Via libera dall’aula del senato, in prima lettura, al ddl Gelmini di riforma dell’Università, che ora passa all’esame della Camera. Il ministro l’ha definita «epocale». Molte le nuove regole: dal reclutamento di professori e ricercatori ai mandati a tempo per i rettori. Il ministro Gelmini ha anche garantito, attraverso un ordine del giorno, che c’è l’impegno del governo a recuperare una parte del taglio di unmiliardo e 300 milioni della scorsa Finanziaria. In particolare, «40 milioni di euro per ripristinare gli scatti di stipendio ai ricercatori». «Sulle risorse all’Università per ora dal governo solo promesse e niente fatti. Lo ribadiamo: i tagli penalizzano soprattutto i giovani, gli studenti, i ricercatori, i giovani studiosi che restano esclusi dalla possibilità di carriera accademica» ha detto la senatrice Vittoria Franco del Pd. Ecco una sintesi delle principali novità.
Rettori a tempo (massimo 8 anni) – I «magnifici» potranno restare in carica al massimo 8 anni. Sono possibili due incarichi consecutivi da4 anni ciascuno. La normaè applicata dall’entrata in vigore della legge. I rettori già al secondo mandato, quindi, non potranno ricandidarsi.
Sfiducia rettori – Rettori sotto controllo: i capi di ateneo inadeguati, in futuro, potranno incorrere in una mozione di sfiducia da parte del senato accademico. chi ha amministrato male potrà essere messo da parte, dunque. Ma ai senatori accademici servirà comunque una maggioranza qualificata (3/4 dei membri) per poter proporre la mozione al corpo elettorale.
Ricercatori a tempo – Riforma del reclutamento con l’introduzione del sistema di «tenure-track»: nuovi contratti a tempo determinato (minimo 3 massimo 5 anni) seguiti da contratti triennali «tenure- track», al termine dei quali se il ricercatore sarà ritenuto valido dall’ateneo sarà confermato a tempo indeterminato come associato. in caso contrario terminerà il rapporto con l’università. si abbassa, quindi, l’età in cui si può cercare di entrare in ruolo, da 36 a 30 anni, e sale anche il primo stipendio da 1.300 a 2.000 euro.
Semplificazione e accorpamenti – Facoltà e dipartimenti dovranno essere semplificati: le prime potranno essere al massimo 12 negli atenei. per evitare sdoppiamenti gli atenei vicini possono federarsi o fondersi. Cda, salta obbligo 40% esterni – i cda non dovranno più avere obbligatoriamente il 40% di membri esterni. con la modifica apportata dal senato dovranno avere un minimo di 3 componenti esterni se i membri sono 11 in totale, 2 se sono meno di 11.
Obbligo presenza docenti – I docenti avranno l’obbligo di certificare la loro presenza a lezione. almeno350 ore dovranno essere destinate ad attività di docenza e servizio per gli studenti.
L’Unità 30.07.10
******
Università: riforma dei tagli in arrivo
Il ddl è in fase di approvazione al Senato. Entro domani sera l’Aula di Palazzo Madama darà il via all’iter legislativo di una riforma approssimativa e fatta da tagli lineari e indiscriminati
immagine documento
Il ddl di riforma dell’Università è in fase di approvazione. L’aula del Senato ha concluso le votazioni degli emendamenti al disegno di legge, anche se devono essere ancora votati alcuni articoli rimasti in sospeso a causa di emendamenti accantonati. Il voto finale è previsto per il tardo pomeriggio di domani. Dopo il via libera del Senato, il ddl Gelmini ad ottobre sarà al vaglio della Camera. Purtroppo non è un sogno ma un incubo che diventa realtà mutilando il mondo del Sapere. Approssimazione, tagli lineari e indiscriminati saranno alla base di una riforma che è più che un passo indietro.
“Ancora una volta la distanza tra le parole del ministro Gelmini e la realtà è siderale. Appena pochi giorni fa, sui giornali e in Aula al Senato, il ministro aveva garantito alcuni interventi fondamentali per dare prospettive ai giovani ricercatori, sbloccando il reclutamento, per ridurre il precariato, per introdurre un giusto ricambio generazionale, adeguando l’età di pensionamento dei docenti agli standard europei” Così Marco Meloni, della segreteria del Pd, responsabileUniversità e Ricerca.
“Ebbene, nel provvedimento approvato oggi al Senato non c’è una sola novità, nessuna norma che dia una risposta a tali questioni. Nulla per i ricercatori, nulla per gli studenti. E ovviamente nessuna risorsa, ma solo generici impegni. Più che una riforma una riformetta, comunque inattuabile, fondata sulla parola d’onore di un governo alla cui parola non si può credere, perché finora sull’Università e sulla Ricerca ha saputo solo disinvestire. In altre parole, una scommessa al buio sulla pelle dell’Università. Ma il ministro ha presente le condizioni della nostra Università? E’ purtroppo facile prevedere che a settembre gli Atenei avranno gli stessi identici problemi di oggi, tanto che sarà difficile persino il regolare avvio dell’anno accademico.
Non ci resta che auspicare che questa riforma sbagliata e priva di risorse possa essere modificata radicalmente dalla Camera dei Deputati”.
“Tagli invece di investimenti, a questo si riduce la riforma dell’Università italiana proposta dal governo, ma una vera riforma per i nostri atenei non si può fare con i tagli e senza risorse. Senza soldi non si possono fare miracoli e soprattutto non si può avviare una programmazione seria del sapere che guardi al futuro dei giovani e del Paese”. Questo è il commento alla riforma della senatrice Pd Vittoria Franco della commissione cultura nel suo intervento al dibattito generale sulla riforma universitaria nell’Aula del Senato.
“Mentre altri Paesi europei – ha spiegato la Franco – hanno risposto alla crisi aumentando gli investimenti in formazione e ricerca, il ministro Tremonti ha pensato bene, ancora prima della crisi nel 2008, di operare un bel taglio di un miliardo e mezzo circa. Evidentemente, ha ritenuto che l’Università dovesse essere tra i soggetti da punire. Eppure, in Italia si spende per l’Università molto meno della media europea e OCSE e noi occupiamo le ultime posizioni per percentuali di laureati”.
“Questo è un testo – ha proseguito la senatrice Franco – che penalizza in particolare i giovani da una parte come studenti nel diritto allo studio, quello vero, che promuove la mobilità sociale e premia gli studenti meritevoli, nonché privi di mezzi, come recita la nostra Costituzione. Il Fondo per il merito, previsto all’articolo 4, è una semplice finzione, priva di efficacia, non disponendo di una seria e certa copertura finanziaria, come ha riconosciuto anche il relatore nella sua relazione. Dall’altra la riforma penalizza i giovani che desiderano intraprendere la carriera accademica. L’emendamento all’articolo 18, presentato per l’Aula dal relatore, infatti, peggiora ulteriormente la condizione dei giovani studiosi perché allunga indiscriminatamente il periodo di incertezza e di
precarietà. In Commissione sono stati accolti nostri emendamenti a favore dei ricercatori a tempo indeterminato che invece in base al testo del Governo erano lasciati senza futuro. Nessuna delle nostre proposte è stata invece accolta per i ricercatori a tempo determinato, figure create dalla
precedente legge Moratti”.
“Un Paese che non si prende cura dei giovani e della loro intelligenza è destinato al declino. Questo purtroppo è il rischio che si corre. Noi questo – ha concluso Vittoria Franco – non vogliamo accettarlo, non l’accettiamo e faremo di tutto per cambiare con grande senso di responsabilità, impegno e passione il testo al nostro esame, per il bene dei nostri giovani, della nostra università, della ricerca, dell’innovazione e del futuro del nostro Paese”.
Per i senatori Antonio Rusconi, capogruppo PD in commissione Istruzione, e Mauro Ceruti, oggi, durante la discussione sul ddl università, è stato presentato l’emendamento 1.317 (Ceruti, Rusconi) che consente alle università “che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, il cosiddetto emendamento ‘salva università eccellenti’, di poter derogare alle restrizioni imposte dalla legge, come premio per la loro virtuosità. L’emendamento in questione, per la cui approvazione si erano spesi in molti, dai rettori a Confindustria, è stato bocciato dalla maggioranza. Così i due senatori del PD commentano la bocciatura:
“Così anche l’emendamento ‘salva università eccellenti’ è stato bocciato in Senato dalla maggioranza. In particolare, è stata messa fuori gioco l’Anvur, l’Agenzia nazionale per la valutazione dell’università e della ricerca. Neppure alle università eccellenti sarà riconosciuta quell’Autonomia e quella Responsabilità che avrebbero dovuto essere i principi cui ispirarsi per riformare il mondo accademico italiano. Questi avrebbero dovuto essere i principi su cui affermare la rigorosa Valutazione degli atenei da parte di un’autorità terza, l’Anvur, appunto. Ma senza Autonomia e Responsabilità non ci potrà essere una seria Valutazione! E senza Valutazione non potrà emergere il Merito! Su questo emendamento pareva esserci convergenza da parte di maggioranza, opposizione e ministro, oltre al consenso del mondo universitario, della società e della Confindustria. E invece anche la bocciatura di questo emendamento mostra, se ancora ce ne fosse bisogno, che Autonomia, Responsabilità, Valutazione e Merito sono proprio i principi che questa legge penalizza, ma sarebbe meglio dire calpesta”.
“Altro che semplificazione – ha continuato Ceruti – c’è più burocrazia. Altro che Autonomia: più norme centraliste. La vittima? Il Merito! In questo caso, l’abolizione dei Dipartimenti di lingua e cultura nazionale in tutti gli atenei italiani. Saremo l’unico Paese dell’Occidente a non avere Dipartimenti di lingua e letteratura italiana. Proprio un bel modo di celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia”. Lo dichiara il senatore del PD Mauro Ceruti a proposito del ddl sulla riforma dell’università in discussione oggi al Senato.
“Oggi in aula sono state clamorosamente smentite le dichiarazione rese dal ministro Gelmini al Corriere della Sera, con le quali annunciava un emendamento della maggioranza volto ad abbassare l’età pensionabile, confermando l’incapacità di proporre un vera riforma del sistema universitario e la preferenza per un pavido bricolage dell’esistente”. Lo hanno dichiarato i senatori del PD Massimo Livi Bacci e Antonio Rusconi, capogruppo in Commissione Cultura a proposito della riforma universitaria al voto oggi in Senato.
Nel corso della discussione in Senato, è stato lungamente discusso l’emendamento 19.300 del PD sull’abbassamento dell’età al pensionamento dei professori di ruolo a 65 anni. L’emendamento conteneva tre importanti elementi: il primo era il permesso agli atenei di stipulare contratti (a titolo oneroso o gratuito) con i professori fuori ruolo per compiti didattici o di ricerca; il secondo garantiva l’accesso a fondi di ricerca pubblici; il terzo disponeva che le risorse così risparmiate dagli atenei venissero destinati – mediante lo sblocco delle assunzioni – al reclutamento di ricercatori e associati.
L’emendamento, illustrato dal senatore Livi Bacci, e ulteriormente approfondito dal senatore Rusconi in sede di dichiarazione di voto, ha suscitato un vivacissimo dibattito, contenuto solo dai limiti posti dal contingentamento dei tempi di discussione.
“È evidente – spiegano i due senatori del PD – la funzione di accelerazione del rinnovo del corpo accademico che tale proposta, se accolta, avrebbe generato, senza peraltro perdere il capitale di esperienza e conoscenza dei professori più anziani e più capaci che continuerebbero ad operare nell’ambito accademico. La maggioranza ha però respinto l’emendamento, accogliendo solo un generico ordine del giorno proposto dal Pdl volto ad impegnare il governo a considerare un rimodulamento dell’età pensionabile”.
A rincarare la done è intervenuto anche il senatore Stefano Ceccanti. “Mentre discutiamo in Aula di riforma universitaria – ha dichiarato – ho presentato stamani un’interrogazione al ministro Gelmini per segnalare una grave anomalia. Dei 116 recenti concorsi banditi dalle università telematiche, solo in 68 casi si è proceduto alla nomina delle commissioni che spettano a ciascun ateneo, mentre i nomi dei nominandi sono noti da vari mesi, in alcuni casi dal novembre 2009. Sembra che ciò sia dovuto al fatto che, per ricevere finanziamenti ministeriali, sia sufficiente bandire i concorsi senza procedere poi alla loro effettiva attuazione. Ciò penalizza alcune centinaia di giovani che hanno presentato domanda nel corso del 2008. Per questo ho chiesto al ministro di sapere quali siano i dati in possesso del Ministero, quali azioni voglia il ministro intraprendere per chiarire i motivi di tali ritardi (anche d’intesa con la Conferenza dei rettori) e per garantire l’insediamento delle commissioni giudicatrici in questione, ed entro quale termine si preveda la loro definitiva nomina, da parte dei rettori, anche su intervento dello stesso ministro”.
A.Dra
www.partitodemocratico.it