La bozza degli esperti nominati da Gelmini bocciata dal Consiglio scientifico. Nel nuovo Statuto limiti per il personale a contratto. 2500 a rischio.
Sono almeno 2500 i ricercatori precari che in queste ore seguono con apprensione il dibattito sul nuovo statuto del consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). Una prima bozza elaborata dal consiglio di amministrazione del più grande ente di ricerca italiano, insieme a cinque esperti nominati da Mariastella Gelmini, è stata bocciata dal Consiglio scientifico generale dell’ente poiché penalizza il ruolo di una comunità scientifica di oltre 4 mila ricercatori, limitandone l’autonomia e la sua capacità di auto-governo.
Ciò che più ha sconcertato i ricercatori è stata la norma che impone un tetto alla spesa per il personale a contratto, la maggior parte assegnisti di ricerca e ricercatori a tempo determinato. Il 30 luglio scorso in un centinaio hanno interrotto una seduta del Cda del Cnr criticando l’imposizione di un tetto del 70 per cento sui circa 550 milioni attribuiti annualmente dal Ministero dell’università e della ricerca. Una volta approvata, questa norma provocherebbe l’espulsione dal Cnr dei ricercatori che hanno accumulato un periodo di lavoro superiore a sei anni, anche non continuativi. Innumerevoli sarebbero i progetti di ricerca interrotti, senza contare il ridimensionamento delle ambizioni di una struttura che ha un bilancio di oltre 1 miliardo di euro, per una buona metà finanziati con fondi europei.
Molti sono i punti di contatto tra questa situazione e la ricerca universitaria. La politica dei tagli orizzontali voluti dal Ministro dell’economia Giulio Tremonti e il blocco del turn-over imposti dalla sua manovra finanziaria penalizzeranno gravemente il sistema della ricerca pubblica nel nostro paese. Nel caso del Cnr si vuole inserire nello statuto una norma ammazza-precari sancendo così l’irreversibilità di questa politica. Un eccesso di zelo burocratico che renderebbe impossibile un cambiamento di rotta, qualora in futuro il Cnr decidesse di assumere nuovi ricercatori. È tuttavia probabile che la norma verrà riscritta nella nuova bozza dello statuto che sarà presentata nella riunione del Cda il prossimo 9 agosto, dopo avere recepito un nuovo parere del Consiglio scientifico previsto domani.
La legge sul riordino degli enti di ricerca ha fissato il 16 agosto come termine ultimo per la consegna del nuovo statuto del Cnr che in seguito passerà al vaglio del ministro Gelmini. Una corsa contro il tempo che ha mobilitato l’Usi, per la quale il nuovo statuto “è verticistico”, e la Cisl secondo la quale chi al Cnr ha già alle spalle un assegno di ricerca e tre anni di contratto perderà il lavoro. «Questo statuto – ha detto Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil – ci consegna un Cnr privo di missione, di autonomia e di quelle indispensabili coordinate per affrontare la sfida dell’innovazione e del rilancio della ricerca pubblica come via d’uscita dalla crisi e presupposto di un nuovo modello di sviluppo sostenibile». In un’interrogazione alla Gelmini, Manuela Ghizzoni (Pd) ha chiesto di prorogare i tempi per la trasmissione dello statuto al Miur e di abolire il tetto massimo della durata dei contratti a termine.
Nell’estate più calda per la ricerca italiana sorge il sospetto che il governo, dopo avere cancellato gli enti per la sicurezza sul lavoro (Ispels), per le ricerche economiche (Isae) e per la progettazione navale (Insean), abbia alzato la mira verso il bersaglio più grosso: il Cnr. La tattica è la stessa: confondere le spese per il personale con la riduzione degli “sprechi” nella pubblica amministrazione. Un orientamento confermato dalla stessa Gelmini che una decina di giorni fa all’air show di Farnbourgh ha promesso di non tagliare i 7 miliardi di finanziamenti destinati all’agenzia spaziale italiana (Asi). Secondo il ministro, l’Asi «finanzierebbe la ricerca, mentre il Cnr spende tutti i soldi per il personale». Un’affermazione smentita nel giro di poche ore che però ha spinto Walter Tocci del Pd a fare un’interpellanza, ricordando che i fondi dell’Asi vengono distribuiti tra i privati e in particolare a Finmeccanica.
Da Il Manifesto 04.08.10