La Corte dei Conti boccia Bondi e il governo sui beni culturali. Contesta l’arrivo della Protezione civile sul sito archeologico di Pompei, arrivo che permetteva all’organismo guidato da Bertolaso di eludere le verifiche preventive dei magistrati contabili. E, non bastasse, la nomina del critico a soprintendente dei musei a Venezia.
Non è una calamità naturale né un grande evento eppure per l’area archeologica di Pompei è stato dichiarato lo scorso anno lo stato di emergenza. Il che ha fatto sì che sia stato possibile per la Protezione Civile emettere delle ordinanze senza il preventivo controllo della Corte dei Conti. In una delibera di oggi la magistratura contabile ribadisce i propri dubbi sulla considerazione di quegli atti come attinenti ad una calamità o un grande evento e sulla loro conseguente esclusione dalla verifica. Anche se alla fine alza le mani perché parecchie di quelle delibere sono ormai in esecuzione e quindi il controllo «preventivo» di fatto non è più possibile.
Il governo ha sempre difeso invece la scelta di sottoporre gli scavi alle delibere della Protezione Civile, che possono derogare dalle leggi ordinarie, chiamando in causa addirittura la pericolosità del Vesuvio, «vulcano ancora attivo».
La Corte dei Conti già in passato era intervenuta più volte per contestare la decisione di escludere dalle normali procedure di controllo eventi che poco hanno a che fare con le grandi calamità. Fu il caso per esempio della Vuitton Cup, considerata grande evento e per questo esclusa dai controlli preventivi. Anche sulla storia degli scavi di Pompei la Corte torna a ribadire che «il Dipartimento della Protezione civile può svolgere non qualsiasi attività» ma «l’attività finalizzata alla tutela dell’integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi o da altri grandi eventi, che determinano situazioni di grave rischio».
La Corte dei Conti prende allora in considerazione le delibere della Protezione Civile, una per una, per sottolineare come in molti casi non rispondano a quei criteri di «grave danno o rischio» che possano giustificare la deroga alla normativa vigente. La Corte contesta, per esempio, l’esclusione dai controlli delle decisioni che riguardano «le opere di manutenzione straordinaria per consentire la piena fruizione dei beni archeologici» o «il piano per garantire l’ordinato svolgimento delle attività commerciali» o «l’organizzazione dei servizi di guida ai turisti» o le modalità di sponsorizzazione. Tutte elementi che infatti non sembrano rispondere a quei requisiti di pericolosità o emergenza.
Replica la Protezione civile: Davvero non si comprende come, a fronte di una deliberazione della suprema magistratura contabile che di fatto riconosce la piena correttezza e applicazione della normativa da parte della Protezione Civile Nazionale nella gestione dell’emergenza relativa all’area archeologica di Pompei, ci si trovi – ancora una volta – a dover vedere messa in cattiva luce l’attività del Dipartimento della Protezione Civile», replica in una nota il Dipartimento della Protezione civile.
«La nostra attività è fissata da una legge a cui, come confermato dalla Corte dei Conti, ci si è sempre scrupolosamente attenuti. Se davvero i gravi rilievi formulati trovassero riscontro nella normativa vigente si sarebbero tradotti in un dispositivo ben diverso. E il fatto è che la Corte dei Conti ha riconosciuto la legittimità del nostro operato. Altre osservazioni andrebbero indirizzate ad altri organi dello Stato».
L’Unità 11.08.10