Se gli incontri del presidente del Consiglio con il capo dello Stato fossero frequenti e regolari (persino sotto il fascismo Mussolini veniva ricevuto dal re una volta alla settimana), quello preannunciato ieri non avrebbe suscitato un particolare interesse. Ma il prossimo accadrà dopo una fase durante la quale gli incontri sono stati rari, e al presidente della Repubblica, per di più, verrà chiesto di ricevere non soltanto il presidente del Consiglio, ma una specie di delegazione composta da Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. I temi della discussione, a giudicare dalle dichiarazioni del leader della Lega, saranno verosimilmente la sostituzione di Gianfranco Fini alla presidenza della Camera dei deputati e, in prospettiva, la possibilità di elezioni anticipate. Sembra quindi che i leader dei due partiti della maggioranza abbiano deciso di alzare il livello della crisi, di renderla istituzionale e di appellarsi per la sua soluzione al capo dello Stato. A me sembra che sull’opportunità di questa iniziativa possano farsi alcune osservazioni amare.
In primo luogo non ha molto senso deplorare gli interventi del capo dello Stato nella politica nazionale, come è stato fatto più volte negli scorsi mesi, e coinvolgerlo ulteriormente in vicende che possono e debbono essere affrontate in Parlamento. Esiste un «caso Fini»? Non sembra che nel sistema politico italiano vi siano norme a cui ricorrere in queste circostanze (anche se nel momento in cui fondasse un nuovo partito dovrebbe riflettere sul suo ruolo). Se il governo vuole dimostrare che il presidente della Camera non svolge una funzione super partes nei suoi compiti istituzionali e nell’osservanza del regolamento, lo verifichi in Parlamento. Se Fini non si dimette di sua spontanea volontà il governo non ha il diritto di punirlo «a priori» e tantomeno di chiedere al capo dello Stato di essere lo strumento di una punizione. Le stesse considerazioni valgono per le elezioni anticipate.
Giovanni Sartori ci ha ricordato più volte che non è raro, nelle migliori democrazie, assistere a governi che stanno in piedi con una maggioranza risicata o addirittura, dopo averla perduta, perché le opposizioni non sono in grado di sostituirli. Quello di Berlusconi ha ancora una maggioranza, benché ridotta. E ha un programma da realizzare. Non gli resta che mettere fine a questa fase farneticante di chiacchiere, insulti e baruffe. Chieda la fiducia sulle linee fondamentali della sua politica e torni al lavoro facendo quello che ha promesso ai suoi elettori e in gran parte non ha fatto. Scoprirà rapidamente quale sia il rapporto delle forze in Parlamento e quale, in particolare, l’atteggiamento dei «finiani». Se deve cadere, cada su qualcosa per cui vale la pena di dare battaglia. Il Paese, se il governo adotterà questa linea, saprà a chi deve le elezioni anticipate e avrà qualche elemento di giudizio su cui basare il suo prossimo voto.
P.S. Breve promemoria per la Lega. Se il partito di Bossi vuole davvero le elezioni anticipate, non è necessario coinvolgere oggi il capo dello Stato. Basta che i suoi deputati, in Parlamento, si astengano sulla mozione di fiducia. Tutti capiranno che questa legislatura è finita.
Il Corriere della Sera 08.09.10