del Teatro Regio di Torino, ha spiegato come ‘il contributo dello stato negli ultimi 10 anni sia stato tagliato del 40%. Quando a Tokio ad esempio, arriva il teatro italiano, è accolto come uno degli avvenimenti più importanti della stagione artistica –ha dichiarato Vegnano – perché la lirica è un bene culturale di cui abbiamo il privilegio di essere depositari nel mondo”.

Ha concluso gli interventi il più anziano degli ospiti del dibattito, Giorgio Battistelli, che si è occupato di teatro da decenni. “A mio avviso bisogna ricominciare le cose dalla base e fare teatro significa tutto: dall’essere il trasportatore degli strumenti, al sarto, al truccatore, al regista all’addetto alle pulizie e chi ha più esperienza, insegni agli altri”.

Anto. Pro.

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