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Mario Marazziti: lezione sull’integrazione

“Per fare integrazione ci vuole una grande visione del mondo”. Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio, dal palco della Festa Democratica Nazionale ha parlato delle gravi problematiche che accompagnano il difficile processo di integrazione in Italia
Mario Marazziti, è il portavoce della Comunità di Sant’Egidio, dirigente Rai, editorialista del Corriere della Sera, e uno dei fondatori della Coalizione mondiale contro la pena di morte. Marazziti vive giornalmente a stretto contatto con le storie crude e drammatiche di gente disperata, che da più parti del mondo decide di venire in Italia, spesso costretta da situazioni geopolitiche e sociali insostenibili del proprio Paese d’origine.

Marazziti è stato invitato dal Pd, alla Festa democratica Nazionale di Torino, per parlare di integrazione, tema fondamentale delle politiche del Partito Democratico. Ci ha parlato dal palco della sala Norberto Bobbio, del fenomeno dell’integrazione in Italia, delle sue problematiche e delle dinamiche storiche che ne hanno determinato l’evoluzione, spesso accompagnata da preconcetti e visioni distorte.

“La parola integrazione è al centro della democrazia di un Paese – ha esordito Marazziti -, per fare integrazione ci vuole una grande visione del mondo e l’uomo purtroppo soffre la mancanza di una visione globale del futuro, uomini e donne sono trascinati dalla globalizzazione, tutto è sconfinato ed è difficile far confluire insieme tante identità in una unica identità collettiva”.

Marazziti ha poi spiegato che la prima Conferenza Nazionale sull’immigrazione in Italia, c’è stata solo nel 1990, quando gli immigrati erano 750000 e gli italiani non erano ancora preoccupati del fenomeno. Oggi invece c’è un utilizzo strumentale della paura nel nostro Paese, finalizzato a scopi politici. “C’è la cultura della paura –ha spiegato – proiettata nel tempo e nello spazio ed è percepita come un problema reale, quando invece, lo dicono le statistiche, l’Italia è uno dei Paesi più sicuri d’Europa e del mondo. Il tasso di omicidi ad esempio è il più basso dell’Ue, e continua a decrescere”.

Gli italiani in sostanza avvertono l’immigrazione come una minaccia, al proprio lavoro, al proprio benessere, alla propria incolumità, ma ciò è semplicemente espressione di insicurezza. “Ci si è dimenticato che ben 24 milioni di italiani sono emigrati nelle più disparate parti del mondo, solo tra il 1886 e il 1986 – ha ricordato il portavoce della Comunità -, nel 1908 negli Usa, su cento italiani emigrati il 14,4 andavano in prigione e ben il 45% degli omicidi erano ad opera di italiani”.

“Sicuramente – ha considerato Marazziti – gli americani avranno pensato che abbiamo l’omicidio nel dna, invece i reati dipendono dalla marginalità e dalla miseria e l’integrazione sociale è l’unica via per costruire sicurezza”. “Quando si disprezzano i romeni – ha proseguito –si dimentica che 27000 aziende italiane sono in Romania e che c’è con la Romania un interscambio annuo di ben 11000 miliardi di euro”.

Marazziti ha poi evidenziato la rilevanza economica del fenomeno migratorio in Italia e la ricchezza che apporta. “Il 9% del Pil è legato agli immigrati e senza la presenza di 1 milione di badanti in Italia, ben 5 milioni di famiglie non andrebbero avanti. Gli immigrati innalzano il tasso di natalità nel nostro Paese, inoltre l’81% dei lavoratori, paga le tasse contribuendo alla nostra INPS per 5 miliardi l’anno. C’è di più – ha chiarito Marazziti –spesso questi soldi che pagano all’Inps, i lavoratori immigrati non li rivedranno più, perché non ci sono i rapporti bilaterali con i loro Paesi d’origine”.

“Dobbiamo avere il coraggio di dire che abbiamo bisogno di loro –ha detto Marazziti – e che rappresentano una ricchezza per l’Italia, anche perché si verifica spesso una discrepanza interessante tra gli italiani: il discorso pubblico non corrisponde a quello privato, alla propria esperienza personale”. “Spesso –ha chiarito Marazziti –la gente ha paura e parla male degli immigrati escludendo dal discorso la propria badante o i propri vicini che vengono da altri Paesi, come se fossero delle eccezioni, ma la sommatoria delle “eccezioni”, compone una complessità”.

Un altro tema fondamentale trattato durante la lezione di Marazziti, è stato quello della cittadinanza dei figli di immigrati nati in Italia, “i nuovi italiani”, portato avanti dal Partito democratico, in Parlamento e nelle piazza, punto fondamentale programmatico della politica del Pd che vorrebbe regolarizzare la posizione di tanti bimbi che sono italiani a tutti gli effetti. In Italia infatti per prendere la cittadinanza ci vogliono minimo 13 anni di pratiche burocratiche ed i figli degli immigrati nati qui non sono considerati italiani.

Marazziti da ultimo ha affrontato il tema tanto difficile della comunità degli zingari, i più disprezzati in tutta Europa, unica minoranza senza nazione e senza nazionalismo, che hanno subito l’olocausto come gli ebrei, ma di cui non parla nessuno. “Gli zingari – ha chiarito – rappresentano un fallimento per tutte le democrazie che non hanno voluto integrali, non possono lavorare perché non esistono giuridicamente e non possono percorrere percorsi di normalizzazione. Sono solo 150000 in tutta Italia e bisognerebbe intervenire sistematicamente per avviare dei processi di scolarizzazione, senza interruzione, perché poi spesso, i pochi coinvolti, vengono cacciati da un territorio e sono costretti a ricominciare tutto da capo”.

Ha infine parlato drammaticamente della “nostra piccola terribile pena di morte autorizzata”, che si consuma nelle coste del nostro Paese, dove migliaia di stranieri hanno perso la vita cercando di raggiungere il sogno di una vita migliore, ma non ce l’hanno fatta, e quelli arrivano “clandestini”, sono spesso rispediti dalle nostre autorità giudiziarie, nel loro Paese d’origine, incorrendo in pene inenarrabili.

A termine della lezione Marazziti ha concluso con un singolare ed interessante metafora: “Bisogna lavorare per una civiltà del convivere, perché c’è chi viaggia in prima classe, chi in seconda, chi nella stiva, ma non possiamo permetterci che la nave affondi, perché se non siamo integrati, non ci salverà nessuno”.

Anto P.

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