«Viviamo una lenta agonia». Ida Fontana, direttrice della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, una delle uniche due strutture di questo tipo in Italia (l’altra è a Roma), lancia l’allarme sulla situazione economica dell’istituto che guida da 14 anni, e che fa capo al ministero dei Beni culturali: «Stiamo arrivando al l’asfissia finanziaria – spiega – al punto che da luglio abbiamo dovuto introdurre la chiusura pomeridiana nei giorni di mercoledì, giovedì e venerdì. Di questo passo, nel 2011 potremo garantire l’apertura al pubblico solo metà giornata». Una prospettiva opposta a quella che nei giorni scorsi il sindaco Matteo Renzi ha proposto al ministro Sandro Bondi: il prolungamento dell’orario degli Uffizi a notte inoltrata.
Va in malora uno dei “luoghi del sapere” nazionale, nato per raccogliere, custodire e rendere consultabile (attraverso la catalogazione) tutto ciò che viene stampato nel paese. Prima, e ancora oggi più grande biblioteca a essere ospitata in un palazzo costruito appositamente per questa funzione (l’attuale edificio di Piazza dei Cavalleggeri, inaugurato nel 1935), la «Nazionale», come viene comunemente chiamata dai fiorentini, è arrivata a possedere 6 milioni di volumi a stampa, 2,7 milioni di opuscoli, 25mila manoscritti, 4mila incunaboli, 29mila edizioni del XVI secolo, oltre a un milione di autografi che vanno dagli scritti di Machiavelli all’opera di Galileo quasi per intero.
Tutto questo materiale occupa 120 chilometri di scaffalature (suddivise tra la sede principale e altre due secondarie), che aumentano al ritmo di due chilometri l’anno per effetto dei 70mila libri e dei 100mila giornali che (per legge) ogni 12 mesi vengono mandati dalle case editrici. «Riusciamo a catalogare meno della metà dei volumi e, grazie agli sponsor, appena il 10% dei quotidiani – racconta Fontana –. Ma abbiamo un arretrato di 200mila libri che, con il blocco del turnover e la progressiva emorraggia di personale, non riusciamo a smaltire».
I dipendenti della Nazionale sono 195, di cui 45 part-time, e ormai hanno un’età media di quasi 60 anni. Erano più di 500 negli anni 80 e 334 nel 1996, quando l’attuale direttrice arrivò a Firenze. «È stato un indebolimento progressivo e costante della struttura – commenta Fontana – basti dire che negli ultimi cinque anni il nostro budget è stato dimezzato». Per il 2010, il ministero dei Beni culturali mette a disposizione 1,6 milioni (oltre a pagare gli stipendi dei dipendenti) e altri 400mila euro circa arrivano dalle sponsorizzazioni, dai finanziamenti europei, dai diritti di riproduzione delle immagini, dall’affitto ai privati di alcuni spazi molto belli e suggestivi nei 40mila metri quadrati della Biblioteca.
«I costi generali della gestione sono altissimi», spiega la direttrice, che puntualizza come la richiesta al Ministero per il 2010 fosse di 5 milioni, necessari per mandare avanti i progetti di catalogazione e digitalizzazione dei materiali. Un gruppo di lettori, dei 600 che ogni giorno entrano alla Nazionale di Firenze, si è mobilitato dopo che da Roma è stato dimezzato anche l’ultimo trasferimento di denaro (da 200mila a 100mila euro), costringendo la Biblioteca alla chiusura pomeridiana tre giorni alla settimana. «Probabilmente è arrivato il momento di far pagare l’accesso ad alcuni servizi, come accade a Parigi e Londra, o il prestito dei libri antichi per le mostre, ma gli incassi non risolverebbero comunque il problema», dice la direttrice, che a novembre andrà in pensione. «Avrei anche l’idea per un bookshop e una caffetteria aperti ai turisti – aggiunge –. Per sistemare gli spazi, che pure abbiamo, servirebbero però 1,5 milioni. E dove li prendiamo tutti questi soldi?».
Dopo l’alluvione del 1966, la Biblioteca nazionale diventò il simbolo della rinascita di Firenze, grazie soprattutto all’impegno delle migliaia di giovani arrivati da ogni parte del mondo per tirare fuori dalla melma dell’Arno i preziosi libri conservati nei suoi sotterranei. Oggi, quel simbolo rischia di affondare sotto il peso dei materiali che non riesce più a catalogare e archiviare, per mancanza di spazio, di personale, e per la progressiva riduzione dei budget. Questa volta, purtroppo, nell’indifferenza quasi generale.
da www.il sole24ore.it